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27 gennaio

1899
Il giramondo

Nasce, a Budapest, Béla Guttmann. Ha giocato soprattutto in America ma ha allenato quasi tutte le squadre del mondo. Quarant'anni in panchina: a Vienna, in Olanda, nella sua Ungheria, in Romania, a Padova e a Trieste, in Argentina, in Israele, in Brasile, in Uruguay, in Svizzera, in Grecia, in Portogallo. Suo massimo capolavoro è stato il Benfica, con il quale ha messo fine al regno madridista in Europa. E' considerato tra i padri di tutti i padri del calcio moderno.


1935
Vince (quasi) sempre l'Uruguay

Ultima partita di un torneo a quattro (campionato del Sudamerica, sì, ma senza il Brasile), si gioca tutto in Perù. Naturalmente, la sfida è tra Argentina e Uruguay, e favorita è l'Argentina, che ha liquidato facilmente peruviani e cileni (doppio 4-1). Dall'altra parte, tuttavia, sono ancora in grande spolvero alcuni di quelli che avevano trionfato al Centenario nel 1930 e ad Amsterdam nel 1928: fra tutti, Héctor Castro (nella foto) e José Nasazzi. Con tre gol incassati già nel primo tempo, l'albiceleste è stordita e annientata.


1943
Morte di un dottore goleador

Si suicida a Milano il dottor Francesco Bontadini, capitano medico di complemento, due volte decorato al Valor militare nella grande guerra. E' stato il primo importante giocatore passato dal Milan all'Inter, e accadde nel corso del 1911. In nerazzurro milita per dieci anni, prima e dopo la guerra, segna molto, smette solo quando finalmente riesce coi suoi a conseguire il titolo. E', inoltre, autore del gol che assicurò la prima vittoria della nazionale italiana fuori dai confini: accadde al Rasunda e contro la Svezia, nelle Olimpiadi del 1912.


1963
L'1-3-1 del Madrid

Lo schema allude ai gol che (non in ordine di segnatura) Di Stéfano, Puskas e Gento infilano nella rete di un Barça male in arnese, a Camp Nou, per il Clàsico di ritorno della Priméra Division. L'ungherese (foto) non aveva mai timbrato il cartellino a casa del suo amico Kocsis in un match di campionato. A differenza di Alfredo Di Stéfano, suo vorace compare, Puskas si era educatamente astenuto, con la sola eccezione di una semifinale di Coppa dei campioni nella primavera del 1960.


1974
A metà del cammino
Finisce il girone di andata. Il Bologna, che di solito pareggia (fin qui, nove volte su quattordici), abbassa la guardia e si offre alla Lazio: quattro a zero. Maestrelli (nella foto) gira al vertice della classifica e avanti di tre punti rispetto alla Juve, dunque campione d'inverno. La quale Juve si arena al Comunale contro il derelitto Lanerossi. Nell'anno II dell'Era Pedonale, i supporters della Vecchia Signora si abituano ai mesti ritorni dallo stadio in tram, mentre a Roma preparano trombette, coriandoli e bandieroni.
Tabellino (sub data) | Highlights


2000
World's Eight Wonder

Si spegne a Victoria, in Canada, Sebastião Lucas da Fonseca, mozambicano, detto Matateu. Il predecessore di Eusébio (come lui era nato a Maputo), ma non giocò nel Benfica, e nella Seleçao portoghese uno iniziò quando l'altro aveva appena finito. Indossò la maglia del Belenenses dal 1951 al 1964, e non riuscì mai a vincere un titolo. Le volte che stava per riuscirci, gli venivano annullati gol decisivi, in partite decisive tra Belenenses e Benfica. A metà dei 1950s s'innamorarono di lui gli inglesi, e diventò l'ottava meraviglia del mondo.

26 gennaio

1884
Scotland's march

Prende il via la prima edizione della British Home Championship, torneo annuale che doveva sancire l'egemonia calcistica tra i confini della Gran Bretagna, ovvero dell'universo mondo. Iniziano Scozia e Irlanda, che non si erano mai incontrate in match ufficiali. Si gioca a Belfast, il pubblico è scarso, e la Scozia (che vincerà la competizione: a sinistra l'XI posa per la foto-ricordo) passa agevolmente: cinque a zero. Il primo gol lo segna James Gossland, che entra così negli annali. Anzi, ne fa due. Ciò nonostante, non verrà più arruolato nella Tartan Army.
Tabellino

1919
Arriva Valentino

A Cassano d'Adda nasce Valentino Mazzola. "Militava, ignoratissimo, nell'Alfa Romeo. Arruolato in marina, si presenta in prova al Venezia giocando a pieni nudi. Come lo vedono, gli acquistano subito le scarpe e lo assumono per un cocomero e un peperone. Sarà uno dei massimi prodotti del nostro calcio, forse l'interno migliore di tutti i tempi con Baloncieri e Meazza" (Gianni Brera, Storia critica del calcio italiano, p. 183).


1963
Special Birth

Nasce José Mourinho, a Setúbal. Qualsiasi cosa avesse deciso di fare da grande, sarebbe stato un successo (come la foto palesemente chiarisce). Ha scelto il football, che è un gioco, e non è detto che in fondo gli piaccia davvero (anzi). Infatti ha quasi sempre la faccia di uno che non si diverte. Un mezzo sorriso sarcastico lo regala solo se e quando vince, e si capisce che vince solo per se stesso. Pochi come lui, d'altra parte, hanno così mal sopportato le sconfitte. E' uomo di polemiche violente e gratuite, di gesti plateali. Si spera che, invecchiando, migliori. Molti lo amano, altrettanti lo detestano.


1977
La papera del portiere esordiente

All'Olimpico di Roma, in un'amichevole contro il Belgio, Luciano Castellini (portiere dell'ultimo scudetto vinto dal Toro) subentra a Zoff nel secondo tempo; resterà la sua unica presenza in maglia azzurra, e non lascerà un gran ricordo: sua la papera a origine del pur ininfluente penalty che il collega Christian Piot trasformò sullo scorcio di partita.



1992
Senza Pelé il Ghana si spegne

E alla fine Pelé non si prese l'Africa. Squalificato, rimane a guardare i suoi contro la Costa d'Avorio. La partita è mortalmente noiosa, dominata dalla paura di perdere, da esasperato tatticismo, mal governata da un arbitro giudicato tollerante oltre misura. Una di quelle finali che non piacciono agli europei quando in campo ci sono XI di altre scuole e di altri continenti. Finisce senza reti dopo 120', e anche i rigori durano un bel po'. Il dodicesimo è fatale per il Ghana: sfortunatamente lo tira Antonhy Baffoe (nella foto), nativo di Bad Godesberg e pedatore del Fortuna Düsseldorf. Fu 'colpa' sua se Abedi tornò a Marsiglia con un pugno di mosche.

28 dicembre

1963
Epifania di George Best

Nella foto si vedono due giocatori dello United e alcuni (sconsolati) del Burnley. Il più vicino alla porta (il numero 10) è David Herd, ma il gol porta la firma dell'altro, quello che sta per uscire dall'inquadratura, anche lui con le braccia levate, e soprattutto con un'espressione di felice stupore sul volto. Ha diciassette anni e mezzo, ha appena scritto il proprio nome nei tabellini della First Division. Il pallone, invece, pare l'abbia messo all'incrocio, ma non ci sono filmati a confermarlo. Fidiamoci, perché è lui stesso a raccontarlo: "io fui più che soddisfatto della mia prestazione e del mio primo goal da professionista, un tiro di destro dal limite dell'area che andò a insaccarsi all'incrocio dei pali". E da lì, direttamente sul Belfast Telegraph del giorno successivo, a piena pagina: Georgie, come tutti sanno, è irlandese, logico che da quelle parti esaltino le gesta di uno dei loro. Matt Busby, dal canto suo, ha capito benissimo che la sua seconda generazione di Babes sarà più forte della prima. 
Vai allo Speciale George Best di Eupallog


1970
Neve al Comunale

Torino è sotto un cumulo di neve, e la partita in programma il 27 (Torino-Milan) è rinviata al 28, si disputa di lunedì e non di domenica. La Rai prova a trasmetterla in diretta, ma non vuole scucire un centesimo e tutto va come al solito. Dunque si gioca, il campo è sgombro, gli spalti meno, il Milan è sgonfio, novanta minuti di assedio granata, la giornata d'inconsistenza agonistica vissuta da Rivera debilita il centrocampo, Rocco allestisce barriere umane sempre più folte. Finisce pari, un gol a testa, i rossoneri rimangono in cima ma si vede che il loro fiato è corto. "Incredibilmente dominato", tuttavia, l'XI del Paròn non vince solo per una papera del Ragno Nero. Agroppi ciabatta da venticinque metri, e Cudicini "si china e lì resta, artritico e stupito (foto), a vedere il pallone che gli sfugge tra le mani, poi tra i ginocchi, e si addormenta in rete" (Arpino). Delusi per il mancato successo, i followers del Toro salutano gli ospiti all'uscita dal campo con un sonoro e ripetuto "Ladri! Ladri!". Intanto, a Rio de Janeiro, Pelé conferma che ai mondiali tedeschi non parteciperà. Insomma: per il football non fu certo una grande giornata.
Tabellino


1971
Il narcotizzatore

Visto quel che è accaduto in Grecia all'andata, si può dire che l'Ajax abbia fatto bene a rinunciare. E' anche vero che i greci non hanno mai visto il Centenario nemmeno col binocolo, e forse Puskas ha davvero voglia di andare a mettere il naso in uno dei pochi santuari che non ha avuto occasione di visitare; e se quelli del Nacional decidono di buttare via la coppa dopo il pari di Atene, lui certamente non rifiuterà il regalo. Sì, ha fatto bene l'Ajax a dire nisba, e si è visto ad Atene, e lo ricordano anche le cronache prima della gara di ritorno. Ad Atene, un greco uscì in barella con una gamba fratturata, un altro ha dovuto abbandonare il campo prima della fine, un uruguagio è stato espulso. Le cronache temono che il peggio debba ancora venire. Risse, incidenti, violenze. Ma poi tutto fila liscio. Ci pensa Luis Artime (foto), sensazionale bomber dei Parquenses, a narcotizzare animi e partita con una doppietta. Una fra le tante della sua meravigliosa, inquieta carriera.
 
 

14 novembre

1963
Il re piange, ma è ugualmente samba al Maracanã

La comitiva rossonera sbarca a Rio - per il ritorno della Coppa intercontinentale si gioca al Maracanã, i cui esosi posti sono andati esauriti o quasi -, raccoglie applausi all'aeroporto, e soprattutto riceve una buona notizia: Pelé non gioca. Almeno un pareggio, dunque, non dovrebbe essere fuori portata. Nell'erba alta i brasiliani randellano senza costrutto; dopo quarantacinque minuti, il Milan è avanti di due gol, e qualcuno sta già immaginando il portellone dell'aereo che si apre a Malpensa, e là sotto la folla i canti e le bandiere. In tribuna, dicono che Pelé pianga, mentre il pubblico invoca - è la massa dei fedeli delusi - il suo nome. Ma poi la scena cambia. E cambia la musica. A ritmo di samba, i santistas (aiutati un po' dall'arbitro - argentino, mah! - e molto da Ghezzi) ne fanno quattro in venti minuti; anche se contasse, a questo punto differenza reti non c'è. Si deve ricominciare daccapo. Partido de desempate, sempre qui, tra due giorni. E il diavolo sprofonderà nell'inferno del Sudamerica.
Cineteca


1992
Der Schweiger

Il 18 novembre del 1992, al Frankenstadion di Norimberga si incontrano amichevolmente la Germania e l'Austria. Sulla panchina degli austriaci c'è Dietmar Costantini, e appoggiato accanto a lui un cappello. Era il cappello di Ernst Franz Hermann Happel, scomparso quattro giorni prima a Innsbruck. Il 'Silenzioso' (der Schweiger) se n'era andato, solo qualche mese dopo aver ripreso la guida del primo XI che aveva allenato, nel dopoguerra, per un decennio, un lungo e formativo tirocinio che lo portò in seguito a mietere successi in tanti club, girando in lungo e in largo l'Europa, portando l'ebbrezza del successo là dove ancora nessuno la conosceva. Nella galleria del '900, i capolavori di Happel occupano una delle sale più prestigiose; e il suo nome fu dato, dopo la morte, al santuario del football austriaco: il Praterstadion di Vienna.
Wikipedia: italiano - tedesco | Storie di calcio | In mortem (Beccantini)

10 novembre

1963
Sono giovani, lasciamoli in pace

"E magari, paghiamoli un po' meno". Già: è il refrain della Settimana Incom che, andata nelle sale cinematografiche dopo Italia-Unione Sovietica (ritorno degli ottavi del campionato europeo: all'andata gli Azzurri avevano rimediato un secco 0-2), non risparmia frecciate. Esagerando un po'. Come, per esempio, quando si racconta di Jašin che ferma con facilità un tiro e poi un'incursione di Domenghini, che potrebbe essere suo figlio: "è come togliere le caramelle a un bambino". A proposito di Domingo: esordisce proprio in questa partita, come Tarcisio Burgnich. Giovane è anche Mazzandro, che si fa parare (anzi, bloccare a terra) un rigore dal grande numero uno sovietico: "Sandrino Mazzola ha tirato il rigore come non lo tirano nemmeno i ragazzi che giocano nei vicoli, con la palla di stracci. Ma è poco più di un ragazzo, poverino". I nostri hanno preso un gol (bello, va detto) nel primo tempo, ma pareggiano proprio verso lo scadere. Ci pensa Rivera, "il ragazzo tutto d'oro del calcio italiano, il Pelé bianco. Pochi applausi, da un pubblico deluso. Perché poi? Sono giovani, non amareggiateli. Lasciategli godere in pace gli stipendi che gli danno le società". Quei giovani, oggi così sbertucciati, si prenderanno qualche rivincita negli anni a venire. 
Tabellino | Video


1988
Il deretano di Arrigo

Si manifestò per la prima volta il 9 novembre a Belgrado. Il Milan non superò mai o quasi la linea centrale del campo ed era già virtualmente eliminato dalla Coppa dei campioni, quando la nebbia invase il Marakana; il gol della Stella Rossa che nessuno vide, che secondo Franz Baresi era viziato da un fuorigioco impossibile da misurare, non contava nulla, e la partita si rigiocò il 10. Il resto è noto a tutti: il gol di Mannari (pallone dentro di un metro e passa, nella foto) non assegnato, l'inzuccata di Van Basten, il pari di Stojkovic, la tremenda botta che quasi ammazza Donadoni, i supplementari e i rigori. Il rigore sbagliato da Savicevic e quello (decisivo) trasformato da Rijkaard. Tutte qui, le emozioni di un match orribile, ma storico.
Cineteca

30 ottobre

1963
La grande sorpresa

Doveva fare un bel freddo a Rotterdam, se fino a pochi istanti prima del calcio d'inizio i giocatori preferivano rimanere in tuta. Lì, al 'de Kuip', la rappresentativa del Granducato ospitava l'Olanda. Sì, non è un errore. Per gli ottavi di finale della Coppa Europa per nazioni, nel match di ritorno il Lussemburgo giocava in casa, contro l'Olanda. A Rotterdam? Sì, l'andata si era disputata ad Amsterdam. Ci sarà stato un motivo: forse perché all'andata era finita in parità (1-1), e gli arancioni preferivano non rischiare. Del resto, metà della formazione che schierano è composta da giocatori del Feyenoord, che dunque non dovrebbero subire psicologicamente il fatto di giocare in trasferta. Per farla breve, fu una grande sorpresa. Vinse il Lussemburgo. Già. Due a uno. E si qualificò per i quarti di finale. L'Olanda era davvero una squadretta, a quell'epoca. Ma bastava solo avere ancora qualche anno di pazienza. Eroe della partita (autore di una doppietta) fu Camille Dinner, protagonista di una discreta carriera in Belgio, tra Anderlecht e Molenbeek, e che poi si diede, con buona fortuna, alla politica. Insomma, uno che ci sapeva fare.


1977
Cuore matto

Lo stadio di Perugia porta il suo nome. Ha lasciato la vita su questo prato, una domenica pomeriggio, rincorrendo il pallone sotto una pioggia carica di brutti presagi. Renato Curi, già. Cuore matto? Forse, ma aveva solo ventiquattro anni quando se ne andò. Un bravo centrocampista, di bassa statura, e forse per questo gli piaceva farsi chiamare Gerd. Sì, Gerd Müller, il suo idolo. Un bravo centrocampista, che sapeva fare tutto e bene, e che perciò sarebbe probabilmente e presto finito in una 'grande'. No, non sarebbe rimasto per sempre a Perugia; un anno prima aveva segnato un gol alla Juventus, non è roba da tutti, logico che finisse sotto i riflettori. "Ci conforta in parte il pensiero che l'abbiamo visto per l'ultima volta nell'ambiente a lui più caro e congeniale, con l'abito della festa, con le tribune ricolme d'affetto, contro la squadra più blasonata d'Italia, quella Juventus che più di ogni altra formazione ha contribuito a consacrarlo campione" (Aldo Agroppi).
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16 ottobre

1963
Lo spettacolo ignorato

Dunque, vediamo un po'. Sul 'primo programma' l'ennesimo episodio della serie Dottor Kildare, che non ha entusiasmato nessuno. A seguire, Appuntamento con la pubblicità: dibattito, ma a chi può interessare? Sul 'secondo programma' c'è Sgomento, e io comincio a essere sgomento. Sgomento è un film di Max Ophuls del 1949, chi non l'ha visto? Io no, non l'ho visto, ma sono certo che sia un film orrendo. O mio dio, a seguire mettono in onda il concerto di una jazz-band olandese, roba per quattro gatti. Ho capito, dovrò aggrapparmi alla radio. Sul 'programma nazionale', alle 21.30, la cronaca del secondo tempo di Italia B-Francia B. Va bene essere nazionalisti, ma non eccediamo. Sul 'secondo programma' niente, trasmissioni prive di senso e di fascino. Dovrò andare allo stadio e spendere quattrini, perché i popolari sono esauriti. Ma è uno scandalo. C'è Milan- Santos, andata della Coppa intercontinentale, c'è Pelé, c'è Amarildo, rientra Ghezzi, sarà uno spettacolo di prim'ordine. E la RaiRadioTelevisioneItaliana ignora l'evento. Vergogna!
Cineteca


1968
Botte, delusione e monetine

Brutta gatta da pelare per lo United. Si tratta di ribaltare il verdetto della Bombonera, e gli argentini di Zubeldia non sono venuti a Old Trafford in gita scolastica. Infatti, dopo pochi minuti, Juan Ramón Verón allunga la distanza fra le due squadre (foto). E' un assalto disperato, quello dei rossi. E inutile. I palloni volano quasi tutti nella Stretford End, quelli indirizzati con minore approssimazione tra le braccia di Poletti. "La partita di questa sera nel celebre stadio dell'Old Trafford Park di Manchester è stata giocata da ambo le parti con brutale asprezza ed ha avuto un finale tempestoso: negli ultimi minuti l'arbitro jugoslavo Zečević (il nostro Lo Bello era segnalinee con il sovietico Bakramov) ha dovuto espellere due calciatori, l'inglese Best e l'argentino Medina, già ammonito in precedenza insieme ai colleghi Bilardo ed Echicopa [sic]. Best e Medina si erano presi a pugni in campo. La polizia aveva predisposto un servizio d'ordine rigoroso per prevenire possibili incidenti. Al bordi del campo c'erano 300 agenti e speciali squadroni a cavallo si tenevano pronti ad intervenire Per fortuna, non è accaduto nessun incidente serio, anzi gli spettatori (63 mila) hanno accolto gli argentini al grido: Noi siamo i tifosi che si comportano meglio sulla terra" ('La Stampa', 17 ottobre 1968). Infatti gli argentini, che sollevarono così la coppa intercontinentale, mentre si recavano sotto lo spicchio che ospitava i loro sostenitori furono sepolti da una pioggia di monetine lanciate dai delusi spettatori di casa.
Cineteca

11 settembre

1949
Ritorno al Sant'Elena

Inizia la Serie A: a Venezia è ospite quel che resta del Toro, cioè nulla o quasi. Prima della partita viene scoperta una lapide in onore di Mazzola e di Loik, di Ballarin e di Petron. E' ancora difficile fare i conti senza il passato e l'atmosfera è surreale. Il pubblico veneziano incita i granata, il Venezia sbaglia un calcio di rigore. E i granata vincono la partita, uno a zero, trovando il gol a un respiro dalla fine. Espugnando cioè quel campo (foto) su cui il Grande Torino non era mai riuscito a passare.
Tabellino


1963
Paul May si è stancato di perdere

Nel tabellone degli ottavi di finale, Euro '64 propone una sfida 'interessante': Olanda-Lussemburgo. Pochi i precedenti fra le due nazionali, e tutti risolti in facili goleade arancioni. Con un un'unica eccezione, ma era il 1940, e l'XI del ducato sbancò il de Kuip con un pirotecnico cinque a quattro. Ora si fa sul serio, ma che il match sia ritenuto dai più una formalità è dimostrato dal colpo d'occhio dell'Olympisch Stadion di Amsterdam, pieno solo a metà. Ben diverso era il panorama a maggio, quando qui venne in esibizione il Brasile di Pelé, tanti quattrini (probabilmente) in cambio di una sconfitta. Insomma, uno squadrone che mette sotto i bicampeones che problemi può avere a sotterrare il Lussemburgo? Infatti passano cinque minuti e Nuninga scova il sentiero che introduce a una passeggiata di salute. Ma è esattamente in questo momento che a Paul May, attaccante dell'Association Sportive La Jeunesse d`Esch sur Alzette, cominciano a girare le scatole. Veste per la quindicesima volta la casacca lussemburghese, cinque anni di poche soddisfazioni; sì, qualche gol, ma solo sconfitte: quattordici consecutive. "E' ora di dire basta", avrà pensato tra sé e sé. Così infila il pareggio (l'azione del gol nella foto) e motiva i suoi a una strenua resistenza. Finisce uno a uno, il morale degli olandesi è sotto i tacchi, sicché in ottobre ricambieranno la visita e riusciranno nell'impresa di farsi battere e sbattere fuori dal torneo. Complimenti!

14 agosto

1963
La sagra del football scandinavo

Qualcuno certamente non si è accorto della sua esistenza, e dunque può essere utile sapere che la Nordic Championship era una delle tante competizioni 'vicinali' nate prima della Coppa del mondo. In sostanza, la versione scandinava della British Championship o della Coppa Internazionale; avviata nel 1924, si è regolarmente giocata fino al 1985.
Normalmente di durata triennale o quadriennale (solo la quarta edizione - se ne immaginerà il motivo - si è protratta per un intero decennio, fra il 1937 e il 1947), dunque tre anni (talora quattro) lungo i quali ciascuna partecipante disputava dodici partite: in media, una ogni tre-quattro mesi.
Con calma, dunque, è l'irresistibile lentezza del football.
Già.
Ma in certe giornate la fretta è terribile.
Il 14 agosto 1963, infatti, la Svezia giocò contemporaneamente due partite. Una a Solna, l'altra a Göteborg; sue ospiti, la Finlandia al Råsunda e all'Ullevi la Norvegia. Una giornata dedicata al calcio, dunque, un festoso mercoledì nell'ormai declinante estate del nord.
Una giornata speciale, ma che dev'essere stata anche terribilmente noiosa: nonostante l'impegno profuso e i molti pedatori impiegati, i Blågult non andarono oltre un doppio, soporifero zero a zero.

[Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]
Tabellini: Solna - Göteborg



2001
Un fulmine a ciel sereno

Un classico del calcio d'estate, il Trofeo Santiago Bernabéu, che - con varia formula - si disputa dal 1979, cioè dall'anno immediatamente successivo alla scomparsa del presidente, cui lo stadio del Madrid era stato intitolato addirittura nel 1955, e cioè ancor prima del lungo dominio europeo dei Blancos. Naturalmente, questo trofeo lo vince quasi sempre il Real. Poche volte è capitato che una delle squadre (o la sola squadra) invitate si ribellasse a un destino pressoché scontato. Per esempio, capitò nel 2001. In quella circostanza si vide qualcosa di anomalo. Real Madrid e Inter erano sull'uno a uno, e il novantesimo scaduto da un po'. Per i nerazzurri un'opportunità: punizione dal limite dell'area, in posizione leggermente defilata, ottima per un destro morbido e competente. Si pensava la battesse Clarence Seedorf, che teneva le mani sui fianchi, guardava verso la porta e avrebbe calciato appunto di interno destro, un colpo a rientrare, sopra la barriera. E invece, anticipandone le intenzioni, partiva con scatto da centometrista un ragazzino che l'Inter aveva appena ingaggiato, un promettente centravanti arrivato da Rio, dove si era messo in luce nel Flamengo. Si chiamava Adriano Leite Ribeiro. Bene, difficilmente chi era davanti al televisore quella sera scorderà la prodigiosa, inaudita potenza e la precisione balistica con cui il pallone fu indirizzato, a immisurabile velocità, giusto giusto all'incrocio dei pali, lasciando senza parole Casillas, incredulo il Bernabéu, il telecronista e i telespettatori anche più distratti. Un autentico fulmine a ciel sereno.

5 giugno

1938
Tempi supplementari

Cari amici, ormai mancano pochi minuti al termine delle partite. Qui nella libera (ancora per poco) terra di Francia oggi si è visto del bel calcio, la Coupe du monde sta offrendo sfide molto, molto equilibrate. Con qualche eccezione, d'accordo: ma cosa e dove saranno mai le Indie Orientali? Zero a sei dall'Ungheria. E poi: vive la France e vive la République, tre a uno sui belgi, era scontato che facessero vincere i gallinacei padroni del pollaio. Su tutti gli altri campi, invece, la tensione è fortissima, l'epilogo incerto, gli scommettitori abbastanza preoccupati. Manca davvero pochissimo. "Gooool!!!" Oui? "Gol di Brustad". Brustad (foto), e chi è? "Qui al Vélodrome di Marsiglia, minuto 83: gol della Norvegia. Italia-Norvegia uno a uno". Parbleu. Qualcuno diceva che ... "Goooool!!!" Sì? "Gol di Barátky. Al Chapeu di Tolosa, minuto 88: gol della Romania. Cuba-Romania due a due". Peccato per i caraibici, sarebbe stato ... "Goool!!!" Sì? "Wilimowski. Gol di Wilimowski. Alla Meinau di Strasburgo, minuto 89: gol della Polonia. Polonia-Brasile quattro a quattro". Accidenti: difese ferree. "Goooool!!!" Chi ha segnato? "No, quasi gol". Dove? "Al Cavée Verte di Le Havre. Cecoslovacchia e Olanda inchiodate sullo zero a zero". Attacchi funambolici, e chi le schioda? Cari amici, cari lettori, svariati triplici fischi hanno assordato gli spettatori presenti in tutti gli stadi testé menzionati. Fine di tutte le partite. Anzi, no. Continuano. Tempi supplementari, ma il tempo a nostra disposizione è scaduto.
Cineteca: Italia-Norvegia - Brasile-Polonia - Cuba-Romania - Cecoslovacchia-Olanda - Francia-Belgio


1963
La triste vincita di Anthony Kay

Nella tournée continentale di fine primavera, Alf Ramsey consolida con alcuni buoni risultati la sua posizione alla guida della nazionale albionica. Così, dopo le amichevoli vittorie di Bratislava e Lipsia, restava in calendario una gita al Sankt-Jakob. Un'autentica passeggiata, agonisticamente ragionando. A Basilea prese il suo primo e ultimo cap (impreziosito da un gol) Anthony 'Tony' Kay, brillante centrocampista e nuovo idolo di Goodison Park, l'uomo che aveva appena trascinato l'Everton alla conquista di un titolo inseguito per più di vent'anni. Difficile dire se rientrasse o meno nei piani a media scadenza di Ramsey. Circolavano voci. A Liverpool era arrivato da Sheffield (sponda Wednesdey), e le voci riguardavano un match casalingo giocato proprio dagli Owls, contro l'Ipswich, il primo dicembre del 1962. Kay puntò 50 sterline sulla vittoria dell'Ipswich (che in effetti espugnò Hillsborough con un sonante tre a zero), e ne guadagnò 100. La vincita del secolo. Ma i bookmakers ne persero 35.000, e se la legarono al dito. Non fu quella l'unica partita truccata; l'unica, tuttavia, nella quale risultò coinvolto Tony Kay. Tre anni dopo, a conclusione del processo, venne radiato dalla Football Association; di lì in avanti, la sua vita fu una sequela di guai. "Jimmy Greaves once said that he had stopped playing too early. I understand what he means. I loved playing football; it was all I knew, and all I wanted to do".
Svizzera-Inghilterra: tabellino | Outing di Tony Kay (The Observer, 4 VII 2004) | The Tony Kay Scandal (BBC Radio 4)


1971
Budde and the chocolate box

Lezioni di Bundesliga. Stagione 1970-71. Letzer Spieltag: sono in cima, appaiati, Bayern e Borussia M'gladbach, detentore del piatto. Hanno incassato gli stessi gol (33 in 33 partite), ma il Bayern ne ha fatto uno in più (74 a 73). Entrambi gli XI sono in trasferta: i bavaresi a Duisburg, i Puledri a Francoforte. Per quasi tutto il primo tempo non succede nulla; poi si sveglia Netzer, ma i suoi si riaddormentano subito, e il gong suona sull'uno a uno. Nel piccolo stadio di Duisburg si traccheggia, in attesa di qualche evento. Riprende il gioco, ed entro dieci minuti arriva in dono ai pedatori del Borussia, direttamente dal Wedeaustadion, una scatola di cioccolato, firmata da Rainer Budde (foto), onesto mestierante dell'area di rigore. Poco dopo, ne arriva un'altra. Maltrattato e affranto, il Bayern abbandona ogni ambizione, mentre i satanassi della Westfalia improvvisano una danza trionfale, conclusa in allegra goleada dal solito Jupp Heynckes.
Tabellini: Duisburg-Bayern | Eintracht-Borussia


1986
La gita di Fernandez

Quei furbacchioni della Dinamo Sovietica si sono sfiancati per umiliare l'Ungheria, e ora contro i campioni d'Europa hanno perso un po' di brillantezza. Anzi, dice il guru, si è giocato con il freno a mano tirato, mica si deve vendemmiare in tutte le partite. Bella sfida, però, Le Roi Michel dice che sensazioni così non le avvertiva da parecchi mesi, si è esercitato un po' sui calci di punizione, insomma lui sarebbe anche pronto per gli ottavi contro (si presume) l'Italia. Intanto, tutti tirano qualche sospiro di sollievo, la macchina di Lobanovski può anche incepparsi se si è tatticamente accorti, e dietro non erige un muro impenetrabile. Riguardate il gol di Fernandez: in gita senza meta, trova il casello d'accesso all'area sovietica completamente sgombro, e trova tutto il tempo di programmare un buon controllo del pallone e piazzarlo di giustezza in rete (foto). E' il gol dell'uno a uno, poco prima un proiettile di Rats si era spento all'incrocio dei pali difesi da Bats. Insomma, è finita così, il pareggio era quotato a uno, e tutti quelli che hanno scommesso su questo esito vanno soddisfatti alla cassa.



- Vedi anche le partite del 5 giugno in Cineteca

12 maggio

1963
Benvenuto Sandrino

Mondino Fabbri ha posato il deretano sulla panca azzurra da pochi mesi. L'avventura è iniziata bene, e le amichevoli tardo-primaverili servono a meditare sugli undici da opporre ai sovietici in autunno, quando si giocherà per il campionato d'Europa. A San Siro arriva dunque nientemeno che il Brasile di Pelé, campeão do mundo. Esordisce Risti Guarneri, e con lui Sandro Mazzola. O Rey sfila prima del calcio d'inizio, raccoglie applausi e dopo venticinque minuti esce tra i fischi. I suoi trotterellano, indifferenti al ritmo agonistico degli italiani, e perdono tre a zero. Sandrino va per caso sul dischetto, e infila Gilmar. Si porta a casa il pallone: "ne ho uno con il quale giocò mio padre anni fa, lo metterò vicino". Il primo di una lunga collezione.


1965
Rimbalzo e rapina di controbalzo

Chissà cos'ha pensato Shankly, in quell'istante. Forse di fargli chiudere col football, e spedirlo in qualche college americano a imparare almeno i fondamentali del basket. Già: Tommy Lawrence l'ha combinata grossa. La foglia morta di Mariolino Corso deve avergli confuso le idee. E ora eccolo mentre blocca un lungo, troppo lungo lancio di Facchetti per Peirò. Mette un piede fuori dall'area: che rischio! Poi un palleggio, da play-maker non certo di razza. Due. Al terzo, non si avvede di come alla sue spalle sopraggiunga incarognito lo spagnolo, che nel contrasto era finito orizzontale per una rude spallata. Di controbalzo, Peirò gli soffia la sfera col mancino, e beffardo la deposita in rete. Rimonta nerazzurra, dopo l'uno a tre di Anfield, quasi compiuta. Il pubblico, con calma, attende il terzo e decisivo gol, che arriverà nel secondo tempo, siglato da Giacintone.
Cineteca | Il gol di Peirò


1976
Der Bulle

L'abbuffata bavarese di metà anni '70 si chiude ad Hampden Park; passeranno vent'anni, prima che una coppa rifletta ancora nel cielo le mani e il volto del capitano del Bayern. Sparring-partner di serata il Saint-Etienne: basta un gol, e porta il marchio di Franz Roth "Bulle" (foto). Un mastino capace di finalizzare con notevole continuità: le statistiche dicono di una settantina di gol in poco più di trecento presenze in campionato, fra il 1966 e il 1981, tutte con la casacca del Bayern. Soprattutto, era un giocatore decisivo. Decise la finale del '76 con una sberla su punizione dal limite (foto), un decennio o quasi dopo aver castigato i Rangers dando ai suoi la prima coppa; l'anno precedente, aveva inciso il proprio nome nel tabellino di Parigi (Bayern-Leeds) prima di Gerd Müller. Rimase a bocca asciutta solo nel '74, quando a imbastire una quaterna per l'Atletico madrileno nella ripetizione provvidero l'anzidetto Bomber e Uli Hoeness. Insomma, si sta evocando un grande del calcio tedesco ed europeo: per lui, bavarese, uno spazio nella Hall of Fame del club è cosa ovvia e scontata.


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21 aprile

1909
The Hangovers

Fu tutta colpa di Bob ‘Leggy’ Turner. Non giocava più nel Leicester - era passato proprio in quella stagione all'Everton -, ma decise di festeggiare la vigilia del matrimonio insieme ai vecchi compagni di squadra, "embarking on a marathon drinking session that left them all heroically legless". E' perciò che il giorno dopo, al City Ground, presero dai rivali del Nottingham Forest una scoppola che fece discutere (dodici a zero!), tanto da lasciar sospettare ai capoccioni della Football Association qualcosa di losco. E invece no: erano solo gli effetti della grande sbornia. Intanto, però, il Forest rimase in First, e il Fosse scese in Second Division.



1963
All'estremo lembo dell'Occidente

La Seleçao è in Europa. Inizia il suo tour dall'estremo lembo dell'Occidente. A Lisbona c'è attesa. Nella memoria di tutti le sfide titaniche tra Santos e Benfica, l'autunno dell'anno passato. Valevano il tetto del mondo, e i brasiliani lo presero, Eusébio era grande, sì, ma certo non valeva (non ancora) quanto Pelé. All'Estádio da Luz, dunque, Portugal contro Brasil. Partita seria, partita tosta. Monsù Poss non viaggia mai senza un serio motivo, sa bene che i due XI sono al momento tra i migliori del mondo. "Per lunghi, lunghi anni il Portogallo è stato considerato come una potenza secondaria in fatto di gioco della palla rotonda", dice. Non è più così. Merito del Benfica, aggiunge. Così, in campo ci sono parecchi del Santos e parecchi del Benfica. Stavolta hanno la meglio i portoghesi. Uno a zero. Ma che "il Brasile abbia fatto uno sforzo notevole per cominciare il suo lungo viaggio con un risultato più favorevole di quello ottenuto, è dimostrato fra l'altro anche dal fatto che nel secondo tempo esso ha apportato tre cambiamenti alla sua formazione contro uno degli avversari: ha cioè giocato con quattordici uomini contro dodici, in linea definitiva". E così, nonostante questa superiorità numerica, la Seleçao ha capito che difendere il titolo mondiale nel Vecchio Continente sarà tutt'altro che semplice.
Cineteca


1970
Cento cappelli

Ed ecco Sir Bobby, che ha tirato fuori dal guardaroba i suoi cento cappelli. Il centesimo l'ha preso stasera, una bella partita a Wembley, con la fascia da capitano visto che l'altro Bobby non c'era (e chissà se gliel'avrebbe lasciata indossare). Sì, una bella partita, per la Home Championship, contro gli irlandesi del nord, che peraltro giocano tutti (a parte l'esordiente Anthony O'Doherty, colonna del Coleraine) in club e squadroni della First Division. Poi, a vedere il tabellino, si ripassa o quasi l'intera storia del football britannico dell'ultimo decennio: Peters, Best, Hurst, e naturalmente Charlton. Ma torniamo alla foto. Pensavo fosse una bella scoperta e la mostro a un amico inglese: "I've seen this photo before and always admired his parquet floor!", risponde ...
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1982
Battle in Europe

Strappando uno 0-0 a Bruxelles  contro il più blasonato Anderlecht, l’Aston Villa si assicura la qualificazione alla finale della Coppa dei campioni. Non la meritavano i suoi followers, protagonisti in una serata di gratuita violenza. Il match fu addirittura sospeso per alcuni minuti, e rischiò di essere definitivamente interrotto dall'arbitro, Dusan Cachnak. "He had little alternative as the supporters behind Villa's goal tossed missiles at each other". Incidenti, feriti, barelle. Non un'eccezione, in quell'epoca, quando gli hooligans sciamavano tranquillamente nelle città e negli stadi d'Europa.

7 aprile

1963
La Juve e i suoi centroavanti 

Se n'è andato il vecchio John Charles, ma la rosa della Juve trabocca di centravanti. Nicolé, grande promessa, che però all'ombra del gallese ha dovuto imparare il mestiere dell'ala; il ‏giovanissimo Zigoni, troppo acerbo - dicono; Dario Cavallito, figlio del tizio che gestisce il bar del Filadelfia (e dunque, capirai: zero presenze); Miranda, il brasiliano, spilungone capace di grandi bordate dalla distanza e poco altro; infine, Bruno Siciliano (foto), nato a Rio ma di origini italiane e dunque ingaggiato come oriundo. In virtù del nome, contro il Catania gioca lui. Partita importante, se vogliono sperare di continuare la volata con l'Inter i bianconeri devono vincerla. Niente da fare. Restano all'asciutto, ancora una volta. "Senza ali e senza centroavanti non si segnano goals", dice l'amico inviato di 'La Stampa', e ormai gli ultimi messi a tabellino risalgono alla notte dei tempi. Sicché il Catania ne approfitta. Si difende con sette, otto uomini (nemmeno poi tanti), "un solo contropiede, uno solo, ed è venuto il goal". Beh, capita, nel calcio capita, e non di rado. Dunque l'Inter saluta la compagnia, il campionato in pratica finisce oggi. E chi ha segnato per il Catania? Ha segnato Milan. Luigi Milan, di Mirano. Proprio lui.


2000
La seconda morte

Si spegne, a Santos, Moacir Barbosa Nascimento. Era già morto da tempo, in realtà. Da quando, in un pomeriggio d'estate di Rio, non riusci a intercettare due palloni calciati verso la sua porta da Schiaffino e da Ghiggia. Non erano tiri imparabili, dicono. Il Brasile perse la coppa del mondo, e lui fu ritenuto il principale colpevole. "Guardalo, figlio mio. E' l'uomo che fece piangere tutto il Brasile", diceva una madre al supermercato vent'anni dopo il maracanaço. "Piangeva sulle mie spalle. Sino all'ultimo momento ripeteva: eravamo in undici, non posso essere considerato l'unico colpevole di quella sconfitta": questa è l'ultima testimonianza, resa da una sua amica dopo la morte.
Profilo | Necrologio (Alex Bello, The Guardian, 13 aprile 2000) | Eupallog Biblioteca


2004
Riazoraço

Nessuno avrebbe scommesso un cent sui Turcos, specie dopo che al Meazza erano stati messi sotto dal gran gioco del Milan di Carletto. Una primavera brillante e spettacolare, nella quale emergeva di partita in partita il nuovo astro rossonero: Ricardo Izecson dos Santos Leite. E invece, al Riazor accadde l'inimmaginabile. Il Deportivo si produce in un'epica remuntada, il Milan stramazza sotto l'umiliante peso di uno 0-4 che lo estromette dalla Champions League proprio nell'anno in cui era sicuramente la miglior squadra d'Europa. I galiziani non fecero strada, invece. Dall'ultima curva sbucherà, inattesa e fortunata, la sagoma di José Mourinho.



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6 aprile

1963
Anche gli inglesi hanno un portiere

Solo gli inglesi ricordano (se non hanno rimosso) che l'avvio di Alf Ramsey in panca fu disastroso. Una memorabile disfatta a Parigi - in un Parco dei Principi mezzo vuoto, a testimoniare la pochezza di un football senza campioni e grandi club (conclusasi l'epopea remoise, di Fontaine e di Kopa). La seconda uscita va ancora peggio: a Wembley arriva la Scozia, per l'ultimo e decisivo match del torneo insulare 1962-63. L'Inghilterra perde la partita e il campionato, ma non la pazienza. Perlomeno, finalmente, c'era un portiere. Eccolo nella foto d'ordinanza, tra Bobby Smith (alla sua destra) e Maurice Norman (alla sua sinistra). Difendeva i pali del Leicester City FC; esordiva a 26 anni non ancora compiuti, abbastanza pochi per un portiere. Forse gli inglesi non lo sapevano ancora, ma tra i pali sarà il più grande goalkeeper della loro infinita storia: Gordon Banks.



1997
Il congedo degli immortali

La stagione del Milan era iniziata male. Il ritorno in panca di Arrigo, a dicembre, non porta risultati. E così, quando alla nona del girone di ritorno a San Siro si presenta la Juve, il distacco in classifica è già abissale. Si assiste all'epica resa dell'undici retto e capitanato da Franco Baresi, ormai tramontato, scherzato in dribbling da Bobo Vieri: uno che, negli anni migliori, avrebbe disinnescato con irridente facilità."Uno storico e umiliante 6-1", occhiella la rosea in prima pagina. Storico, sì, perché consegnava definitivamente alle tabulae eupalliche il primo ciclo del Milan nell'era berlusconica.
Cineteca


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31 marzo

1963
Una tarde plena de sol

Certo, si dirà: quello non era il 'vero' Brasile. Non c'era Pelé, non c'era Garrincha. Del resto, la Seleçao ha spesso snobbato la Copa  América. E così, a 2570 metri sul livello del mare, all'Estadio 'Félix Capriles' di Cochabamba, i brasiliani si trovano a disputare un'inutile partita con la Bolivia. Inutile per loro; i padroni di casa, se vincono, alzano la coppa per la prima volta nella loro storia. E' un match indimenticabile: finisce cinque a quattro per La Verde. Due volte sotto di due, la Seleçao riesce a risalire. L'ultimo assalto è portato da Maximo Alcocer, e nei pueblos andini esplode l'allegria.
Tabellino | Documentario (frammento)


1982
Dave Clement

"Ecco: non potrò più giocare. Mi hanno rotto la gamba, ma è come se mi avessero spezzato il cuore. Non potrò più correre. Non intendo essere la stampella dei miei ricordi". Il terzino destro del Wimbledon, Dave Clement, decise che era ora di farla finita, a soli 34 anni. Aveva vinto una clamorosa League Cup con la maglia del QPR nel 1967 [vedi]. Aveva giocato in nazionale: cinque presenze. Era un difensore di fascia molto energico, e soprattutto molto veloce. Fu rapido anche nel prendere la sua ultima decisione.


1988
Il primo centenario

Fu Paolo Maldini. Il primo a raggiungere quota 100 nel conto delle presenze in maglia azzurra. E' una rincorsa che inizia da Spalato, dove la Giovine Italia di Azeglio Vicini, in vista dell'europeo tedesco, affronta la più insidiosa delle amichevoli. Battere gli jugoslavi non è mai stato semplice. E infatti non li si batte. Perlomeno non si perde. A una manciata di minuti dalla fine, Paolo si toglie la tuta. Non ha ancora vent'anni. Inutile aggiungere che, di lì in avanti, la tuta se la rimetterà solo a fine partita.
Tabellino | Highlights



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27 marzo

1949
Applausi a Chamartín

C'è grande attesa a Madrid, e il tutto esaurito a Chamartín. L'España si misura con i campioni del mondo, nessuno vuole perdersi la sfida. Pozzo, dal canto suo, coglie l'occasione per misurare lo spessore di alcuni giovani: Becattini, Lorenzi, Amadei, tutti e tre all'esordio. Così, del Toro ne schiera 'soltanto' sei: Bacigalupo, Ballarin, Rigamonti, Castigliano, Menti e Mazzola. L'Italia vince facilmente (tre a uno). Per Valentino e i suoi compagni sono gli ultimi applausi in maglia azzurra.


1963
Giacintone

Lo spilungone che gioca sull'out di sinistra sarebbe un terzino. Ma occorre stare attenti: è fortissimo sulle palle alte, è veloce, va di frequente all'attacco. Soprattutto quando gli attaccanti non riescono a far gol (e lui ne fa, eccome): così l'ha impostato il Pepp Meazza nelle giovanili dell'Inter. Edmondo Fabbri lo porta in Turchia, retour-match di un preliminare in cartellone per il Campionato europeo. C'è da difendere un comodo sei a zero. L'Italia vince, ma delude. Giacintone Facchetti è ancora timido, ma era facile prevedere che quella maglia nessuno gliel'avrebbe sfilata per molti, moltissimi anni. "Ho vissuto con Facchetti cento e più partite in azzurro, io attaccante lui capitano. Giorni belli e meno belli ma comunque con una costante: Giacinto era una persona straordinaria, pulita, onesta. Per noi tutti era un esempio, un punto di riferimento costante, era il nostro angelo" (Gigi Riva).
Tabellino 

1976
Michel & Michel

Uno in panca, l'altro in campo. Al Parco dei principi. Di fronte i cecoslovacchi, cioè i futuri campioni d'Europa (mancano pochi mesi): ancora non lo sanno, probabilmente non osano nemmeno pensarlo. Michel Hidalgo e Michel François Platini, invece, lo diventeranno di lì a otto anni; e quella lunga cavalcata, fatta di applaudito calcio-champagne, ubriacherà la nazione portandola dove non era mai stata; nell'élite del calcio mondiale. Michel brinda all'esordio con il gol del due a zero; e pace se i cechi, prima del 90°, riescono ad acciuffare il pari.
Tabellino | Video



1999
Un torrente de goles y alegrìa

Non erano state prolifiche, le prime apparizioni di Raúl González Blanco nella Roja. Giovane asso del Real pigliatutto a cavallo dei millenni, dopo venti partite può vantare la miseria (per lui) di cinque gol. La Spagna però va bene, è lanciata verso la qualificazione all'europeo belga-olandese. Al Mestalla ospita la nazionale austriaca forse più derelitta di sempre. Umiliazione è dire poco: nove a zero. Raul si esalta, e quattro palloni finiti alle spalle del malcapitato Wohlfarth (foto) sono firmati da lui. "Un torrente de goles y alegrìa", sottolinea Mundo Deportivo.



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