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10 gennaio

1965
Nebbia nella Bassa

S'inizia a giocare sotto uno splendido sole (foto),  i padroni di casa nel primo tempo insaccano due palloni alle spalle di Albertosi e reclamano due rigori che l'arbitro, chissà perché, non concede. In tribuna c'è il commissario tecnico della nazionale, è la seconda volta che osserva il Mantova quest'anno, esprime giudizi lusinghieri: "non mi sembra proprio una squadra che debba lottare per non retrocedere". Vero, al momento è penultimo, ma potrebbe risalire, e i due punti di oggi sarebbero vitali. Inizia il secondo tempo. Il sole è sparito, vi sarebbe una certa foschia. Dopo nemmeno dieci minuti non si vedono più gli alberi che circondano il Parco del Te. La gente in tribuna studia la direzione del vento. Si accendono i riflettori. Ma è vietato per regolamento, e l'arbitro li fa spegnere. La nebbia si infittisce. Di nuovo i riflettori, ma il regolamento non è cambiato nel frattempo. A sei minuti dalla fine, non si vede più nulla. I giocatori della Fiorentina protestano, come facciamo a rimontare se non sappiamo neppure dove sia la porta difesa da Zoff? Piovono fischi dagli spalti. Arbitro e giocatori rientrano negli spogliatoi, poi tornano in campo, poi rientrano, poi tornano. Niente da fare. Triplice fischio, partita da ripetere. Si ricomincerà da zero, anzi dallo zero a zero. E, alla fine di quella stagione, il Mantova retrocederà. Nonostante le previsioni di Fabbri.
Tabellino (sub data)


1909
Primo derby di Milano

Non in assoluto, ma in campionato sì. Si gioca sul campo del Milan, il "Monforte", in via Fratelli Bronzetti, dove c'è una piccola, vera tribuna in legno (foto). E' un happening: aprono la festa le squadre B, per il torneo di seconda categoria. A seguire, la sfida fra gli XI iscritti al 'campionato federale di prima categoria'
"Lo stato deplorevole in cui per il maltempo si trovava ieri la pélouse del Milan Club, ha fatto sì che le due squadre milanesi scese ieri per incontrarsi nella prima gara di eliminazione per i Campionati federali, abbiano svolto un gioco pesante e monotono. La vittoria, per u sol punto, arrise alle camicie rosso e nere. L'una e l'altra squadra non erano complete: il Milan Club però aveva potuto surrogare il suo centro di prima fila con Trerè junior, che è sempre il giocatore italiano che abbia maggiore padronanza della palla. Il F. C. Internazionale, dopo venti minuti di gioco, perse il suo capitano, che è il miglior giocatore della squadra, in seguito a uno sfortunato accidente di gioco, che lo costrinse a ritirarsi. E dobbiamo dire che i neri e azzurri, ridotti a dieci, senza troppo scoraggiarsi dell'abbandono del loro duce, hanno fatto del loro meglio e hanno tenuto testa validamente agli avversari, fino al termine del match. Il Milan Club segnò 3 goals, per merito di Treré junior, Lana e Laich, rispettivamente; l'Internazionale se ne aggiudicò 2, per opera di Du Chené junior e di Schuler. Pubblico non molto numeroso, ma in compenso animatissimo, largo di applausi e di fischi" (Corriere della Sera), L'arbitro di questo match fu Harry Goodley, ex giocatore e allora dirigente della Juventus. Altri tempi.
Tabellino | Documentazione di Magliarossonera: il derby - il campo 



1960
Crolla il modulo Viani

Così, sarcasticamente, Bruno Roghi riassume il senso di Milan-Juventus: 14ma del girone di andata, la Juventus è in testa, il Milan insegue a due punti. San Siro è stracolmo, il campo leggermente innevato. "Ha giocato solo la Juventus. Il Milan invece si è giocato addosso". Sivori e Charles, tuttavia, restano all'asciutto: il due a zero è timbrato da Stacchini e Cervato (nella foto, l'azione del gol). Milan intimidito, Vecchia Signora già distante in classifica.
Leggi Roghi (Il Corriere dello Sport, con tabellino) | Highlights


1981
La bolgia del Centenario


Brasile-Uruguay è sempre la rivincita di una rivincita; di solito chi segnava per primo perdeva. Capitò all'Uruguay nel 1919, nell'ultima partita della Copa América (in vantaggio di 2:0, fu raggiunto; nel necessario spareggio, o Brazil la spuntò con un golletto nei supplementari), capitò al Brasile nel '50, all'Uruguay nel '70. Anche stavolta va in vantaggio la Celeste, e viene raggiunta: rigore di Socrates,  il destino pare segnato. Ma se si trattava di una regola scritta, la cancellò Victorino (e chi se non lui; nella foto). Il 'mundialito' andava ai rognosissimi rioplatensi.
Cineteca


5 dicembre

1909
Rissa alla Cajenna

Il 5 dicembre 1909 si giocò la quinta giornata del campionato di Prima Categoria, e il Milan se la vide con l'Andrea Doria, a Genova, sul campo (la 'Cajenna') contiguo allo spazio nel quale stava per sorgere l'impianto di Marassi. La partita finì 4-4, ma non fu omologata per incresciosi incidenti occorsi sul campo di gioco. Un "vivacissimo incidente" anzi, riportò il 'Corriere della Sera'. Cosa accadde? Verso la fine del primo tempo, sul 3-1 per il Milan, Bosshard, "del Milan Club, ebbe cadendo a lussarsi una spalla. Quindi, ripresosi il gioco, Merli, ala destra dell'Andrea Doria, diede un calcio all'half-back Diment del Milan Club. Il calcio, secondo alcuni, fu involontario; ma secondo altri fu dato proprio nell'eccitazione rabbiosa del gioco, poiché il Merli non aveva nemmeno vicina la palla. Il Diment, che è inglese e boxeur di prima forza, ebbe a risentirsi e vibrò un terribile pugno al viso del Merli, producendogli una larga ferita, guaribile in una diecina di giorni. Il pubblico invase il campo e si strinse intorno ai milanesi, prendendo parte alla disputa. Occorsero per lo meno venti minuti perché la calma seguisse il deplorevolissimo incidente e al conflitto tra pubblico e giocatori". Poi la partita finì con il risultato che si è detto. "Inutile dire che l'incidente odierno è assai commentato nel nostro mondo sportivo", concluse colui che raccolse telefonicamente, nella notte del 5, la testimonianza di quanto accaduto a Genova.
Nella foto (recuperata da magliarossonera.it), il Milan di quella infelice stagione. Diment è l'ultimo a destra della fila di mezzo.


1954
Largo Argentina

Doppia coincidenza. All'Olimpico incrociavano incestuosamente i bulloni (come mai era accaduto sino ad allora) le nazionali d'Italia e d'Argentina; sulla panchina azzurra debuttava Alfredo Foni (foto), cioè colui che applicando il catenaccio aveva appena portato l'Inter a due scudetti consecutivi, fra il disprezzo generale della critica e i mugugni del pubblico (quello di fede non interista, va da sé). D'altra parte, la nazionale era reduce dall'inattesa scoppola subita in terra elvetica, e la federazione aveva a lungo esitato prima di assumere decisioni e rimettere in pista una nostra rappresentativa. Anni bui per il football nostrano, si sa. Non che gli argentini, all'epoca, vivessero giorni felici e producessero risultati brillanti. Loro, per il mondiale svizzero, non avevano neppure provato a qualificarsi; e, in Sudamerica, un torneo continentale non si svolgeva dal 1947. Hanno ora in panca un'antica gloria, niente meno che Guillermo Stábile, il che non li garantisce dai propri antichi 'vizi'. Giochicchiano gradevolmente, come da tradizione, ma si lasciano infilare senza opporre grande resistenza. L'Italia vinse così il primo derby, ma certo il futuro non le apparve improvvisamente più roseo.
Cineteca

21 aprile

1909
The Hangovers

Fu tutta colpa di Bob ‘Leggy’ Turner. Non giocava più nel Leicester - era passato proprio in quella stagione all'Everton -, ma decise di festeggiare la vigilia del matrimonio insieme ai vecchi compagni di squadra, "embarking on a marathon drinking session that left them all heroically legless". E' perciò che il giorno dopo, al City Ground, presero dai rivali del Nottingham Forest una scoppola che fece discutere (dodici a zero!), tanto da lasciar sospettare ai capoccioni della Football Association qualcosa di losco. E invece no: erano solo gli effetti della grande sbornia. Intanto, però, il Forest rimase in First, e il Fosse scese in Second Division.



1963
All'estremo lembo dell'Occidente

La Seleçao è in Europa. Inizia il suo tour dall'estremo lembo dell'Occidente. A Lisbona c'è attesa. Nella memoria di tutti le sfide titaniche tra Santos e Benfica, l'autunno dell'anno passato. Valevano il tetto del mondo, e i brasiliani lo presero, Eusébio era grande, sì, ma certo non valeva (non ancora) quanto Pelé. All'Estádio da Luz, dunque, Portugal contro Brasil. Partita seria, partita tosta. Monsù Poss non viaggia mai senza un serio motivo, sa bene che i due XI sono al momento tra i migliori del mondo. "Per lunghi, lunghi anni il Portogallo è stato considerato come una potenza secondaria in fatto di gioco della palla rotonda", dice. Non è più così. Merito del Benfica, aggiunge. Così, in campo ci sono parecchi del Santos e parecchi del Benfica. Stavolta hanno la meglio i portoghesi. Uno a zero. Ma che "il Brasile abbia fatto uno sforzo notevole per cominciare il suo lungo viaggio con un risultato più favorevole di quello ottenuto, è dimostrato fra l'altro anche dal fatto che nel secondo tempo esso ha apportato tre cambiamenti alla sua formazione contro uno degli avversari: ha cioè giocato con quattordici uomini contro dodici, in linea definitiva". E così, nonostante questa superiorità numerica, la Seleçao ha capito che difendere il titolo mondiale nel Vecchio Continente sarà tutt'altro che semplice.
Cineteca


1970
Cento cappelli

Ed ecco Sir Bobby, che ha tirato fuori dal guardaroba i suoi cento cappelli. Il centesimo l'ha preso stasera, una bella partita a Wembley, con la fascia da capitano visto che l'altro Bobby non c'era (e chissà se gliel'avrebbe lasciata indossare). Sì, una bella partita, per la Home Championship, contro gli irlandesi del nord, che peraltro giocano tutti (a parte l'esordiente Anthony O'Doherty, colonna del Coleraine) in club e squadroni della First Division. Poi, a vedere il tabellino, si ripassa o quasi l'intera storia del football britannico dell'ultimo decennio: Peters, Best, Hurst, e naturalmente Charlton. Ma torniamo alla foto. Pensavo fosse una bella scoperta e la mostro a un amico inglese: "I've seen this photo before and always admired his parquet floor!", risponde ...
Cineteca

1982
Battle in Europe

Strappando uno 0-0 a Bruxelles  contro il più blasonato Anderlecht, l’Aston Villa si assicura la qualificazione alla finale della Coppa dei campioni. Non la meritavano i suoi followers, protagonisti in una serata di gratuita violenza. Il match fu addirittura sospeso per alcuni minuti, e rischiò di essere definitivamente interrotto dall'arbitro, Dusan Cachnak. "He had little alternative as the supporters behind Villa's goal tossed missiles at each other". Incidenti, feriti, barelle. Non un'eccezione, in quell'epoca, quando gli hooligans sciamavano tranquillamente nelle città e negli stadi d'Europa.

17 aprile

1909
Another Old Firm final showdown

Un amico appassionato di statistiche e di albi d'oro nota una lacuna nella sequenza dei vincitori della Scottish Cup, già prima della prima guerra mondiale. In effetti, il trofeo della stagione 1908-1909 non fu assegnato - pare. Ma la finale fu giocata. Anzi, le finali furono due, risultando necessaria la ripetizione dopo il pari del 10 aprile (due a due). E' un Old Firm: ad Hampden Park, tra Celtic e Rangers finisce ancora in parità: uno a uno. Niente extra-time; pubblico inferocito - si sospetta una combine organizzata dalla stessa Football Association, onde aprire i botteghini una terza volta. "Fans from both sides united to invade the pitch for more than 2½ hours, tearing up the goalposts and setting fire to the wooden barricades. Mounted police were fended off with stones and even the goalposts, while the fire brigade was also repelled by missiles and had its hoses cut. Around 50 policemen were injured as the riot eventually left the stadium and moved towards the city centre". Cattolici e protestanti uniti, cose da non credere.
La finale | Rievocazione (James Dart and Tom Lutz,The Guardian, 21 marzo 2007)



1957
Addio sogni di gloria

La prima edizione della Coppa fieristica è infinita: due anni solo per completare la prima fase a gruppi. Dopo i fasti della Mitropa negli anni di Meazza, l'Inter torna sulla scena europea. Per l'ultima del girone va al Saint Andrew's di Birmingham. Basterebbe un pari. Ma la stagione dei nerazzurri non è buona: risultati altalenanti e continui cambi in panchina - vizi antichi -, ora è il turno di Peppino Meazza, che ha ridato morale alla truppa. La risalita in campionato però costa cara: la doppietta di uno scozzese semisconosciuto, Alexander Govan (foto), spegne ogni sogno di gloria continentale.


  • Vedi anche le partite del 17 aprile in Cineteca

4 aprile

1903
L'armata calédone espugna Bramall Lane

Quattro nazioni, dal 1872, si contendono l’ege­monia an­nuale nel calcio britannico, cioè – a sentir loro – nel football di questo e di tutti i possibili mondi. Oggi si gioca, sfide decisive sono in programma. La pode­rosa Inghilterra è attestata a Sheffield, già di prima mattina e da molto lontano si odo­no le cornamuse e quell'orrenda melodia di Brosnachadh Bhruis. Gli albionici se ne infi­schiano del­la sca­ramanzia. Esatta­mente dieci anni or sono aveva­no affrontato gli scozzesi proprio qui, a Bramall Lane. Era solo un test-match, ma fu­rono duramente sconfitti. Perché stupirsi, in fondo. Accadeva, accadrà ancora, e non di rado. Attardata dopo quarantacinque minuti, la Tartan Army rinviene di prepoten­za e di fretta. A mezz’ora dal novantesimo (dunque a un'infinità di tempo dalla fine della partita) Ro­bert 'Bobby' Walker, implacabile cannoniere degli Hearts di Edimburgo, insacca il due a uno. Poi è la solita strenua, indomabile resistenza calèdone. La British Home Champion­ship fi­nisce con tre squadre a pari punti: Inghilterra e Scozia, na­turalmente, ma anche l’Irlan­da. Per regolamento, tutte e tre sono pro­clamate cam­pioni. Meritavano, d'altronde. 
E per i dragoni gallesi avanza qualcosa? Sì, un cucchiaio di legno.


1909
Clube do Povo

Tre ragazzi di San Paolo si trasferiscono a Porto Alegre, siamo ai primi del Novecento. Hanno una smodata passione per il football; forse non  abbastanza talento, bussano ovunque ma nessun XI li accoglie. O forse hanno il torto di arrivare dal Nord. Non si scoraggiano. Fanno da sé. Nasce così un club che vivrà una storia importante, fatta di pochi ma intensi momenti di gloria: lo Sport Club Internacional, appunto, di Porto Alegre.



1948
Passeggiata a Colombes

Monsù Poss porta gli azzurri, cioè sostanzialmente il Torino, a Parigi. Amichevole di routine con i galletti. Alla vigilia, in perlustrazione sul campo di Colombes, il commissario mostra ai suoi uomini la porta in cui nel 1924 Baloncieri fece un gol olimpico e decisivo a Zamora. Decide anche di usare lo stesso spogliatoio di quell'ormai lontanissimo giorno. E' scaramantico, ma non è detto che tema davvero di perdere. Vuole solo caricare la truppa, è tutta gente che di esperienza internazionale ne ha ancora poca. La stampa francese auspica e prevede una vittora che avrebbe eco mondiale. Difatti. Gli azzurri passeggiano: tre a uno.
Cineteca 


  • Vedi anche le partite del 4 aprile in Cineteca

19 marzo

1909
La spalla di Meazza


Nasce, a Buenos Aires, Atilio José Demaría. E' forse il meno famoso dei grandi oriundi reclutati dai club italiani e poi messi a disposizione di Monsù Poss. Così, cresciuto nell'Estudiantil Porteño e passato all'Ambrosiana, gli capitò di giocare spiccioli di partita nei mondiali del '30 e del '34 con due diverse casacche. L'intesa con Meazza era ottima, il suo sinistro preciso e micidiale; insieme, vinsero parecchio. La nostalgia della Pampa, ogni tanto, lo riportava a casa. Ma tornava sempre.
Profilo



1949
Il castiga-magiari

Si spegne, a Vienna, Ferdinand Wessely. Fu grande (anzi: piccola e sgusciante) ala sinistra del Rapid Vienna nei 1920s, e visse gli anni in cui il Wunderteam stava fiorendo sotto la guida di Meisl e la stella di Sindelar. Nella rappresentativa austriaca disputò quaranta partite, segnando diciotto gol; ottima performance. In particolare, 'vedeva' bene la porta quando in campo c'era l'Ungheria: ne fece nove, ben distribuiti in dodici sfide tra il 1922 e il 1929; memorabile, sicuramente, quello del 6 maggio 1928, a Budapest, che all'ultimo istante fissò uno spettacolare 5:5.



1980
Divergenze di opinioni

Eh sì, al Mestalla è stata davvero una bella, una grande partita. Valencia contro Barcelona, Coppa delle coppe, ritorno dei quarti di finale. L'allenatore dei blaugrana non è convinto di avere meritato sconfitta ed eliminazione, e gli avversari non gli sono piaciuti granché. Assicura che, la prossima volta, il risultato sarà diverso, "dimostreremo di essere superiori". L'allenatore dei valenciani risponde per le rime: "Suppongo che ciascuno veda le cose a modo suo. Lui ha la sua opinione, io la mia". Sono nati tutti e due a Baires, ma le loro squadre sono sempre state rivali. Helenio Herrera e Alfredo Di Stéfano.
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