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30 settembre

1945
Attenti a quei due

Dopo il festoso ritorno del pallone del 19 e del 20 agosto, l'Ungheria è di nuovo in campo. Sono cresciuti parecchi talenti nel paese, durante la guerra. E ora vengono messi alla prova. Oggi, all'Üllői út, si presenta la Romania, un avversario certamente non irresistibile. Fra le altre cose, c'è da vedere come se la cava quell'attaccante di un club minore (lo Zuglói Herminamező di Budapest), e come se la intende con il mancino diciottenne del Kispesti, quello che ha già esordito in agosto. Hidegkuti e Puskás giocano insieme oggi per la prima volta, e la loro storia sarà molto lunga. Senza storia è invece questa partita: finisce sette a due, e loro ne segnano un paio a testa. Nella penombra del dopoguerra sta nascendo un XI meraviglioso, composto di pedatori formidabili. Presto metterà a ferro e fuoco l'Europa intera.
Tabellino

Eddie Firmani
1959
La prima volta del Barça a San Siro

I catalani vengono a Milano per difendere il roboante quattro a zero di Camp Nou (siamo ai quarti di Coppa delle fiere), Helenio Herrera e Luisito Suarez hanno l'occasione di dare un'occhiata a quello che nelle prossime stagioni sarà il loro palcoscenico. San Siro non è strapieno, ma certamente è curioso. La partita è sostanzialmente amichevole e divertente. Ma come giocava il Barça? "La caratteristica del Barcellona è stata la grande vivacità del ritmo, durato ininterrottamente per 90 minuti. Non combinazioni di grande rilievo, ma un'azione minuta, insistente, a passaggi corti e spostamenti minimi. Raramente veniva effettuato un allungo su un attaccante libero, tutti gli uomini restavano costantemente legati a una azione uniforme, di fitta trama. In tutti gli uomini una sicurezza assoluta nel controllo della palla. Non è mai accaduto di vedere il pallone, anche nei passaggi più forti, staccarsi più d'una spanna dal piede, e il tocco che ne seguiva trovava sempre un compagno piazzato pronto a riceverlo. Fallito l'attacco tutti retrocedevano per tornare quindi ad avanzare compatti, legati sempre a quel filo ideale che fa muovere sincronicamente i giocatori che si capiscono" (Ettore Berra, 'La Stampa', 1° ottobre 1959). Ma allora il tiqui-taca l'aveva già inventato Helenio!
Tabellino 


1970
La partita dell'amicizia

Il grande Brasile torna il campo. Dev'essere festeggiato il terzo titolo mondiale, la Coppa Rimet ormai è loro per sempre, e dunque: tutti al Maracanã. La solita folla immensa: centocinquantacinquemila spettatori paganti (si suppone). E' definita la partita del ringraziamento, e la nazionale del Messico è l'ospite prescelto. Già: i brasiliani ringraziano così i mangiatortillas, che li hanno sostenuti e incoraggiati nelle (non) difficili sfide di giugno, del resto per fortuna loro (dei messicani) le due rappresentative non si sono incrociate durante la manifestazione, né sarebbe stato possibile se non per la finale. Certo, in tal caso la musica sugli spalti sarebbe stata molto diversa. A ogni modo la Seleçao scende in campo nella stessa, medesima formazione che aveva sbaragliato gli Azzurri. Manca l'acuto di Pelé: pazienza. Del resto un paio di assist li ha cavati dal suo repertorio, insieme a svariati altri virtuosismi. Finisce solo due a uno. Giusto così. Gli ospiti non vanno mai umiliati, specie se li si invita per ringraziarli di qualcosa.
Cineteca

20 agosto

1945
Il battesimo dell'Aranycsapat

Dopo quasi otto anni, a Budapest c'è aria di festa. Sì, la guerra è finita e ne è già iniziata una diversa ma senza bombe, e perlomeno c'è una partita che si può tornare a giocare. In decine e decine di sfide si erano affrontate Austria e Ungheria, dall'inizio del Novecento. L'ultima, il 10 ottobre 1937.
Poi, si sa.
Il 19 e il 20 agosto 1945 torna il Wunderteam, perché è tornata ad esistere l'Austria. Karl Zischek e Karl Szestak rivestono le vecchie casacche, e chissà quale e quanta sarà stata per loro la gioia, l'emozione di questa vita che ricominciava a fluire 'normale', come normale era stata da sempre una partita al pallone fra queste due squadre.

Per gli ungheresi, il 20 agosto, gioca un diciottenne di casa, promettente attaccante del Kispest - club che verrà presto ridenominato, e che a tutti è più noto come Honvèd -, si chiama Ferenc Puskás (foto), è all'esordio, e il suo esordio è anche il battesimo dell'Aranycsapat. A Biró servono solo dodici minuti per segnare il suo primo gol.
In quel preciso momento, iniziava una nuova era nella storia del football.

[Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]
Tabellino | Cineteca: la partita del 19 agosto


1983
La lenta risalita dello United

Apertura della nuova stagione a Wembley: per il Charity Shield è in cartellone la super-classica del football inglese, i rossi di Manchester contro i rossi di Liverpool; sulla carta non ci sarebbe partita, poiché in questi anni lo squadrone del Merseyside domina nel Merry Kingdom e anche oltre i suoi confini. Paisley ha lasciato la panca al suo assistente, Joe Fagan, mentre Ron Atkinson sta mettendo solide basi per il ritorno dello United nell'élite del football britannico - e se oggi porta i suoi a Wembley, è perché qualche mese fa hanno alzato trionfalmente la FA Cup. Il giocatore simbolo di questa pur lenta rinascita è Bryan Robson (foto), calciatore tra i più atipici dei 1980s, uno che vaga per tutto il campo ma 'vede' la porta spesso e volentieri grazie a inserimenti improvvisi e folgoranti, il cui senso è quello di spedire palloni inattesi alle spalle dei portieri. E' così, infatti, che sorprende la difesa dei Reds: uno a zero. Ma gli piacciono anche le mischie sottoporta, perché ha riflessi rapidi e sa capire prima degli altri dove rimbalzerà la sfera: è così, infatti, che punisce ancora la difesa dei Reds: due a zero. Well done, Robbo!