Visualizzazione post con etichetta 1948. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 1948. Mostra tutti i post

5 agosto

1948
Il capolinea di Vittorio Pozzo

"E' stata una prova delle più disgraziate della squadra goliardica italiana. I ragazzi nostri non meritavano questa sorte per l'animo con cui hanno combattuto. A detta di tutti i critici inglesi presenti, essi sono stati superiori agli avversari tecnicamente. E' stata la mancanza di esperienza che li ha traditi". L'Italia (campione olimpica uscente) fu dunque eliminata al secondo turno nei Giochi di Londra. Per opera della Danimarca. Ad Highbury: cinque a tre, i due gol decisivi incassati nello scorcio di partita. Il virgolettato chiude un breve resoconto dettato da Vittorio Pozzo a 'La Stampa': l'ultimo firmato da lui nelle vesti (anche) di Commissario Unico. Dopo 87 partite, delle quali 60 vinte e solo 11 perse, e una serie impressionante di titoli. La successione non fu immediata e fu abbastanza complicata, come normalmente accade alle cose del calcio italiano: ma è una storia nota.
Tabellino 


1984
Hotel California

Facciamo un rapido conto: se si esclude l'edizione romana del 1960, cui partecipò per diritto di ospitalità, l'Italia del football non si presentava ai Giochi Olimpici dal 1952, quando venne facilmente schiantata al primo turno dall'Aranycsapat. Per la verità, non è che la qualificazione al torneo californiano del 1984 sia stata una marcia trionfale. Anzi: non ci fosse stato il boicottaggio ricambiato per cortesia politica dai paesi d'oltrecortina, i pedatori azzurri sarebbero ora sulle spiagge della Versilia o della Romagna. E invece trascorrono l'estate negli alberghi della West Coast; oggi si sono fermati a Palo Alto, ed eccoli che sbucano sul prato dello Stanford Stadium. La posta è grossa: un biglietto per le semifinali; l'avversario ostico e storico: il Cile. Bearzot non ha portato in America studentelli o dilettanti. Ha una signora squadra; gente che - per regolamento - non ha ancora disputato partite di Coppa del mondo, ma che avrà tutto il tempo (eccome) per farsi una certa esperienza al riguardo. Qualche nome? Walter Zenga, Franco Baresi, Pietro Vierchowood, Riccardo Ferri, Aldo Serena, Daniele Massaro; e anche il resto della truppa non è composto di matricole sconosciute. Tant'è. Sono arrivati ai quarti di finale battendo egiziani e americani, e perdendo (ma contava nulla) con il Costarica. Sempre di un solo gol - fatto o subito. E lo stesso accade col Cile. A Beniamino Vignola (foto), che alla Juve sta imparando i trucchi del mestiere da Monsieur Michel Platini, capita l'opportunità di battere un calcio di rigore - assai generoso - all'inizio del primo tempo supplementare, e non lo sbaglia. Partita orribile, un gol - s'era capito - basta sempre, e il Vecio adesso (come, al tempo che fu, il suo più grande predecessore, Monsù Poss) va all'inseguimento di una medaglia. Purtroppo, non la raggiungerà.
Tabellino | Il penalty di Vignola


1992
La nostalgia del Pep

Certo, non si può negare che al Pep le cose nel football siano andate bene. E' sulla scena da poco meno di un quarto di secolo, e ha sempre fatto il direttore d'orchestra, sin da ragazzino. Al Barça è stato un idolo - anzi, una leggenda -, in campo e in panchina. Nella Roja ha raccolto poco, ma per fortuna era ancora un under 23 quando a Barcellona fu allestito il mirabolante spettacolo delle XXV Olimpiadi dell'era moderna. Dunque lui c'è, guida un undici di discreta qualità che vince tutte le partite, compresa quella dei quarti di finale contro l'Italia, senza prendere nemmeno un gol. Una sola cosa dispiace al Pep: che tutte quelle belle partite si siano giocate a Valencia. Lui ha nostalgia di Camp Nou, dove però è in programma la finale. L'ultimo ostacolo sulla via di casa è il Ghana, e degli africani, in queste competizioni, è sempre meglio non fidarsi. Il Pep, ancora ben capelluto, sforna un assist su calcio piazzato a inizio partita, e la strada è subito in discesa ripida. A Barcellona lo stanno aspettando tutti, anche a loro è mancato, ma lui sta arrivando e non li deluderà.

12 aprile


1908
La bestia nera di Bruges

Molti cittadini di Francia si chiedevano che motivo ci fosse per allestire una rappresentativa nazionale di football. Perché si ponevano – scuotendo la testa mentre sfogliavano i giornali dove le notizie di sport guadagnavano sempre più spazio - questa domanda? Semplice: nel gioco del pallone la Francia subiva scoppole ripetute, riuscendo a vincere solo un paio di volte e del tutto casualmente contro la Svizzera. Erano disdicevoli e disonorevoli passivi a doppia cifra, in alcune circostanze. E allora ci riprovano contro il Belgio, a Colombes, nello stadio appena acquistato da Le Matin. Ma a Robert de Veen (foto) basta meno di mezz'ora per mettere in fuga parecchi dei 498 spettatori presenti. De Veen giocava nel FC Brugeois. Scese in campo sette volte contro i francesi, e tredici volte li castigò.
Un serial killer, degno di Simenon.
La preistoria del football internazionale è poesia dei numeri primi.
Tabellino | Robert de Veen: carriera internazionale

1948
L'antipatico

Nasce, a Viareggio, Marcello Lippi. Giocatore discreto, allenatore di grande successo. Trionfi nella Juve, e il quarto titolo mondiale con l'Italia. Un grande, senza dubbio. Ma anche un grande antipatico. Una primadonna, a scapito dei suoi giocatori. Ma anche uno senza peli sulla lingua. Come quando non riusciva a cavare un ragno dal buco, allenando la Beneamata. Era il 2 ottobre del 2000, e l'Inter aveva buscato a Reggio Calabria: "se fossi il presidente manderei via subito l'allenatore, poi chiamerei i giocatori e li attaccherei tutti al muro e gli darei dei calci in culo a tutti". Un ruvido gentleman.


1987
Un partido para olvidar

Strana formula, quella escogitata per la Primera División 1986-87. Le prime sei classificate si portano dietro i punti conquistati e rigiocano tutto in un nuovo girone de la muerte. Iniziano Real e Barça al Bernabéu. Sono divise da un solo punto. "El Barça fue recibido con una fuerte pitada, pero al final los reproches fueron compartidos por ambos equipos al ritirarse del campo" (Mundo Deportivo). Già. El Clásico finisce a reti bianche: evento rarissimo. In sostanza, "un partido para olvidar". 



  • Vedi anche le partite del 12 aprile in Cineteca

4 aprile

1903
L'armata calédone espugna Bramall Lane

Quattro nazioni, dal 1872, si contendono l’ege­monia an­nuale nel calcio britannico, cioè – a sentir loro – nel football di questo e di tutti i possibili mondi. Oggi si gioca, sfide decisive sono in programma. La pode­rosa Inghilterra è attestata a Sheffield, già di prima mattina e da molto lontano si odo­no le cornamuse e quell'orrenda melodia di Brosnachadh Bhruis. Gli albionici se ne infi­schiano del­la sca­ramanzia. Esatta­mente dieci anni or sono aveva­no affrontato gli scozzesi proprio qui, a Bramall Lane. Era solo un test-match, ma fu­rono duramente sconfitti. Perché stupirsi, in fondo. Accadeva, accadrà ancora, e non di rado. Attardata dopo quarantacinque minuti, la Tartan Army rinviene di prepoten­za e di fretta. A mezz’ora dal novantesimo (dunque a un'infinità di tempo dalla fine della partita) Ro­bert 'Bobby' Walker, implacabile cannoniere degli Hearts di Edimburgo, insacca il due a uno. Poi è la solita strenua, indomabile resistenza calèdone. La British Home Champion­ship fi­nisce con tre squadre a pari punti: Inghilterra e Scozia, na­turalmente, ma anche l’Irlan­da. Per regolamento, tutte e tre sono pro­clamate cam­pioni. Meritavano, d'altronde. 
E per i dragoni gallesi avanza qualcosa? Sì, un cucchiaio di legno.


1909
Clube do Povo

Tre ragazzi di San Paolo si trasferiscono a Porto Alegre, siamo ai primi del Novecento. Hanno una smodata passione per il football; forse non  abbastanza talento, bussano ovunque ma nessun XI li accoglie. O forse hanno il torto di arrivare dal Nord. Non si scoraggiano. Fanno da sé. Nasce così un club che vivrà una storia importante, fatta di pochi ma intensi momenti di gloria: lo Sport Club Internacional, appunto, di Porto Alegre.



1948
Passeggiata a Colombes

Monsù Poss porta gli azzurri, cioè sostanzialmente il Torino, a Parigi. Amichevole di routine con i galletti. Alla vigilia, in perlustrazione sul campo di Colombes, il commissario mostra ai suoi uomini la porta in cui nel 1924 Baloncieri fece un gol olimpico e decisivo a Zamora. Decide anche di usare lo stesso spogliatoio di quell'ormai lontanissimo giorno. E' scaramantico, ma non è detto che tema davvero di perdere. Vuole solo caricare la truppa, è tutta gente che di esperienza internazionale ne ha ancora poca. La stampa francese auspica e prevede una vittora che avrebbe eco mondiale. Difatti. Gli azzurri passeggiano: tre a uno.
Cineteca 


  • Vedi anche le partite del 4 aprile in Cineteca

14 marzo

1954
Arrivano i turchi

Apriamo a caso una pagina nella storia del calcio spagnolo?
Apriamola. E' una pagina nera?
Sì.
Che partita è?
Una partita valida per la qualificazione alla Coppa Rimet del 1954.
A quell'edizione la Spagna non partecipò, lo sanno anche i neonati.
Esatto. Non si qualificò, e perché? Perché il gruppo di qualificazione era difficilissimo.
Ah. Quante squadre?
Due.
Come due?
Sì, due: Turchia e Spagna. E dov'era la difficoltà? Nel regolamento. Due partite, e la Spagna vinse la prima a Madrid, quattro a uno. Poi andò a Istanbul, era appunto il 14 marzo 1954. A mezzanotte c'era già parecchia gente inquieta fuori dai cancelli dello stadio, dicono le cronache dei tempi, grande calca, rischio di schiacciamenti e dovette intervenire la polizia con gli idranti.
Va bene, ma la partita?
Vinse la Turchia, uno a zero. E dunque, in totale, quattro a due per la Roja. Sì, ma dicevo del regolamento. Una vittoria ciascuno, e dunque spareggio. Lo giocarono tre giorni dopo, a Roma. Ne riparliamo, forse.
Tabellino | Highlights


1948
A culpa inocente do Vasco

La prima edizione di quella che sarà la Copa Libertadores de América si gioca tutta a Santiago del Cile: sette squadre, girone all'italiana, si inizia l'11 febbraio e si finisce il 17 marzo 1948. Il match decisivo oppone Vasco de Gama (nella foto) e River Plate. C'è gente famosa in campo, soprattutto tra le file del River: bastino i nomi di Labruna e Di Stéfano. Finisce a reti bianche, e i brasiliani si aggiudicano matematicamente la coppa. Contro ogni pronostico: "orgulhoso River, base de sua Seleção Nacional, um conjunto milionário, arrogante, formado por jogadores ténicamente formidáveis, mas incapazes de entender a humildade como base moral de qualquer esporte. Aquele Vasco não podia surpreendê-los assim. Mas surpreendeu. Aquele Vasco não podia vencê-los assim, sem apelar para a violência e sem depender do apoio do juiz. Mas venceu".

1956
Abe, Lenstra

L'uomo che corre palla al piede si trova fuori dello stadio di Heerenveen, che è intitolato proprio a lui. Si chiama Abe Lenstra. Che da quelle parti sia una leggenda, è ovviamente superfluo dire - sebbene di trofei, ai suoi tempi, non abbiano visto nemmeno l'ombra. Fu anche un importante giocatore della nazionale olandese; per dire: ha quasi gli stessi numeri di Cruijff (33 gol, come lui, in 47 partite, una meno di Johan). Con la maglia arancione, il suo grande giorno si consumò a Düsseldorf, il 14 marzo 1956. Germania e Olanda per la prima volta di fronte dopo la guerra; un confronto che era abituale, un tempo, ma che 'normale' non è e non potrà più essere. I tedeschi erano poca cosa, tutto sommato, ma restavano i campioni del mondo in carica. Che soddisfazione per Abe: doppietta, due a uno, e vittoria che arriva e tornerà solo di lì a trent'anni.