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7 ottobre

1916
This wondrous Hercules

Tutti piangono in Galles, in Scozia, in Inghilterra, perché hanno saputo che, durante la battaglia della Somme, oggi un uomo - uno dei tanti - è stato ucciso. Ma qualcuno ride ancora, se ripensa alle sue fanfaronate e alle sue prodezze. Stiamo parlando di Leigh Richmond 'Dick' Roose, ex portiere, da oggi ex componente dei Royal Welsh Fusiliers.
Già. Capitava - ad Aberystwyth, a Londra, a Liverpool, a Glasgow - che il pubblico volgesse lo sguardo dalla parte opposta a quella in cui si svolgeva l'azione. Roose stava dando spettacolo a modo suo, aggrappato alla traversa, con giravolte e volteggi. Poi magari, catturato un pallone, partiva a testa bassa verso la metà campo avversaria, come se si giocasse a rugby: era grande e grosso, certo non temeva cozzi o placcaggi. Un simpatico smargiasso, non c'è dubbio.
E' colpa o merito suo, dunque, se dal 1912 si stabilì che il portiere potesse usare le mani solo nella propria area di rigore.
"He was the first football superstar, with the playing style of Peter Schmiechel, the bon viveur attitude of George Best, and the media-savvy sense of David Beckham".
Profilo | Neal Prior (BBC)


1967
L'idolo del Volksparkstadion segna un gol inutile

Beh, scegliere di giocare ad Amburgo è stato giusto, avrà pensato Helmut Schön. In fondo, ha appena raddrizzato una situazione difficile, perché i Panzer avevano buscato a Belgrado ma con questa bella rivincita (tre a uno) la corsa per il titolo del Campionato europeo può riprendere. Ha esordito Roth, il mastino del Bayern, ma non deve avergli fatto una grande impressione (giocherà tre sole altre partite, e la Germania non ne vincerà nessuna). Gerd ha fatto il suo, e l'ultimo gol l'ha segnato il padrone di casa, l'idolo indiscusso del Volksparkstadion, il capitano della Nationalmannschaft: Uwe Seeler. Insomma, il futuro è roseo, ma tutti sanno che in finale, agli europei del '68, ci arriverà la Jugoslavia. Dove si sono persi i tedeschi? Dove hanno rotto il motore? E quando? Vedremo, vedremo.

8 luglio

1916
Il discorso di Demostene

Il discorso di Demostene non fu particolarmente apprezzato dai cileni. Un discorso di questo tipo: "è la prima Copa América, è la prima partita del Brasile nella Copa América, è la mia prima partita nel Brasile, e questo che sta per arrivare è il mio primo gol nella Seleçao". Chiaro che, se si prova a seguire il ragionamento, ci si distrae e il gol lo si prende davvero, così poi tocca dannarsi l'anima per non perdere la partita. Una buona regola è quella di ignorare gli avversari dalla chiacchiera facile, ma i cileni avevano ancora poca esperienza, e inoltre doveva ancora ronzare nelle loro teste la logorroica performance degli argentini, che due giorni addietro li avevano convinti a incassare un eloquente sei a uno. Difficile sapere quanto valesse Demóstenes Correia de Syllos (foto) come goleador; probabile che la sua retorica pedatoria fosse inferiore a quella di El Tigre, Arthur Friedenreich. C'erano tutti e due, all'esordio del Brasile in una competizione continentale e ufficialmente riconosciuta. Ma parlò solo Demostene. Poi, verso la fine della riunione, chiese la parola un certo Hernando Salazar, cileno, che a nome dei suoi borbottò qualcosa di incomprensibile, e mentre si cercava un traduttore lui accompagnava in rete il pallone del definitivo uno a uno.
Tabellino
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera


1964
Joe Gaetjens

Joe Gaetjens aveva alle spalle una carriera di calciatore sintetica: un solo gol importante - ma molto importante e altrettanto famoso -, quello bastato agli Stati Uniti  per battere l'Inghilterra nella Coppa del mondo del 1950. In America, lui - nato a Port-au-Prince - era emigrato da Haiti, e nell'isola tornerà a vivere. Ha circa 40 anni quando, l'8 luglio del 1964, "gli squadroni della morte di Papa Doc Duvalier lo prelevano nella sua casa di Port-au-Prince: non si è mai interessato di politica, ma la sua famiglia ha combattuto Duvalier e ora si è data alla macchia. Lui è rimasto, sicuro di non essere un obiettivo. Lo portano nella prigione di Fort Dimanche e lo fucilano. Il corpo non sarà mai più ritrovato" (Andrea Sorrentino, La Repubblica).


                                                                                                                                                                   
1982
Il 'pizzino' del Pelasgio

Quel mattacchione di Zbigniew Boniek si è fatto squalificare, e così può guardare tranquillamente seduto in tribuna la semifinale dei suoi contro l'Italia, penultimo capitolo del mundial '82. Per gli azzurri, la partita è abbastanza facile, specie ora che a Paolo Rossi basta sfiorare il pallone per metterlo alle spalle di qualsiasi portiere, e c'è persino da dubitare che lo faccia apposta. Quindi, il noiosissimo match è rimasto famoso soprattutto grazie a un episodio che riguarda il Pelasgio, alias Bruno Conti. Siamo quasi agli sgoccioli, lui sta lavorando l'ennesimo pallone sulla fascia sinistra, e lo fa da par suo. A un certo punto si ferma, estrae dalla tasca dei pantaloncini un pennarello, e scrive qualcosa sul cuoio. Sì, era anche lui un tipo bizzarro. A ogni modo, scrive e poi riprende a correre. Morbidissimo è il cross che parte dal suo prodigioso piede mancino; plana oltre il portiere, e Pablito ha tutto il tempo di leggere il messaggio che Bruno gli aveva indirizzato: "basta spingere". Ottimo suggerimento. Per metterlo in pratica, gli è sufficiente inginocchiarsi (foto) e attendere che la gibigiana esaurisca la sua parabola. Arriva puntuale, e lui segna il più facile gol della sua carriera. In effetti, bastava spingere.
Cineteca
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera


1990
Uno strazio

Italia '90 chiude i battenti. All'Olimpico non c'è l'Italia, e così il pubblico fischia Maradona e l'inno argentino. Non era mai accaduto qualcosa del genere, prima di una finale. I due XI - l'Albiceleste e la Nationalmannschaft - arrivano spompate all'ultimo atto. A parte l'italica dimostrazione di inciviltà, si ricorda solo un penalty fasullo, anzi sacrosanto, chissà, che valse alla Germania la terza coppa del mondo. Tutto qui. Non sapendo cosa aggiungere, ci affidiamo a Gioann Brera. "Io non perdo finale del torneo dal lontano ahimè 1954: posso dire senza sentirmi né severo né tanto meno sadico di non avere mai assistito a uno strazio paragonabile a quello offerto da Germania-Argentina". Proprio così.
1995
Mondino

Si spegne, a Castel San Pietro Terme, Edmondo Fabbri. Ma era come se fosse morto già da tanto tempo, perché di lui tutti si erano dimenticati. "Non contava che fosse stato un'ala destra rapida e sgusciante. Non contava nemmeno che al suo esordio in panchina avesse realizzato un' impresa probabilmente irripetibile, trascinando in cinque stagioni il Mantova dalla serie D alla A. Non contava neppure che in seguito avesse guidato Torino e Bologna, Cagliari e Ternana, Reggiana e Pistoiese. Nell'immaginario collettivo, Fabbri, soprannominato 'Topolino' o anche 'Mondino' per la sua statura ridotta, aveva cessato di esistere come allenatore nella serata del 19 luglio 1966, cancellato a Middlesbrough dal gol del nordcoreano Pak Doo Ik, che aveva clamorosamente escluso l' Italia dal Mondiale inglese" (Mario Gherarducci, Corriere della Sera, 9 luglio 1995). Ti sia lieve la terra, avrebbe detto, nonostante tutto, Gianni Brera.
Storie di Calcio


  • Vedi anche le partite dell'8 luglio in Cineteca

4 giugno


1916
Calcio danubiano

Mentre la grande armata austro-ungarica cerca, con alterne fortune, di espugnare l'Altipiano dei Sette Comuni e di stabilizzare il controllo di Monte Cengio, a Budapest le due metà dell'impero si contendono l'egemonia calcistica. Accade regolarmente dal 1902. Anzi: si può aggiungere che l'Austria, dalle origini e per un decennio, abbia giocato a pallone solo se c'era anche l'Ungheria (un paio di volte è venuta a Vienna l'Inghilterra, e nel 1911 si registra una scappatella in Germania); l'Ungheria preferiva coinvolgere anche la Boemia (che agli austriaci stava antipatica) e, dal 1910, è andata a cercare amicizie anche altrove.  Nel 1912 sono volate assieme in Svezia per le Olimpiadi, ma l'Ungheria è dovuta tornare subito indietro per colpa degli inglesi, indisponibili a lasciare spazio nel tabellone dei quarti di finale. Come che sia. Siamo a Budapest, nello stadio (foto, ma posteriore) che un giorno molto lontano verrà intitolato a Nándor Hidegkuti, lo stadio del Magyar Testgyakorlók Köre (MTK). In maggio, a Vienna, ha vinto l'Austria, tre a uno. Oggi sono favoriti i padroni casa. C'è tanta gente al campo, e non si sente - nemmeno da lontano - odore di polvere da sparo.
Tabellino


1928 
Campioni d'Europa (e perchè no?)

Amsterdam, IX edizione dei Giochi Olimpici estivi, torneo di voetbal: ai quarti di finale duro confronto tra Italia e Spagna. Era capitato già ad Anversa nel 1920 e a Parigi nel 1924, con esiti alterni. Dell'undici azzurro, rispetto a Colombes, ci sono ancora quattro pezzi grossi: Rosetta e Caligaris, Baloncieri e Levratto (foto). Gli spagnoli hanno portato in Olanda gente di poca esperienza, e nessun pedatore proveniente da Madrid o da Barcellona. Per esempio: Zamora non c'è. L'assenza del 'Divino' può bastare da sola a illustrare l'umiliante sette a uno che porta l'Italia in semifinale. Monsù Poss, 'inviato speciale' de La Stampa, esulta: siamo gli unici europei rimasti in lizza. Poiché "nel 1924 a Parigi la Svizzera aveva classificato se stessa come campione europea dato che chi si trovava davanti ad essa era di provenienza americana, oggi noi potremmo per uguale considerazione fregiarci dello stesso titolo".
E fregiamocene!

1938
Lex burgundiorum

Les Parisiennes si disinteressano o quasi del football, ma inizia la Coppa del mondo voluta da un burgundo, quel Giulio Rimet inesausto appassionato ed escogitatore, e tocca andare al Parco dei Principi per veder giocare le rappresentative di paesi confinanti. Per onorare la corazzata del Reich - maledizione - opposta nel match d'apertura alla Svizzera. Bene, vogliamo essere neutrali e dunque parteggiamo per la Suisse, anche se con la Germania, da dieci anni a questa parte, ha sempre buscato. In effetti tutto sembra procedere secondo logica. I teutonici (in realtà una mista austro-tedesca, per via dell'Anschluss) producono il loro gollettino prima della mezz'ora, les jeux sont faits. E' a questo punto che sul loro glorioso orizzonte fa capolino la sagoma di André "Trello" Abegglen (foto), ginevrina stella del Servette. Un gol, l'inutile e sterile prolongation, ed è così necessario rejouer la partita. Trascorre una settimana, e Abegglen, altro gigante burgundo (oui, ja) nonché signore del lago e del fiume, trascina la simpatica comitiva rossocrociata a una clamorosa rimonta. E' proprio lui, infatti, ad assestare gli ultimi due colpi di spada alla boccheggiante armata hitleriana. Quattro a due.
Cineteca


1955
London XI

E' il battesimo della "Coppa internazionale delle città di fiere industriali" (vulgariter Coppa delle fiere), e anticipa di tre mesi l'avvio della prima Coppa dei Campioni. Il torneo si concluderà nel 1958: tre anni per disputare, complessivamente, diciassette partite. Strana competizione: dieci squadre iscritte, due elvetiche, due inglesi (ma una sola 'vera'), due tedesche (il Leipzig, nonché una rappresentativa della città di Francoforte farcita di pedatori dell'Eintracht), una spagnola (il Barça), una danese (il Copenaghen), una jugoslava (lo Zagabria), un'italiana (l'Inter). A Basilea, per il calcio d'inizio, si presenta un undici londinese composto da quattro giocatori del Chelsea, due dell'Arsenal, uno del Tottenham, uno del West Ham, uno del Fulham e due del Charlton Athletic. Atleti di club divisi da acerrime e pressoché secolari rivalità, in sostanza. Nessuno di loro militerà nell'estemporaneo London XI (che conquisterà la finale) sino all'ultimo giorno del torneo.  L'ouverture di Basilea fu monopolizzata da Clifford Holton, bomber dell'Arsenal che passerà al Watford giusto in tempo per perdersi la finale, e da Eddie Firmani, italo-sudafricano che a quella presenza non ne sommò altre, perché dall'autunno immediatamente successivo fu di scena sui campi della Serie A, prima con la maglia della Samp e poi con quella dell'Inter (sarà lui il primo centravanti di Habla Habla). A Sankt Jakob, Holton realizzò una tripletta, introdotta e fissata dai gol di Firmani. Prodezze dimenticate, delle quali nessuna immagine si riesce a trovare.


  • Vedi anche le partite del 4 giugno in Cineteca