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11 febbraio

1934
L'addio dei ragionieri

Non è certamente il Wunderteam quello che Hugo Meisl presenta allo "Stadio Municipale Benito Mussolini" di Torino per l'esordio austriaco nella Coppa Internazionale 1933-35. Manca Sindelar, per dire. Gli azzurri subiscono una sconfitta pesante, l'attesa festosa stinge in delusione. I leggendari ragionieri piemontesi della Juventus, Rosetta e Caligaris, sono al passo d'addio. Colpa dell'età. Astuzie e gherminelle di questi antichi giganti dell'area non bastano più. Il mondiale casalingo è alle porte, e monsù Poss deve escogitare nuove soluzioni.
Cineteca


1970
Il 'pistolero' di Durango

Finita alle spalle di Jugoslavia e Belgio nel torneo di qualificazione a Mexico '70, e dunque costringendo l'Hispania intera a guardare con occhio distratto lo sbarco sulla luna di Pelé in TV, la Roja ospita amichevolmente i tedeschi a Siviglia. E' un XI piuttosto rinnovato, anzi schiera ben cinque esordienti, e dal Real Madrid preleva solo Amancio Varela. La Germania piena di assi sonnecchia e un pistolero basco figlio d'arte, Arieta II (nella foto), nato a Durango, prova inutilmente a svegliarla con duas jugadas matematiche.
1981
Trombe giapponesi

Addio vecchia Coppa Intercontinentale, affascinante competizione dei 1960s. Evidentemente gli squadroni europei si sono stancati di andare negli stadi del Sudamerica a rischiare l'incolumità di pedatori sempre più costosi. Quindi, dall'edizione 1980, finale unica in campo neutro. Le trombe giapponesi (vere o finte?) a scandire il gioco. Al National Stadium di Tokyo chiude i battenti il favoloso Nottingham di Brian Clough, sconfitto dal solito tenace e pugnace XI uruguagio: il Nacional di Montevideo. Match-winner: Waldemar Barreto Victorino (foto).


1990
Lo schianto

Il Milan è una macchina lanciata a tutta velocità. Insegue lo scudetto, ha seminato lungo la strada uno per uno tutti i critici anti-sacchiani. Alla diciottesima curva, imbocca il tunnel che porta sul prato del Meazza. E' lì che finalmente ha a tiro la banda di fuggitivi guidata dall'ex Albertino Bigon (foto). Lo schianto è tremendo. Il Napoli resiste per un tempo, i rossoneri schiumano rabbia, ma alla fine travolgono i rivali. Tre a zero, pubblico in delirio. Il peggio deve ancora arrivare.


10 gennaio

1965
Nebbia nella Bassa

S'inizia a giocare sotto uno splendido sole (foto),  i padroni di casa nel primo tempo insaccano due palloni alle spalle di Albertosi e reclamano due rigori che l'arbitro, chissà perché, non concede. In tribuna c'è il commissario tecnico della nazionale, è la seconda volta che osserva il Mantova quest'anno, esprime giudizi lusinghieri: "non mi sembra proprio una squadra che debba lottare per non retrocedere". Vero, al momento è penultimo, ma potrebbe risalire, e i due punti di oggi sarebbero vitali. Inizia il secondo tempo. Il sole è sparito, vi sarebbe una certa foschia. Dopo nemmeno dieci minuti non si vedono più gli alberi che circondano il Parco del Te. La gente in tribuna studia la direzione del vento. Si accendono i riflettori. Ma è vietato per regolamento, e l'arbitro li fa spegnere. La nebbia si infittisce. Di nuovo i riflettori, ma il regolamento non è cambiato nel frattempo. A sei minuti dalla fine, non si vede più nulla. I giocatori della Fiorentina protestano, come facciamo a rimontare se non sappiamo neppure dove sia la porta difesa da Zoff? Piovono fischi dagli spalti. Arbitro e giocatori rientrano negli spogliatoi, poi tornano in campo, poi rientrano, poi tornano. Niente da fare. Triplice fischio, partita da ripetere. Si ricomincerà da zero, anzi dallo zero a zero. E, alla fine di quella stagione, il Mantova retrocederà. Nonostante le previsioni di Fabbri.
Tabellino (sub data)


1909
Primo derby di Milano

Non in assoluto, ma in campionato sì. Si gioca sul campo del Milan, il "Monforte", in via Fratelli Bronzetti, dove c'è una piccola, vera tribuna in legno (foto). E' un happening: aprono la festa le squadre B, per il torneo di seconda categoria. A seguire, la sfida fra gli XI iscritti al 'campionato federale di prima categoria'
"Lo stato deplorevole in cui per il maltempo si trovava ieri la pélouse del Milan Club, ha fatto sì che le due squadre milanesi scese ieri per incontrarsi nella prima gara di eliminazione per i Campionati federali, abbiano svolto un gioco pesante e monotono. La vittoria, per u sol punto, arrise alle camicie rosso e nere. L'una e l'altra squadra non erano complete: il Milan Club però aveva potuto surrogare il suo centro di prima fila con Trerè junior, che è sempre il giocatore italiano che abbia maggiore padronanza della palla. Il F. C. Internazionale, dopo venti minuti di gioco, perse il suo capitano, che è il miglior giocatore della squadra, in seguito a uno sfortunato accidente di gioco, che lo costrinse a ritirarsi. E dobbiamo dire che i neri e azzurri, ridotti a dieci, senza troppo scoraggiarsi dell'abbandono del loro duce, hanno fatto del loro meglio e hanno tenuto testa validamente agli avversari, fino al termine del match. Il Milan Club segnò 3 goals, per merito di Treré junior, Lana e Laich, rispettivamente; l'Internazionale se ne aggiudicò 2, per opera di Du Chené junior e di Schuler. Pubblico non molto numeroso, ma in compenso animatissimo, largo di applausi e di fischi" (Corriere della Sera), L'arbitro di questo match fu Harry Goodley, ex giocatore e allora dirigente della Juventus. Altri tempi.
Tabellino | Documentazione di Magliarossonera: il derby - il campo 



1960
Crolla il modulo Viani

Così, sarcasticamente, Bruno Roghi riassume il senso di Milan-Juventus: 14ma del girone di andata, la Juventus è in testa, il Milan insegue a due punti. San Siro è stracolmo, il campo leggermente innevato. "Ha giocato solo la Juventus. Il Milan invece si è giocato addosso". Sivori e Charles, tuttavia, restano all'asciutto: il due a zero è timbrato da Stacchini e Cervato (nella foto, l'azione del gol). Milan intimidito, Vecchia Signora già distante in classifica.
Leggi Roghi (Il Corriere dello Sport, con tabellino) | Highlights


1981
La bolgia del Centenario


Brasile-Uruguay è sempre la rivincita di una rivincita; di solito chi segnava per primo perdeva. Capitò all'Uruguay nel 1919, nell'ultima partita della Copa América (in vantaggio di 2:0, fu raggiunto; nel necessario spareggio, o Brazil la spuntò con un golletto nei supplementari), capitò al Brasile nel '50, all'Uruguay nel '70. Anche stavolta va in vantaggio la Celeste, e viene raggiunta: rigore di Socrates,  il destino pare segnato. Ma se si trattava di una regola scritta, la cancellò Victorino (e chi se non lui; nella foto). Il 'mundialito' andava ai rognosissimi rioplatensi.
Cineteca


7 gennaio

1967
Le indigestioni di Jupp

Cresce il Borussia, quello di Mönchendlagbach, che per un decennio contese al Bayern la supremazia in Germania e fu ai vertici del football europeo. Il 7 gennaio 1967, per la 18ma giornata di Bundesliga, al Bökelberg-stadion si offre inerme lo Schalke 04. Finisce undici a zero per i neroverdi: record. In formazione ci sono Vogts (ventunenne), Wimmer (ventiduenne), Heynckes (idem), Netzer (idem). Grandi e grandissimi giocatori. Sono ancora tutti in campo (con la sola eccezione di Netzer) quando il Borussia, undici anni dopo (29 aprile 1978), batte il proprio record: dodici a zero. Questa volta a prender ceffoni è l'altro Borussia. Jupp Heynckes, che fa tripletta nel '67, migliora invecchiando, perché agli Schwarzgelben rifilerà una cinquina.
Tabellino dell'11:0 | Tabellino del 12:0 | Highlights del 12:0


1981
Un bel samba

Una coppa è sempre una coppa, sarà anche un'esibizione, ma si gioca al Centenario, e c'è in palio la finale. Nel Brasile non ci sono Zico e Falcão; presenti invece Junior, Cerezo e Socrates. E pure Serginho - sì, il lungagnone fuori dal coro, abulico centravanti e alieno, era altissimo ma non staccava mai i piedi da terra, e pretendeva che il pallone lavorasse anche per lui. I tedeschi sono, grosso modo, quelli che l'anno dopo arriveranno sfiatati alla finale della Coppa del mondo. Li illude Klaus Allofs (foto), che presenta il conto al termine di una mirabile azione di contropiede; inizia allora un bel samba, la Seleçao infierisce (quattro a uno) e va a giocarsi il mundialito contro l'Uruguay, sperando di esorcizzare proprio al Centenario l'incubo del maracanaço. Appuntanento fissato per il 10 gennaio.


1995
Futbolandia

Il sogno di Jorge Valdano si realizza per un giorno, che vale e riassume quella stagione (1994-95). Lui guida il Real, e la sua macchina schianta poderosamente la fuoriserie guidata da un amico-rivale, l'onusto Johan Cruijff. Il declinante Barça dell'olandese non regge l'impatto. E' un roboante cinque a zero che lava l'offesa dell'anno precedente (vai all'8 gennaio) e il pallone se lo porta a casa un cileno di discreto, non eccezionale talento: Iván Zamorano, che ne mette tre alle spalle di Carles Busquets (il padre di Sergio), modestissimo arquero. La rotta dei Blancos era chiaramente tracciata.


18 novembre

1967
Esperimento, ma non troppo

A guardarla schierata, la nazionale che affronta la Svizzera al Wankdorf di Berna per una partita (moderatamente importante, vista la classifica) di qualificazione a Euro 68, è grosso modo quella che rivedremo in Messico. Ci sono otto dei titolari che affronteranno all'Azteca la Germania e il Brasile. Esordisce, qui, Boninsegna. Manca Mazzola, infortunato. C'è Armando Picchi. Rosato gioca da mediano - come avviene in campionato. Rosato mediano? Difensivismo puro!, sottolinea una parte della critica. Rivera fuori, nemmeno convocato. Le mezzali sono Juliano e De Sisti. Sulla panchina della Svizzera c'è Alfredo Foni (beh, inutile ricordare il suo curriculum). L'unico a essere contento che Rivera non giochi è lui, e lo dice senza mezzi termini ai giornalisti italiani. Beh, cosa succede poi? Che Rosato fa il terzino, che la Svizzera ci sovrasta, che come al solito sembra che l'Italia giochi con un uomo in meno. Picchio e Totonno non hanno fatto che saltare da un avversario all'altro, senza mai potersi preoccupare della costruzione. Le cose migliorano nel secondo tempo, ma solo le prodezze di Gigi Riva (un fantastico gol in rovesciata e un altro su rigore discutibile, che si procura con grande fisicità e altrettanta furbizia) ci consentono di uscire imbattuti da quell'arena dove, insomma, non sempre abbiamo ben figurato. Le nostre magagne sono sempre lì: a centrocampo. Vale la pena di rinunciare al talento sostituendolo con minor talento ma senza il necessario dinamismo? 


1981
Il calcio piazzato

Non ha mai fretta Monsieur Michel, quando il pallone si ferma e lui può sistemarlo poco fuori dell'area di rigore: è, in assoluto, la situazione che preferisce. In quel momento, lui è al centro del palcoscenico. Sa che tutti si aspettano un colpo di genio, una magia, un illusionismo. E' uomo di spettacolo, indugia e assapora il silenzio che cala sullo stadio, lascia che si protragga per qualche lunghissimo istante. In quel tempo fermo, in quella sospensione della realtà, gli avversari iniziano a interrogarsi. Il portiere, per esempio, dubita di avere sistemato male la barriera. Forse un poco a destra, forse troppo a sinistra. Con pochi uomini, o forse con troppi. Loro, quelli in barriera, sono i più tranquilli. Dovranno solo stare fermi. Sanno che, comunque, non gli arriverà addosso una cannonata, Monsieur Michel predilige morbidi tocchi e gentili palombelle. Gli altri, quelli rimasti in movimento, sono preoccupati. Precipitano nell'incertezza, e sulla posizione da tenere cambiano idea in continuazione, temono sempre di avere scelto quella sbagliata. Il più esperto di tutti, il più intelligente di tutti è senz'altro Ruud Krol, il capitano. Infatti lì per lì sembra stia facendo la cosa giusta: andare a coprire la porzione dello specchio di porta nascosto dalla barriera. Se Platini cerca di colpire la sfera per farle scavalcare le transenne, lui ne interromperà la traiettoria. L'olandese si sposta lentamente, quasi di soppiatto, forse credendo che il tiratore non lo veda, non capisca, e finisca per mirare proprio lì, un tiro che sarebbe innocuo. La paura evaporerebbe, il pubblico manifesterebbe una grande delusione e non sosterrebbe più la propria squadra con lo stesso vigore. Monsieur Michel, però, ha questa qualità: se non vede, intuisce. Le sue intuizioni anticipano sempre di anni luce le mosse degli avversari. Ecco che si muove. Con la maglietta fuori dai calzoncini, il suo baricentro sembra ancora più basso. Anche Krol esibisce da sempre lo stesso look, ma è altissimo, e così sembra ancora più alto.
Il tiratore ha colpito il pallone.
Di interno destro, come al solito. Quale traiettoria avrà impresso alla parabola? Ora lo scopriremo. Intanto, però, tratteniamo il respiro.

Francia-Olanda: Cineteca
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera

14 ottobre

1956
Ultima recita

Durante l'autunno del 1956 il panico si diffonde nell'Europa del football. Le scorribande magiare - che sembravano definitivamente scongiurate dopo la battaglia di Berna - sono riprese; non c'è stadio che riesca a reggerne l'urto, da Mosca a Parigi, passando per Belgrado. Oggi sono attesi a Vienna, per il classico, periodico rendez-vous danubiano. L'Ungheria gioca ora in modo diverso - logico: non è più guidata da Sebes; sta più chiusa, cerca più spesso la profondità. E' dunque molto più pericolosa (casomai ce ne fosse bisogno), perché lascia terreno agli avversari e li colpisce negli spazi. Il Prater è espugnato: due a zero. Tuttavia, la storia e il destino hanno altri programmi. Quel meraviglioso XI conclude oggi la sua corsa, proprio quando sembrava fosse tornata inarrestabile. Alcuni dei giocatori più forti - Puskás, Kocsis, Czibor - abbandoneranno di lì a poco il loro club, e nel loro paese (infestato di carri armati sovietici) non torneranno a giocare. A Vienna sono scesi in campo, insieme, per l'ultima volta.

Nella foto, l'Aranycsapat schierata per l'ultima volta con tutti i suoi assi. Da sinistra: Kocsis, Berendi, Czibor, Bozsik, Börzsei, Hidegkuti, Sándor, Kárpáti, Kotász, Grosics, Puskás


1981
Un'opportunità sprecata

Al Vetch Field di Swansea i Dragoni hanno un'opportunità. Potrebbero, vincendo contro i modesti islandesi, restare in corsa per un posto al mundial di Spagna. Certo, i sovietici avranno comunque il vantaggio di ospitarli per il match decisivo. Di quelli con la maglia del Galles, metà giocano nel club di casa, gli altri in varie squadre inglesi. Uno solo nel Liverpool, ma la sua carriera è agli inizi, entrerà solo verso la fine e non inciderà sul risultato: Ian Rush. 

9 ottobre

1971
Sandrino 'Garrincha' Mazzola

Quando, a meno di dieci minuti dalla fine, Mariolino Corso sta per entrare in campo (e si vede benissimo come ne abbia poca voglia), una parte del pubblico applaude entusiasta; ma poi si sgonfia subito perché, invece di sostituire Rivera, il mancino subentra a Mazzola. L'altra parte applaude quando Rivera azzecca la giocata e ogni volta che il cingolato Benetti entra in azione. Insomma siamo a San Siro, e liquidando la Svezia con un secco tre a zero (doppietta del guaritissimo Rombodituono: foto)  l'Italia è qualificata ai quarti di finale del campionato europeo. E' la nazionale detentrice, e punta alla conferma. Sandrino, dal canto suo, è stato scelto come erede di Domenghini. Ormai Valcareggi ha deciso: non vuole più alimentare polemiche, Rivera e Mazzola giocano e giocheranno sempre tutti e due, e Sandro sarà l'ala destra. Maglia numero sette. Lui farà di necessità virtù, ormai ha esperienza tale (il talento non si discute) da potersi adattare. Oltretutto, sapete come lo chiamano dalle sue parti? Ce lo dice lui stesso: "a Monza, nel mio quartiere, mi chiamano Garrincha". Ma noi continueremo a chiamarlo Sandrino o - come Brera - Mazzandro.
Tabellino | Highlights



1981
Il primo oriundo

Fu Julio Libonatti, nato a Rosario e figlio di italiani, il primo degli oriundi reclutati da Pozzo. Arrivò in Italia nel 1925, andando a comporre nel Torino, insieme a Baloncieri e Rossetti, il famoso 'trio delle meraviglie'. "Lui è un piccoletto dal fisico compatto, è veloce e fantasioso. La tecnica sopraffina lo porta a tirare con grande scioltezza anche di punta: indirizza il pallone dove vuole e dove il portiere avversario non può arrivare, neppure con l'immaginazione" (Sappino, Dizionario del calcio italiano). "Gran campione, favoloso mattoide" (Giampaolo Ormezzano). Don Julio, el potrillo, si spegne nella sua Rosario il 9 ottobre 1981.  

26 aprile

1903
La succursale di Bilbao

Ci sono studenti baschi che stazionano a Madrid. Gli piace il football. Cinque anni prima, a Bilbao, era stato fondato l'Athletic Club. Ma Bilbao è troppo lontana, per quell'epoca. Ci vuole un'altra squadra. Due squadre basche con lo stesso nome, una a Madrid. Nasce così l'Athletic de Madrid (poi Club Atlético de Madrid); si sgancerà dalla casa madre nel 1923. Ancora qualche anno, e i Colchoneros inizieranno a scrivere importanti pagine nella storia del calcio d'Hispania e non solo.

1930
Il dirigibile su Wembley

Probabilmente ignari di ogni futuro, i passeggeri del Graf Zeppelin si godettero lo spettacolo attraverso qualche fessura del dirigibile, che stazionò su Wembley per tutto il primo tempo. Rumore assordante, giocatori e astanti innervositi. Dall'incertezza. Quelli su guardavano giù. Quelli giù guardavano su. La partita era importante, e diventerà storica. Arsenal e Huddersfield si disputavano la coppa della Football Association. Iniziava il grande ciclo dell'Arsenal, pilotato da Herbert Chapman.
Tabellino | Video (British Pathé): uno - due


1967
Facchetti è un incubo!

Lo sostiene Stoyan Ormandzhiev, un uomo che non ha ancora cinquant'anni ma ha già allenato a lungo la nazionale bulgara, e che oggi siede sulla panca del CSKA di Sofia. Un incubo, certo: due partite, due gol, gli unici due gol dell'Inter, e dunque per stabilire chi andrà a Lisbona per contendere al Celtic la Coppa dei campioni è ora necessario uno spareggio. "Per fortuna che è un terzino e non un attaccante!". D'accordo, signor Stoyan, lo sappiamo bene, in realtà Giacinto è un attaccante, colpa vostra non averlo capito, Ma parliamo dello spareggio. Perché avete accettato di giocarlo in Italia? "Siamo convinti che questo nostro atteggiamento stupirà gli sportivi italiani, ma possiamo spiegare i motivi della nostra scelta". In effetti: nel 1961 hanno disputato a Milano una bella contro i francesi per andare in Cile, nel 1964 hanno liquidato il Portogallo a Roma e sono andati ai giochi di Tokyo, nel 1966 hanno sbaragliato il Belgio a Firenze e si sono così presentati al mondiale d'Inghilterra. Dunque le squadre bulgare, in Italia, giocano in casa. Gli porta bene, quanto meno. Dove si svolgerà lo spareggio, allora? "Abbiamo scelto Bologna". Perché proprio Bologna? "Per la buona conoscenza che noi abbiamo delle cose del calcio italiano", risponde, strizzando l'occhio. E Facchetti? "Quel Facchetti è un autentico incubo, per me!"


1981
A dodici secondi dalla fine

Una partita dura normalmente almeno 5400 secondi. Migliaia di istanti, che distribuiscono tante o poche emozioni. Non si può mai sapere. Fino all'ultimo, tutto può accadere. Come, per esempio, al Molinon, dove la Real Sociedad gioca l'ultimo match di questa temporada. Un pareggio le è sufficiente per aggiudicarsi il titolo, essendo la differenza reti negli scontri diretti col Madrid favorevole ai baschi. Gli asturiani, tuttavia, non sono in vena di fare regali. A tredici secondi dalla fine stanno conducendo la partita: due a uno. A dodici secondi dalla fine accade quel che è scritto debba accadere: Jesús María Zamora Ansorena (foto), centrocampista venticinquenne, ha nel nome di battesimo il proprio destino. E' l'uomo del miracolo. Gli arriva casualmente un pallone nel fango del cuore dell'area di rigore, e a occhi chiusi lo scaraventa in rete. Pareggio, e primo titolo nella storia del club di San Sebastián.
Tabellino | Il gol | Storie di calcio


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29 marzo

1873
Sad All Souls

La seconda edizione della FA Challenge Cup oppone per l'ultimo atto, sul campo di Lillie Bridge (nell'immagine: non lontano da Stamford), i londinesi del Wanderers, detentori del trofeo (dunque ammessi da regolamento alla finale), e lo studentame di Oxford. Si gioca di mattina, perché nel pomeriggio c'è altro da fare: vedere la trentesima Boat Race, la classica regata in cui i canottieri di Oxford e quelli di Cambridge scommettono onore e dignità. E' un giorno che dice male ai fellows di All Souls: perdono la regata, e perdono anche la coppa.
Tabellino


1981
Cento ed altri cento

Il centesimo Clásico di Primera División non è decisivo per il titolo; deve solo stabilire chi resta in corsa, perché in cima si sgomita, e l'arrivo è adatto solo ai velocisti. A cinque giornate dall'epilogo, l'Atletico è in fuga con 4 punti su Barça e Real Sociedad, cinque sul Madrid. Ma fora le gomme a Gijon. Il Bernabéu è come sempre l'anticamera dell'inferno, e spinge i suoi modesti beniamini verso un tre a zero (Juanito - nella foto -, Santillana, Stielike) che vale il sorpasso. I Blancos si mettono a ruota.


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