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19 febbraio

1910
Apre il Teatro dei Sogni

Per il match di First Division tra United e Liverpool si inaugura Old Trafford. "The most handsomest, the most spacious and the most remarkable arena I have ever seen. As a football ground it is unrivalled in the world, it is an honour to Manchester and the home of a team who can do wonders when they are so disposed” (The Sporting Chronicle). Non andò bene ai Red Devils: in vantaggio di tre gol, furono rimontati e superati. Più che un sogno, un incubo.
TabellinoStoria di Old Trafford



1969
Clamoroso a Lisbona

Mentre il Milan pattina sul'erba innevata di San Siro ed è bloccato dai temibilissimi scozzesi del Celtic, in un altro quarto di Coppa dei campioni si è già alla resa dei conti. Il Benfica pare in condizioni smaglianti; è candidato a rinverdire i successi dei primi anni '60, ridimensionando perciò a chiacchiera la profezia di Guttmann. Infatti, opposto al proto-Ajax, aveva all'andata passeggiato ad Amsterdam: tre a uno. Ora, nell'imponente scenario dell'Estadio da Luz, c'è solo da archiviare la pratica. Senonché il giovane asso dei lancieri, il numero quattordici, non ha voglia di abbandonare così presto la competizione. Ci pensa lui, nella fase centrale del primo tempo, a portare i suoi sul tre a zero (incredibile!): nella foto, si sta rialzando, dopo essere arrivato su un pallone indeciso e maltrattato da deviazioni varie, insaccandolo di opportunistica prepotenza. Più tardi, invece, segnerà un gol di rara bellezza, convergendo da sinistra in slalom e piazzando la sfera nell'angolo. Capolavoro. Si capisce quel che diventerà, a breve. Il Benfica, tuttavia, è salvato dal solito Torres. Risultato speculare a quello dell'andata, e spareggio. E spettacolo.

5 febbraio

1910
El Cañoncito


Nasce, a La Plata, Francisco Antonio Varallo. Camperà cent'anni, il tempo necessario per vedere il suo record di gol nel Boca finalmente superato - accadde solo nel 2008. Raccolse vari titoli con  Los Xeneizes, e il campionato sudamericano del 1937 con la Selecciòn. "Y será muy justo que los hinchas del fútbol, cualquiera sean sus colores, sepan que usted honra a este deporte, a este juego y a esta pasión" (Julio Grondona).

1950
Le cose a lungo desiderate

Quarta di ritorno, la Juve ospita il Milan da capolista. I rossoneri inseguono a tre punti. Finisce sette a uno - per il Milan: tre gol Nordahl (nella foto), uno Gren, uno Liddas. "Vecchio diavolo d'un Milan. Così largamente ha vinto da guastare un tantino anche il sapore della vittoria, che clamorosa sarebbe stata in ogni caso, ed ora ha il gusto un po' marrano delle cose a lungo desiderate e poi troppo abbondevoli" (Gianni Brera).






1958
Last game


Non era del tutto rassicurante il due a uno rimediato a Old Trafford. Giocare a Belgrado, poi, non è mai facile per nessuno. Perciò i ragazzi di Matt Busby fanno un primo tempo a tutta birra: la Crvena zvezda è annientata, il pubblico ammutolito. Tre a zero, forse non vale nemmeno la pena di tornare in campo. Almeno non con la testa. I Babes si fanno raggiungere, ma poco conta. Per alcuni di loro la semifinale di Coppa dei campioni resterà l'ultimo traguardo raggiunto di un'esistenza eccessivamente breve.


1975
Una storia in un gol

E' una Roja senza stelle e senza risultati, quella che al Luís Casanova di Valencia affronta la Tartan Army in un match del girone che qualifica alla fase calda del Campionato d'Europa. Certo, aveva espugnato Hampden Park a novembre, ma gli scozzesi hanno sete di rivincita. Il morso dello squalo (Joe Jordan) è quasi letale, ma viene restituito dall'esordiente e pressoché sconosciuto Alfredo Megido Sánchez (nella foto). Un'apparizione, un gol: la sua storia è tutta qui.

1986
L'eccezione che conferma la regola


La regola vuole che fra Italia e Germania di solito vinca l'Italia. E' quel che succede nelle partite che contano davvero: finali e semifinali di campionati del mondo e d'Europa. L'eccezione riguarda le partite che non contano nulla. Così, al Partenio di Avellino, i tedeschi arano amichevolmente il campo di patate e riportano una vittoria esterna che mancava loro dal 1929. Bearzot (nella foto) non si preoccupa particolarmente, ma la sua truppa è logora, e i 'nuovi' hanno bisogno di tempo per farsi le ossa.
Tabellino | Highlights


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12 giugno

1910
La coppa del Centenario

Per festeggiare degnamente il centenario della rivoluzione di maggio e l'avvio del processo che portò il paese all'uscita dal Regno di Spagna, gli argentini organizzano un torneo di calcio. Una sorta di campionato del Sudamerica - e, come tale, piace sempre loro ricordarlo. Ovvio: lo vinsero. Parteciparono, oltre alla Celeste, le rappresentative di Uruguay e Cile; naturalmente il match decisivo per aggiudicare la Copa Centenario Revolución de Mayo vide affrontarsi, all'Estadio Gimnasia y Esgrima de Buenos Aires, le compagini rioplatensi, che avevano duramente randellato i poveri cileni, alle loro primissime esperienze pedatorie. Finì quattro a uno, nel tripudio della cancha. Juan Henrique Hayes, figlio di immigrati inglesi e stella del Rosario Central, fece il terzo gol, e fu il miglior bombardiere della coppa; l'onore degli uruguayani fu salvato da José Miguel Piendibene Ferrari (foto; le sue origini sono facili da indovinare), grandissimo fromboliere del Peñarol.
Tabellino

1927
Pochi applausi per il record di József Takács

Il trasferimento dal Vasas al Ferencváros ha messo di buon umore József Takács, e ben se n'è accorto chi ha trascorso il pomeriggio all'Üllői út. D'accordo, era una partita amichevole, ma è anche vero che lui - un autentico sfondareti - non è mai stato particolarmente brillante con la maglia dei Magyarok. Si ricordano ancora le partite giocate qui contro la Spagna e contro l'Austria; non vedeva né la palla né la porta. Oggi la musica è cambiata. Una prestazione memorabile, e il suo bottino costituisce un record che difficilmente sarà battuto: sei palloni messi alle spalle del famosissimo Maurice Cottonet, portiere del Cannes e della nazionale di Francia. Non si spiega, perciò, perché sia stato così breve l'applauso che il pubblico gli ha tributato quando, a tre minuti dalla fine, ha lasciato il campo e il posto a un compagno. "Sei gol? Solo? E chi ha segnato gli altri sette?".
Tabellino | Profilo (e statistiche) di Takács


1960
La coppa dei Libertadores

L'anno in cui - nel nome di Simón Bolívar, Francisco de Miranda, Antonio José de Sucre y Alcalá, Bernardo O'Higgins Riquelme, José Gaspar Rodríguez de Francia y Velasco, José Francisco de San Martín y Matorras, Manuel José Joaquín del Sagrado Corazón de Jesús Belgrano y Peri, e soprattutto di José Gervasio Artigas, José Fructuoso Rivera y Toscana nonché (ma certo) di Giuseppe Garibaldi (questa la formazione titolare dei Libertadores) - venne istituita e poi giocata la prima Copa ufficiale, l'ultima contesa (con gare di andata e ritorno) fu tra il Pinerolo di Montevideo e l'Olimpia di Asunción. Il primo match si disputò al Centenario; un solo gol fu realizzato - quello che decise la partita e la finale -, e portò la firma di Alberto Spencer (foto), "un ecuadoriano que con el tiempo se transformò en leyenda". E leggendari saranno, senza ombra di dubbio, i 1960s del Peñarol.
Tabellino


2014
Copacabana

Il sole deve ancora sorgere, dalle persiane filtra una luce abbastanza incerta, ha fatto molto caldo stanotte e - se potessi - dormirei per altre due ore, o anche tre. Ma squilla il telefono.
"Prontooooo", il solito urlo del solito amico. In sottofondo musica sudamericana.
"Indovina dove sono!"
E come faccio a saperlo.
"Va beh poi ti mando una foto".
Ovunque lui sia, la linea per fortuna cade. Provo a riprendere sonno, ma ormai la giornata entra nel vivo. Infatti ecco che si accende la radio. Si accende da sé, seguo le rassegne stampa. Distrattamente, però. A un certo punto, mi accorgo che si parla solo del Brasile. Brasile? Ecco cos'era quella musica: un samba! Oddio. Al via la festa del calcio, è il giorno dei mondiali, titolerebbe il più progressista dei nostri quotidiani in prima (e a piena) pagina.  Momento atteso da 200 milioni di persone. Caspita.
Squilla di nuovo il telefono. E' la moglie del mio amico.
"Ovunque lui sia, con me ha chiuso".
Non sarebbe la prima volta, commento.
Più tardi, acceso il computer, trovo una sua mail con file allegato. Una bella foto. La tengo qui, per ricordo.


  • Vedi anche le partite del 12 giugno in Cineteca

15 maggio

1910
Epifania dell'Italia

Epifania della nazionale italiana. All'Arena civica, in maglia bianca; di fronte c'è la debole équipe che rappresenta il football di Francia (sì, maltrattavano il pallone anche loro, poveracci), valeva davvero la pena di invitare i cugini. Squalificato il blocco dei vercellesi [vedi: il rifiuto di disputare lo spareggio costò loro la sanzione], l'XI è zeppo di pedatori militanti nei club di Milano. Fu un comodo successo - sei a due, principale protagonista Pietro Lana (foto), primo ad entrare "nell'albo dei cannonieri azzurri" -, ed "ebbe l'effetto di suscitare euforia in un ambiente di per se stesso incline alle repentine esaltazioni e ai facili scoramenti" (Antonio Ghirelli). Difatti, a distanza di pochi giorni, ci penserà la forte Ungheria a ridimensionare les italiens. Dalle stelle alle stalle.
Tabellino


1957 
C'è un vecchietto in Danimarca

Per uno come lui, non è detto che Copenaghen fosse il posto migliore dove togliersi definitivamente di dosso la maglia dei Three Lions. Difatti non l'aveva programmato: fu Walter Winterbottom a non chiamarlo più, per tutte le partite successive. Largo ai giovani: quarantadue primavere sulle spalle possono giustificare il turn-over. Non che fosse scaduto di condizione, anzi: Stanley Matthews era ancora brillante, e nei match di qualificazione al mondiale di Svezia aveva dato il suo più che onesto contributo. Tant'è. Vince - anzi stravince - la sua ultima partita, e saluta senza salutare avendo raccolto la miseria (tutto sommato, per uno così longevo) di 54 caps
1968
Il paradiso in attesa dello United

Uno era grande amico e sodale di Bobby Charlton - si mise in affari con lui quando la spelacchiata leggenda traslocò a Deepdale; l'altro era sopravvissuto al disastro di Monaco, giocò ancora a lungo nello United, ed è fra i pedatori che possono vantare più di 500 presenze nel club. Rispettivamente: David Sadler e William Anthony ("Bill") Foulkes. Eclettico l'uno (poteva indifferentemente giostrare da difensore centrale, da centrocampista e da punta), solido centre-back l'altro. Non godevano di grandissima considerazione internazionale; in due raccolsero la miseria di cinque caps nella rappresentativa di Sua Maestà. Furono loro però che, in cinque minuti e sullo scorcio di partita, raddrizzarono la barca dell'UTD, che i Blancos avevano cannoneggiato nel primo tempo, vanificando in potenza lo striminzito 0 a1 subito nella semifinale di andata della Coppa dei campioni a Old Trafford. Una scomposta zampata sottomisura di Sadler (foto) e un diagonale velenoso di Foulkes (su assistenze di George Best) impattarono il Real. Gli inglesi volavano in finale, preparandosi a scalare il paradiso del football europeo.
Cineteca


1985
Lonely Boy

L'ultima stagione di Johann K al Rapid Vienna riporta il glorioso club austriaco - come si suol dire - agli onori delle cronache pallonare d'Europa. Al De Kuip, per la finale di Coppa delle coppe, ci sono i grün-weißen insieme all'Everton. Johann "Hans" Krankl ha appena sfornato un hit gettonatissimo, una terribile cover di Paul Anka (in versione deutsche), ma in campo si mette a cantare quando sugli spalti sono rimasti solo i supporters dei Toffees, in attesa della cerimonia di premiazione. Chissà se ha ricevuto qualche applauso.



2002
Il magico colpo di Zinedane


Il dream team madridista, guidato da Vicente del Bosque, si può avvicinare alla "decima". In finale di Champions incrocia ad Hampden Park - dopo aver estromesso Barça e Bayern - i tedeschi del Leverkusen, una buona squadra con pedatori in fase di grande crescita. Ma l'asticella è troppo alta per loro, che non erano mai andati così lontano. Ciò nondimeno, quella dei Blancos non è una passeggiata, e la "nona" entra nella storia del pallone solo ed esclusivamente per merito di Zizou. Sullo scorcio del primo tempo, un mezzo campanile sganciato da Roberto Carlos in eretistica percussione sulla fascia sinistra si abbassa dalle parti del francese, appostato al limite dell'area. La coordinazione è perfetta, e il colpo a volo di sinistro uno spot consegnato gratuitamente all'Uefa per gli anni a venire. E' il gol che inchioda il risultato (due a uno) e (per qualche anno) l'albo d'oro europeo del Madrid.
Cineteca | La magia di Zizou

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24 aprile

1910
Lo spareggio burletta

L'epilogo del campionato federale 1909-10 è burrascoso. Pro Vercelli e Internazionale devono spareggiare, avendo concluso il torneo alla pari. La federazione fissa la data, la Pro ha i suoi impegnati in un torneo militare, e ne chiede lo spostamento. Rifiutato. Al Campo 'Principe di Napoli' giocano dunque "11 poderosi atleti dell'Internazionale" (foto), cui i vercellesi - per ripicca - oppongono "11 minuscoli campioni": i ragazzini della cantera, in sostanza. "Vi erano elementi di undici anni, e fra gli altri Rampini che oltrepassa di poco il metro di altezza" (La Stampa). Finì dieci a tre per i lombardi, che così - con poca gloria - si aggiudicarono il loro primo titolo italiano.



1968
Ilija spenna i galletti

È la grande giornata di Ilija Petković. La Yugoslavia ospita i francesi al ‘Marakana’ di Belgrado, per un quarto europeo ancora aperto dopo l’uno a uno di Marsiglia del 10 aprile precedente, e Ilija (velocissima ala destra dell’OFK) fa la sua prima apparizione in nazionale. Dopo poco più di mezzora aveva già infilato due volte Aubour, contribuendo da protagonista assoluto a spennare con un pesantissimo 5-1 i galletti francesi, portando così la Yugo alla fase decisiva del torneo che si giocherà in Italia, dove – come si sa – eliminerà l’Inghilterra campione del mondo prima di vedersela con i padroni di casa nella finale.
Tabellino | Highlights


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10 aprile

1910
HablaHabla

Nasce, a Buenos Aires, Helenio Herrera Gavilàn - ma non c'è da essere troppo sicuri, sulla data e sul luogo. La sua vita sarà romanzesca; diventerà un entrenador a suo modo prototipico, per alcuni anni il più pagato e il più famoso del mondo. Allena la Francia, la Spagna, l'Italia; il Barça, e naturalmente l'Inter. "Nel calcio nessuno ha sempre ragione; nessuno ha sempre torto. Helenio ha dato la sua impronta a un'epoca. Ha vinto molto e anche molto perduto ma, tutto sommato, la sua è la figura d'un vincente. E come tale può dire nel calcio quel che gli aggrada: nessuno dei suoi molti figli perderà il pane per un pronostico mal azzeccato" (Gianni Brera).
Biografia (Brera) | Storie di calcio (Brera)



1974
Inatteso acuto del povero diavolo

Il povero diavolo viene da una serie di imbarcate sensazionali. Una manita nel derby, i sei schiaffi dell'Ajax, e un impressionante filotto di sconfitte in campionato. E stasera, a San Siro, con mezza squadra in infermeria, se la vede col Borussia - certo, quello che rifilò sette schiaffoni e una lattina ai cugini. Nereo ha lasciato, in panca ora c'è il Trap, alle sue prime esperienze. E' la semifinale di andata della Coppa delle coppe. Trap deve schierare Lanzi e Turone, e financo Ottavio Bianchi al posto del Golden. Come può sperare di cavarsela contro quei tedeschi invasati, anche se l'amazzone è emigrato a Madrid? E invece se la cava, e benone. Bigon e Chiarugi, due a zero. Ultimo acuto dei rossoneri in Europa, se ne riparlerà negli anni della Milano da bere.

1991
Notti slave

Se batti il Bayern in semifinale di Coppa dei campioni, e soprattutto se sbanchi l'Olympiastadion, significa che vali qualcosa. Non che ci fossero dubbi: era una Stella piena di stelle. Due anni prima, il Milan se l'era vista brutta, ma Eupalla fece scendere la nebbia su Belgrado e pretese un'altra partita. La ruota però gira anche nel football. Nella notte di Monaco, la Stella sembrava spacciata. Alla vigilia. E anche alla fine del primo tempo. Non era forse un Bayern scintillante di gioco e di nomi: concesso il contropiede a Pancev e Savicevic (foto), perse il match casalingo e preparò la gita all'inferno del Marakana con poche speranze di tornare vivo in Baviera.



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3 aprile

1905
Xeneizes

Un gruppo di italiani emigrati a Baires, insieme ad alcuni indigeni de "La Boca" (là dove il Riachuelo si tuffa nel Rio de la Plata) fonda un club di calcio. Nel tempo, diventerà l'XI più titolato del Sudamerica, e tra i più importanti al mondo: il Club Atlético Boca Juniors.


1910
Eugene Kipp

Non c'è dubbio che sia lui, il miglior giocatore del Reich: Eugene Kipp. Milita nei Kickers di Stoccarda, la sua città. Ha vinto qualche torneo regionale. E' regolarmente convocato per la rappresentativa nazionale. E' stato lui a firmarne la prima vittoria, contro la Svizzera, a Karlsruhe, nell'aprile del 1909. Ora, è ancora lui, con una doppietta, che regala un successo in terra elvetica, il primo fuori dei confini. A Basilea. Giorni di gloria, ma il destino è in agguato. Perderà una gamba sul fronte occidentale, a Ypres, nell'ottobre del 1915. Altre ferite di guerra gli accorceranno la vita.

1957
Un mesto addio

L'ultima maglia verdeoro non portò fortuna a Zizinho. Avrebbe alzato da capitano la Copa América, se la Seleçao fosse riuscita a battere l'Argentina, all'Estadio Nacional di Lima. E invece gli toccò masticare tristezza, ancora una volta. Gli angeli dalla faccia sporca travolgono il Brasil, tre a zero e nessuna discussione. La smorfia malinconica di Tomás Soares da Silva racchiude pensieri rivolti al passato, alle occasioni sprecate, a un talento che avrebbe forse meritato di più. Poteva essere grande come Pelé. "Invece Zizinho reca il marchio della sconfitta, mentre Pelé simboleggia l'era dei trionfi mondiali" (Alex Bello).
1982
Il vecchio e il giovane
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Johan Cruijff sta per finire la sua luminosa parabola a due tempi nell'Ajax; il club ha matematicamente conquistato il ventesimo titolo nazionale, e ospita nella penultima di Eredivisie il modesto e tranquillo Nec Nijmegen. Sembra un match senza storia: e infatti lo è, perché i lancieri onorano la festa con un perentorio cinque a zero. Tuttavia, qualcosa accade. Nel secondo tempo, il grande Johan non torna in campo; un bel gol, del resto, l'ha regalato ai suoi fans. Rimane negli spogliatoi per fare la doccia e prepararsi come si deve alla festa. Al suo posto, un ragazzino. Naturalmente all'esordio. Marco Van Basten (foto) giocò con la tranquillità di una vecchia volpe, entrando per la prima volta nel tabellino.
Il capitano della quinta

Si spegne, a Madrid, José María Martín Zarraga. Basco, energico centrocampista, cattivo il giusto - cioè molto: ma non fu mai espulso, perché giocava nel grande Real Madrid. Già. Di quell'undici epocale era un elemento indispensabile. Vinse perciò tutte le Coppe dei campioni esposte nel museo della Casa Blanca, le prime nella storia della competizione. La migliore, per lui, fu l'ultima. "Muchachos, la mano de un hombre tiene cinco dedos; las personas tienen cinco sentidos; nosotros ya tenemos cuatro, vamos a por el quinto”, disse Bernabéu ai suoi uomini negli spogliatoi di Hampden Park, prima della finale con l'Eintracht. Finì sette a tre, e furono le mani di Zarraga a sollevare la coppa. Era il capitano.
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