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5 febbraio

1910
El Cañoncito


Nasce, a La Plata, Francisco Antonio Varallo. Camperà cent'anni, il tempo necessario per vedere il suo record di gol nel Boca finalmente superato - accadde solo nel 2008. Raccolse vari titoli con  Los Xeneizes, e il campionato sudamericano del 1937 con la Selecciòn. "Y será muy justo que los hinchas del fútbol, cualquiera sean sus colores, sepan que usted honra a este deporte, a este juego y a esta pasión" (Julio Grondona).

1950
Le cose a lungo desiderate

Quarta di ritorno, la Juve ospita il Milan da capolista. I rossoneri inseguono a tre punti. Finisce sette a uno - per il Milan: tre gol Nordahl (nella foto), uno Gren, uno Liddas. "Vecchio diavolo d'un Milan. Così largamente ha vinto da guastare un tantino anche il sapore della vittoria, che clamorosa sarebbe stata in ogni caso, ed ora ha il gusto un po' marrano delle cose a lungo desiderate e poi troppo abbondevoli" (Gianni Brera).






1958
Last game


Non era del tutto rassicurante il due a uno rimediato a Old Trafford. Giocare a Belgrado, poi, non è mai facile per nessuno. Perciò i ragazzi di Matt Busby fanno un primo tempo a tutta birra: la Crvena zvezda è annientata, il pubblico ammutolito. Tre a zero, forse non vale nemmeno la pena di tornare in campo. Almeno non con la testa. I Babes si fanno raggiungere, ma poco conta. Per alcuni di loro la semifinale di Coppa dei campioni resterà l'ultimo traguardo raggiunto di un'esistenza eccessivamente breve.


1975
Una storia in un gol

E' una Roja senza stelle e senza risultati, quella che al Luís Casanova di Valencia affronta la Tartan Army in un match del girone che qualifica alla fase calda del Campionato d'Europa. Certo, aveva espugnato Hampden Park a novembre, ma gli scozzesi hanno sete di rivincita. Il morso dello squalo (Joe Jordan) è quasi letale, ma viene restituito dall'esordiente e pressoché sconosciuto Alfredo Megido Sánchez (nella foto). Un'apparizione, un gol: la sua storia è tutta qui.

1986
L'eccezione che conferma la regola


La regola vuole che fra Italia e Germania di solito vinca l'Italia. E' quel che succede nelle partite che contano davvero: finali e semifinali di campionati del mondo e d'Europa. L'eccezione riguarda le partite che non contano nulla. Così, al Partenio di Avellino, i tedeschi arano amichevolmente il campo di patate e riportano una vittoria esterna che mancava loro dal 1929. Bearzot (nella foto) non si preoccupa particolarmente, ma la sua truppa è logora, e i 'nuovi' hanno bisogno di tempo per farsi le ossa.
Tabellino | Highlights


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30 dicembre

1975
Gaetano e Kritikopoulos

Fossi in te, Gaetano, incrocerei le dita. Già ti tocca prendere il posto di Giacinto - e si dice che lo spogliatoio mugugni di fronte alla rimozione del monumento -, ma come se non bastasse per questa prima partita in azzurro ti troverai di fronte un centravanti greco che non esiste e perciò approfitterà di ogni tua distrazione, di ogni tua incertezza per dare ragione a coloro di cui è l'emanazione. Sai come l'hanno chiamato? Kritikopoulos. Capirai dunque che si tratta solo di un fantasma, un riflesso animato di coloro che, in Italia, ti ritengono inadeguato. Di coloro che attendono solo una tua scivolata impropria, un buco, un passaggio sbagliato per attaccare te e questi due poveri cristi che cercano di tenere su la baracca e di darle un senso - parlo di Bernardini e Bearzot. Mantieni la calma, come al solito. Ci saranno comunque altre, innumerevoli occasioni. Magari non diventerai forte come Beckenbauer - al quale ti accostano i maligni, proprio allo scopo di bruciarti alla svelta -, ma certo diventerai (come lui) un modello. Un giocatore pressoché inimitabile.
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1979
Il centesimo gol

GB Fabbri gli ha dato un saggio consiglio. Gioca alla Di Stéfano, un po' indietro, te lo ricordi Di Stefano, no? Ma certo che se lo ricorda, è un classe '48, da bambino sarà stato uno di cui ha come minimo sentito dire ogni sorta di meraviglia. Così lui, giocando alla Di Stéfano, dopo nove minuti sbuca sul secondo palo, ignorato da tutti, arrivato fin lì in incognito - oltretutto è un piccoletto, non è che di testa la prenda sempre -, e sblocca la partita (foto). Ah, particolare non secondario: è il suo centesimo gol. Cento gol in Serie A non sono uno scherzo. Ha faticato molto ad arrivarci. Sono anni che segna col contagocce. Il pubblico lo applaude. E' il pubblico del comunale, il suo. Veste ancora una maglia bianconera, ma oggi ne indossa una azzurra, la seconda maglia dell'Ascoli. Pietruzzo Anastasi, 31 anni, inaugura la piccola goleada marchigiana di fine d'anno sul campo della Juventus e si toglie una grande soddisfazione. L'avvocato era sceso a salutarlo negli spogliatoi prima del calcio d'inizio. "L'ho salutato con affetto e debbo dire che la cosa mi ha fatto un mucchio di bene". L'avvocato dava sempre la carica ai 'suoi' giocatori.
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1980
Sintonizzarsi o no?

Cosa faccio, mi sintonizzo o non mi sintonizzo, alle 22? Inizia la Copa de Oro de Campeones Mundiales, inizia al Centenario, quale teatro migliore? Scende in campo la storia, amigos. Laggiù però c'è un regime militare, ha perso il plebiscito ma è rimasto in serpa. Mi sintonizzo o no? Oltretutto, tra i Campeones Mundiales non ci sono gli inglesi. Hanno dato forfait, mica è una novità. Peccato: poteva esserci Uruguay-Inghilterra ad aprire, il padre contro la madre del football, è invece c'è l'Olandetta di questi tempi, senza più assi, l'Olanda che non vince più nemmeno una partita, che ha fatto pena agli europei giocati a casa nostra. Mah, non so se mi sintonizzo, anche perché non ho voglia di vedere Mike Bongiorno fingere di commuoversi dagli studi di Canale 5, sì è la prima volta che trasmettono una partita in diretta, qui siamo in Lombardia e che diamine, la rivoluzione è cominciata e non mi va di farmi sommergere dagli spot pubblicitari. Facciamo così. Vado a dormire, e domani guarderò gli highlights in differita, senza pubblicità.

7 dicembre

Bernardus Muller in cerca di varchi
1966
La partita nella nebbia

"Tutti dicevano che avremmo perso, ma alla fine del primo tempo eravamo in vantaggio per 4 a 0. La partita aveva rischiato di essere rinviata a causa della nebbia; nessuna delle due squadre era soddisfatta della visibilità in campo, ma giocammo lo stesso. Massacrammo gli inglesi con la nostra tecnica. Ad Amsterdam finì 5-1 e mi ricordo ancora Bill Shankly, il loro allenatore, sostenere a fine partita che si era trattato di un semplice imprevisto, e che a Liverpool avrebbero vinto 7-0. Questa partita fu molto importante per noi anche perché facemmo abbassare la cresta a Shankly, che sosteneva di non aver mai sentito parlare dell'Ajax (anche se fu più maligno Max Merkel del Norimberga, il quale disse che pensava l'Ajax fosse un detersivo). Fino ad allora non ci conosceva nessuno a livello internazionale. Dopo cambiò tutto" (Johan Cruyff).
Cineteca


1975
Il derby di Sant'Ambrogio

Curioso, davvero. Nella sua pur millenaria storia, il derby milanese si giocò una volta sola il giorno della festa patronale. Appunto, nel 1975. Non per caso.
San Siro mezzo vuoto, le squadre a metà classifica. Rivera marcava visita, i grandi satanassi nerazzurri erano prossimi all'asfissia agonistica, ma la partita - proprio perché declassata a evento da festa paesana - risultò gradevole, i giocatori in campo non si risparmiarono, Giuseppe Pavone (ala destra dell'Inter) ci rimise un ginocchio, Benetti usciva barcollando ma vivo dai tackle che portava e che gli venivano portati, e si dice che Giacomo Libera (subentrato a Pavone) stabilisse in quell'occasione un record difficilmente eguagliabile: un solo pallone toccato nei trentotto minuti che rimase in campo, ma in posizione di fuorigioco.
A testimoniare il declino delle due compagini basterà il nome di colui che sul tabellino incise il proprio nome per primo: Calloni (foto). Già, proprio lui, lo sciagurato Egidio.
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15 ottobre

1975
Il vizio del cartellino giallo

E' la partita che non si vide al mondiale del '74. Le due squadre più belle erano state Olanda e Polonia - ma i tedeschi furono più forti di entrambe. Oggi dirimono una questione interessante: chi procede sul cammino che porta alle finali del campionato d'Europa? Classifica alla mano, non c'è scampo. I terzi incomodi, gli italiani, sono inferiori, non segnano mai, praticamente risultano già esclusi. L'Arancia Meccanica 'sente' l'importanza della partita, è trascinata dall'Olimpico di Amsterdam verso un tre a zero senza alibi per i polacchi. Knobel - subentrato a Rinus Michels - si concede anche il lusso di sperimentare gente nuova, tanto ci sono i due 'catalani', Neeskens e Cruijff, a governare gioco e palloni. La gara, per quanto delicata, è sobria. L'arbitro (Károly Palotai, ungherese, nella foto) trascorre una giornata tranquilla. Estrae solo un cartellino: indovinate per chi ... Sì, avete indovinato.
Cineteca

1977
Il poker di Penna Bianca

Aveva raggiunto la piena maturità; il suo repertorio - fatto soprattutto di fisico, intelligenza, tempismo e precisione sui palloni alti - si era venuto arricchendo, la sua tecnica di base raffinando. Roberto Bettega si avviava ad essere uno degli attaccanti più forti e completi del mondo. I quattro palloni insaccati alla Finlandia, nel suo stadio, in un match per la qualificazione al mundial d'Argentina, portavano il suo score totale a tredici gol nelle dodici apparizioni in maglia azzurra. Una media strabiliante, che lo avrebbe condotto in breve a capeggiare la speciale classifica dei bomber nazionali. In Argentina giocherà grandi partite, l'intesa con Pablito era perfetta - che coppia di assi! Poi, la sfortuna ci mise del suo. Penna Bianca non invecchiò benissimo, subì parecchi infortuni, e in nazionale smise praticamente di essere decisivo. Le sue promesse furono mantenute solo a metà

27 settembre

1918
The smiling footballer

Se vi capita di passare da Havrincourt, fate una capatina al cimitero britannico; qui riposano i soldati caduti sul fronte, durante la Grande Guerra. Cercate, allora, i nomi di coloro che appartenevano al King's Liverpool Regiment e morirono a Pas de Calais il 27 settembre 1918, e fermatevi quando troverete quello di Joseph 'Joe' Dines. Era un maestro elementare, e un calciatore non professionista; ma fece parte della rappresentativa britannica che vinse l'oro alle Olimpiadi di Stoccolma, nel 1912, e giocò anche qualche partita con la maglia del Liverpool. "He was described as 'the smiling footballer', a thoughtful young man, a commanding half-back and master of the art of dribbling". Lasciate allora per lui, là dove riposa, un pensiero e un sorriso.
Profilo | LFCHistory.net


1975
I campioni di un calcio empirico e imparaticcio non sanno domare la renna

"Dove possiamo nasconderci? In un fosso, in un vicolo buio, nella cuccia del cane? Altro che cavalcare la tigre: questa povera Nazionale (senza filtro e di pessimo tabacco) non sa neppure domare una renna". Questa povera Nazionale non è riuscita a cancellare il doppio zero sul tabellone dell'Olimpico, e la renna - cioè la Finlandia - ha fatto vedere i sorci verdi al domatore. Arpino ["La Stampa", 28 settembre 1975, pag. 18] commentava così lo scialbo pareggio. Ma il suo amico Bearzot aveva lanciato l'allarme, i giocatori sono questi, e se la critica supera una certa soglia dovremo aspettare la prossima generazione per avere una squadra decente. Questi giocatori, con poche eccezioni, non sono atleti - sostiene Vecchiet ("siamo troppo indietro come preparazione a livello scientifico", d'altra parte va di moda il totaalvoetbal, che richiede performance fisiche sconosciute al nostro calcio "empirico, imparaticcio", che non sa darsi "una base di studio"). Beh, quasi metà degli undici scesi in campo non avrà futuro in azzurro, per un motivo o per l'altro (Rocca, Roggi, Pecci, Morini, Savoldi). E quelli migliori sono ancora gli anziani - Zoff e Facchetti, per dire. Prendiamo atto e dogliamocene. "Facciamo pena. Ma, asciugata la lacrima, o si lavora o manderemo le pecore a pascolare negli stadi". Il pessimismo di Arpino sarà smentito dai fatti. D'accordo, l'Italia ha fatto pochissima strada nel campionato d'Europa che finirà nel 1976, ma il suo girone (con Olanda e Polonia) era terribile. In fondo al tunnel, tuttavia, ci sarà luce intensissima.

10 settembre

1975
Vento polacco

A noi ragazzi che vivevamo di calcio, il mondiale tedesco aveva regalato l'Olanda e la Polonia. A dirla tutta, eravamo certi che queste fossero le due nazionali che avrebbero meritato di giocarsi il titolo all'Olympiastadion: ma un posto lì era già prenotato dai padroni di casa: peccato. Poi, però, è venuto in nostro soccorso il sorteggio del gironcino di qualificazione dell'europeo. Polonia e Olanda nello stesso gruppo, insieme (ohibò) all'Italia. La sfida che non si giocò per il mondiale andò in scena a Chorzów, l'assetto delle due squadre era grosso modo ancora lo stesso, sulla panca olandese però non sedeva più Michels ma l'oscuro George Knobel, anche lui transitato dall'Ajax. Diretta televisiva sul primo canale: giusto, siamo direttamente interessati. La si può fare breve: i polacchi hanno travolto gli avversari colpendoli con micidiali azioni di contropiede, vanificando il loro lento e insistito palleggio, mettendo Cruijff fuori dal match. Una dimostrazione di potenza atletica inimmaginabile, poiché gli olandesi si ritenevano difficilmente superabili su questo piano. Una magistrale lezione di tattica. Ammirati, i giornalisti italiani fanno due conti, e si accorgono che qualora l'Italia vincesse in Polonia e battesse in casa l'Olanda potrebbe addirittura qualificarsi. Sì, certo, come no ...



1985
La tragica notte di Ninian Park

Ninian Park, Cardiff. Tutti hanno visto, anche se è stato dopo la fine della partita. Galles-Scozia, posta alta, una possibile qualificazione ai mondiali dell'anno che verrà. Un pari che avvantaggia la Scozia, un pari sudatissimo, ottenuto a dieci minuti dal triplice fischio. Tensioni. Emozioni. Era difficile resistere, e lui non ce l'ha fatta. Tutti l'hanno visto, mentre si portava le mani al petto un attimo prima di crollare a terra. Era il coach scozzese, un grande uomo di calcio: Jock Stein. Si spense così, sul campo di battaglia, al termine dell'ennesima battaglia, la vita e la carriera di colui che aveva portato il Celtic in cima all'Europa.
Profilo | Glasgow Herald (11 settembre 1985)

9 settembre


1970
Gli occhiali di van Daele

Come avrebbe fatto Joop van Daele (foto) a vedere e centrare la porta, con un bel rasoterra da fuori area, se il solito gentiluomo dell'Estudiantes non avesse pensato di strappargli per tempo gli occhiali da vista, invitando qualche compagno di squadra a calpestarli e mandarli in frantumi? Avrà tirato alla cieca, certo, vada come deve andare. Doveva andare in porta e schiodare la partita. Così, reduce dall'infernale pareggio strappato alla Bombonera, il Feyenoord liquida lo squadrone argentino e si laurea campione del mondo. Bella stagione, quella dello Stadionclub, anche se uscirà da detentore al primo turno della coppa dei campioni per mano di un formidabile XI rumeno, l'UTI Arad. Pazienza. Intanto ad Amsterdam chissà come rosicano. E in alto i calici per van Daele, oscuro difensore, subentrato per caso dopo un'ora di gioco, destinato a oblìo eupallico senza quella prodezza; anche se, più famosi di lui, diventarono i suoi occhiali, popolari per la partita e per l'orribile canzone a loro dedicata da Luc Lutz: Het brilletje van Van Daele.

1975
The Oleh Blochin show

Che gran giocatore era Oleh Blochin. Forza e velocità, tecnica e fantasia. Un campione. Qualcuno forse non ricorda quel che combinò al Bayern nella supercoppa europea del 1975. Al Bayern: lo squadrone traboccante di campioni del mondo, di fuoriclasse epocali. Tre gol in due partite, gli unici finiti nel tabellino a Monaco e a Kiev. Davvero speciale fu, però, quello segnato all'Olympiastadion nella gara d'andata. Siamo oltre l'ora di gioco, e l'ennesima offensiva dei tedeschi si spegne nella ben presidiata area ucraina. Blochin riceve il pallone nella propria trequarti, a sinistra, e in dodici secondi di scatti e souplesse, finte e controfinte, improvvisi cambi di direzione, spostamenti della palla dal sinistro al destro e viceversa, si trova praticamente a tu per tu con Sepp Maier, e con un rapido shoot - dritto e preciso - la mette nell'angolo opposto. Un capolavoro. Lui è il simbolo e l'anima del grande calcio proposto da Valerij Lobanovs'kyj, che in quella serata bavarese entrò nella storia del gioco, per non uscirne mai più.

21 maggio

1969
Se repitiò la historia de Berna

Avevo sì e no una dozzina d'anni, e il mio amico fanatico di football, quello che non perdeva una sola partita in tivù, si presentò al campetto con una maglia bianca divenuta per l'occasione ad ampie, non geometriche strisce blu e granata. "Eh eh eh!", rise da solo, quando si accorse che lo guardavamo straniti. "Stasera vince il Barcellona!", aggiunse. Tutti fingemmo di capire, ma nessuno in realtà sapeva che quella sera, al Sankt Jakob di Basilea, c'era la finale di Coppa delle coppe. Forse la trasmettevano sulla tivù della Svizzera italiana, che il mio apparecchio non captava. "Con chi gioca il Barcellona?", chiese qualcuno. "Contro i luridi brocchi comunisti dello Slovan di Bratislava!", disse subito quel nostro amico disinformato e male indottrinato da chissà chi. E quindi, aggiunse, "evviva il Barça!". Sono trascorsi innumerevoli anni, mi sono ricordato di quella circostanza e ho fatto le mie ricerche. Come nel 1961 a Berna - ma si trattava allora della finale di Coppa dei campioni, e avversario era il Benfica - i catalani persero, e con identico risultato: tre a due."Decididamente, los estadios suizos son gafes para el Barcelona", scriveva el director-adjunto del Mundo Deportivo.
Cineteca


1971
Ole! Ole! Chelsea

Finale di coppa delle coppe. Per colpa di Ignacio Zoco, che al 90° della prima partita si era divorato il match-ball a due passi da Bonetti, tocca ricominciare da capo. Chelsea versus Real Madrid, al Karaiskakis di Atene. I Blancos sono ancora sotto shock. E vengono messi sotto dai Blues. Due a zero alla mezzora del secondo tempo. No: due a uno, Fleitas accorcia. Ora sono gli inglesi a vivere nell'ansia. Muñoz butta dentro anche il vecchio campione, Francisco Gento: ha quasi quarant'anni, ne ha viste di tutti i colori, è una leggenda vivente, il suo ingresso è una mossa soprattutto psicologica. Ma non succede più nulla. "Ole! Ole! Chelsea", titola il Daily Mirror di sabato 22 maggio.


1975
Il nome del Borussia

Al piccolo Diekman di Enschede si respira un certo ottimismo. Il Twente Football Club sta vivendo buone stagioni; è al vertice di un calcio che è al vertice in Europa e nel mondo. Non solo: nella finale di andata della Coppa Uefa ha inchiodato il terribile Borussia di Mönchengladbach - un'autentica macchina da gol - sullo zero a zero. Batterlo in casa è possibile; è possibile entrare - come l'Ajax e il Feeyenoord - nelle tabulae del paradiso. Illusioni. Die Fohlen  sono in serata di vena (e non è che gli capiti di rado). Jupp Heynckes, dal canto suo, è una furia scatenata, fa tripletta, e trascina l'allegra banda teutonica a un fragoroso 5-1. Nelle tabulae del paradiso si scrive il nome del Borussia. Finalmente. 


2008
La pensierosa rincorsa di John Terry

"Non ci credo: se faccio gol, alzo la coppa.
Vero: non che sia abituato a battere penalties.
Li tirano sempre Ballack, Drogba, Lampard.
Ma sapevamo che poteva finire così, dunque mi sono esercitato e non poco.
Accidenti.
Pensavo sarei stato tranquillo.
Cristiano ha sbagliato il suo, quindi possono sbagliare tutti.
Van der Saar, eccolo lì.
Non ne ha preso nemmeno uno, finora.
Perché dovrebbe toccare proprio a me?
Vai John, non farti impressionare.
Se hai paura tu, figuriamoci lui.
Però è vero.
A questo punto lui non ha nulla da perdere, perché ha già perso.
Accidenti.
No, sarebbe una beffa".
John Terry, capitano del Chelsea, prende la rincorsa. L'Europa trattiene il fiato. Prima dell'impatto con la sfera, scivola. Colpisce male, in coordinazione precaria. La palla vola oltre la rete, nello spazio che separa il campo dalle tribune del Lužniki, affollato di fotografi.


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14 maggio

1899
Bolsos

Nasce, per iniziativa di alcuni giovani di Montevideo che non guardano con particolare simpatia al proliferare di club dominati da elementi non indigeni, il Club Nacional de Football. Sempre ai vertici del calcio uruguagio, vivrà due favolosi decenni tra il 1971 e il 1988, caratterizzati dai grandi trionfi nella Copa Libertadores de América e nella Coppa intercontinentale.


1931
Parbleu!

Ma sarà uno scherzo? O no? 
Sfoglio questo giornale, e in fondo a una tal pagina leggo che c'è stata Francia-Inghilterra, a Colombes. Oddio, i cugini avranno incassato l'ennesima batosta, penso. 
E invece no, la legnata è arrivata dritta dritta sui denti degli inglesi. Cinque a due. 
Così, ahimè, essi - i franzosi (foto) - possono vantarsi di aver già battuto i maestri, mentre noi a questa data dobbiamo ancora incontrarli. Oddio, oddio!
Leggiamo.
"L'undici britannico, flemmatico pur nei precisi palleggi, lento a realizzare davanti alla rete, è stato travolto". Accipicchia! I francesi mantengono una "andatura indiavolata" anche nel secondo tempo, segnano quattro gol "di ottima fattura", escono tra applausi scroscianti. 
Oh my God! 
"A la fin du match mémorable, les joueurs français proposent d’échanger leurs maillots tricolores en coton contre les chemisettes en soie des anglais afin de garder un souvenir du match. Et depuis, l’échange des maillots est devenu une culture du fairplay". 
Parbleu!
Cineteca


1975
Ucraina in festa

Basilea, Saint-Jakob Stadion. Scarso è il pubblico che assiste alla finale di Coppa delle coppe. Una strana edizione, una strana finale: ci arrivano due squadre dell'est europeo, che animano per l'ultima volta sotto i riflettori una rivalità che ha profonde radici e tragiche memorie nella storia del Novecento. Sono l'emergente Dinamo del colonnello Lobanovski, e il crepuscolare Ferencvaros, guidato da una gloria minore dell'Aranycsapat (Jenő Dalnoki). La partita è un monologo; il ritmo infernale degli ucraini è insostenibile per gli ultimi interpreti del calcio danubiano. In Eurovisione, mani sovietiche finalmente stringono e alzano al cielo un trofeo continentale.


1988
Wimbledon's Crazy Gang

Per alcuni anni, sullo scorcio dei 1980s, il nome di Wimbledon non fu più associato solo al celebre torneo di tennis. Il club amatoriale (o quasi) del quartiere londinese vide impennare la propria notorietà ad opera di un gruppo di giocatori tecnicamente più che modesti, capaci di esprimere un calcio che, secondo Gary Lineker, poteva essere seguito solo "on Ceefax" (il televideo della BBC: properly "See Facts"). Guidati da Bobby Gould, tuttavia, raggiunsero traguardi impensabili: una stabile permanenza nella Premier Division, e soprattutto il trionfo nella FA Cup della stagione 1987-88 (ai danni del Liverpool, cui inibirono il double). Simbolo di quell'epopea fu Vincent Peter "Vinnie" Jones (quel che si dice un rude gallese), grande intimidatore, recordman di sanzioni sul campo (sua la più rapida nella storia, occorsa dopo soli tre secondi in un Sheffield United-Chelsea del 1992), e protagonista di exploit mal digeribili dalla puritana Footbal Association, che difatti lo radiò nel 1993. Eroe di giornata, tuttavia, fu Dave Beasant, estremo difensore e capitano dei Wombles, il primo capace di neutralizzare un penalty (foto) in una finale di FA Cup.
Cineteca

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23 aprile

1959
Dificil y precaria victoria del Madrid

Fu per le semifinali della Coppa dei campioni 1958-59 che il sorteggio tra le quattro rimaste mise l'una contro l'altra due squadre della stessa città. Fu un Derbi madrileño; il Real era campione d'Europa e di Spagna, l'Atlético vantava una specie di wild-card, essendo giunto secondo nella Primera 1957-58. I Blancos dovranno sputare l'anima per venire a capo di un confronto reso più equilibrato dalla rivalidad. Al Bernabéu, intanto, è un due a uno in rimonta, che Puskás fissa dagli undici metri. Vavà, fuoriclasse brasilero ingaggiato dai Colchoneros, il penalty invece lo sbaglia, errore che nell'economia della sfida costerà molto caro. "La verdad es que ha ganado quien ha tenido más suerte. Y a quien más le ha favorecido el árbitro", sentenziò Ferdinand Daučík (foto), entrenador slovacco dell'Atlético. In quegli anni (e non solo in quelli) difficilmente al Real capitavano serate di mala suerte e arbitraggi sfavorevoli.


1969
Gli ex-ragazzi di Matt e i vecchietti del Paròn

Che duello a San Siro! Semifinale di coppa dei campioni, gara di andata. Il Milan ospita i campioni in carica dello United. Affascinanti sfide nella sfida: Rivera e Charlton (foto: si va sul classico), Best e Prati (beat generation), Stiles e Trapattoni (ruvidezze e sudore). E i due condottieri: Rocco e Busby. Il Golden Boy viene rapidamente azzoppato (da Denis Law!), e sostituito da Romano Fogli. I rossoneri ne mettono uno per tempo: Kurt Hamrin (in serata di grazia) e Angelo Benedicto Sormani. I Red Devils sostanzialmente non vedono la boccia, ma lamentano sviste arbitrali e preparano un clima torrido per la rivincita. Intanto, la notte milanese è un festival di clacson e di bandiere.

1975
Fallaron ideas y corazon

Si rassegnino i catalani. La Coppa dei campioni è stregata per il Barça. Neanche quest'anno, nonostante i tre grandi specialisti olandesi, finirà nella bacheca del club catalano, esposta all'adorazione delle masse barcelonistas. Eppure non sembrava un'impresa impossibile, rimontare da uno a due, a Camp Nou, contro il Leeds. Eccesso di gioco orizzontale, a occultare una certa mancanza di idee. Se si escludono i due assi foresti, d'altra parte, la rosa assemblata per Michels è zeppa di modestissimi jugadores. Gli inglesi macinano tutto ciò che riescono a macinare, e Peter Lorimer (di Dundee) dopo sette minuti ha già sfornato una bella e indigesta pagnotta. E' primavera, ma mentre sfioriscono i sogni degli uni, germogliano le illusioni degli altri. "We'll be the champions of Europe", sentenzia Jimmy Armfield, successore di Don Revie sulla panca dei Peacocks. Figuriamoci.

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16 aprile

1896
Árpád Weisz

Nasce, a Solt (Ungheria meridionale), Árpád Weisz. Buon giocatore, sarà poi un grande allenatore - in Italia - negli anni '30: l'unico che riuscirà a contrastare lo strapotere juventino, prima all'Ambrosiana, poi al Bologna. Scopre il giovane Meazza. Studia il football, scrive libri. Morirà giovane: ad Auschwitz.
Biografia



1975
La primavera di Ian

Malcolm Ian MacDonald giocava nel Newcastle, dal 1971 - arrivava da Luton. Era un discreto realizzatore, ma i Geordies non producevano brillanti risultati. Le sue buone prestazioni, tuttavia, valsero l'interessamento di Ramsey e, poi, di Don Revie. Nella primavera del 1975, il posto di centravanti della nazionale albionica è suo. Un gol ai tedeschi nell'illusoria amichevole di Wembley del 12 marzo, e soprattutto la cinquina inflitta ai ciprioti: un cinque a zero tutto suo che lancia l'Inghilterra verso la fase finale di  euro '76. Vai a sapere perché: il nome di Ian scompare per sempre dai tabellini, e l'armata di Albione si farà soffiare il biglietto d'ingresso all'eurocirco dai cechi. 


1986
Noche inolvidable en el Camp Nou


Il Barça è nei guai. Sembrava tutta in discesa, la coppa dei campioni. L'agognata coppa. Tolta di mezzo la Juve, la gita in Svezia per l'andata delle semifinali non sembrava proibitiva. Anzi. Infatti l'IFK di Göteborg, undici emergente, sotterra virtualmente i sogni di gloria catalani: tre a zero. Solo virtualmente. A Camp Nou è la notte di Àngel Alonso Herrera, detto 'Pichi': "un mago para una noche magica", magica e "inolvidable". Tripletta, supplementari, rigori. Miracolo, in fin dei conti. E via verso Sevilla, "a la final", a prendersi il trofeo, finalmente. Ah, il football!
Cineteca

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22 marzo

1925
Una vittoria a buon mercato

Nello 'Stadio di Corso Marsiglia', a Torino, sul campo della Juventus, giocano Italia e Francia. I galletti sono quasi tutti alle prime armi; gli azzurri dicono addio a Renzo De Vecchi e salutano l'ingresso in squadra di Fulvio Bernardini (foto), giovane e promettente centromediano della Lazio. La partita in pratica non c'è, tanto "lacrimevole" è lo stato del football francese, come sanno anche "i picchetti dei corner" (La Stampa). Finisce con una vittoria "a buon mercato" (degli italiani, la più ampia mai ottenuta nei confronti dei cugini: sette a zero).
Tabellino




1975
L'elegante Guido

Si spegne, a Firenze, Guido Ara: esponente tipico della protostoria calcistica italiana; mediano, uomo di lotta e di governo, elemento cardine nell'epopea della Pro Vercelli. La scuola della Pro genera energici lottatori piuttosto che ricamatori: e lui, accantonate le finezze tecniche, "sarebbe poi diventato a sua volta uno scarpone" (Gianni Brera). D'altra parte, "il calcio non è uno sport per signorine", ebbe a dire, stanco delle proteste per il gioco duro che lui e i suoi praticavano. E' un luogo comune dei discorsi sul football, ma pochi saprebbero indovinare per merito (o per 'colpa') di chi lo è diventato.


1978
Misteri balcanici

La Coppa dei Balcani dura tantissimi anni, almeno tre. Partecipano sei nazionali ma - vai a sapere perché - quattro nel primo girone e due nel secondo. Misteri balcanici, appunto. Come che sia, il 22 marzo 1978 nello stadio del Besiktas c'è calcio per palati fini: Turchia versus Romania, nessuna qualificata per il mondiale d'Argentina. La scena, a Istanbul, è quella che di frequente si vede: tempo da lupi, campo ridotto a una palude, i giocatori si impegnano ma spesso invece che il pallone colpiscono le pozzanghere, generando ulteriore confusione. C'è poca gente sulle tribune - logico -, il match è combattuto e si conclude in parità. Sulla panca dei rumeni c'è Pisti Kovács, che dopo i successi con l'Ajax ha provato a fare il CT. Prima in Francia, ora a casa sua. Modesto il materiale umano a disposizione, e zero tituli. Sic transit gloria mundi.
Tabellino | Highlights

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12 marzo

1911
Felix olim Austria

Nasce, con la denominazione di Wiener Amateur-Sportverein (qui a sinistra, il logo originale), il club che più tardi, abbracciato il professionismo, divenne il Fußballklub Austria Wien: l'Austria di Vienna, già, che anni felici visse prima della guerra, quand'era una delle squadre più forti d'Europa, quella che vinse la Mitropa nel '33 contro l'Ambrosiana di Meazza e ancora nel '36, battendo lo Sparta di Praga. Era la squadra di Matthias Sindelar, la squadra delle Kaffeehaus viennesi.
Sito ufficiale



1969
Un solo pallone

Ritorno dei quarti di Coppa dei Campioni a Celtic Park. Andata a reti bianche come la neve che nascondeva il prato di San Siro. Non ci sarà scampo, si pensava; i vecchietti del Paròn saranno certamente schiacciati dai satanassi scozzesi, gli stessi che avevano messo fine all'egemonia interista in Europa due anni prima. Naturalmente è un assedio. Ma Cudicini para il parabile e non solo; a Pierino Prati (nella foto) capita un solo pallone; anzi, se lo procura sottraendolo agli avversari in una fase di possesso approssimativo, vola verso Fallon e lo trafigge sul palo più vicino.
Cineteca

1975
Nella cornice del Tempio

Non è una bella soddisfazione, per i tedeschi, fare una gita a Wembley esibendo tutte le loro medaglie?  Eccome. Campioni del mondo nel 1974 e d'Europa nel 1972; quelli del Bayern hanno alzato nel 1974 la loro prima coppa dei campioni. Tanto si sa: gli inglesi storcono il naso, e ci si diverte di più. In panca, a Sir Alf è subentrato il rampantissimo Don Revie: parecchi i titoli che ha portato al Leeds. L'undici della Regina è chiaramente da rinnovare, e in campo ci sono tre esordienti di cui si sentirà parlare pochissimo: Steve Whitworth (Leicester City), Ian Gilard (QPR) e Alan Hudson (Stoke City). Oh bella: nessun pedatore del Leeds. Eppure - già - la legge di Lineker (che ancora doveva essere formulata) non funziona quando la Nationalmannschaft esibisce l'argenteria. Era già accaduto nel '54: vennero all'Empire Stadium con dei bocia e ne presero tre. E ora? Sarà per scaramanzia, ma perdono ancora. Due a zero, e finalmente centomila inglesi che vivono una serata di purissima ebbrezza nella cornice del Tempio.
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