9 marzo

1908
Internazionale Football Club Milano

"San Siro, quando gioca l'Inter, perde il brillio entusiasta e diavolesco del rosso milanista, diventa un catino ombroso, spesso anche adombrato, il catino che riflette e raccoglie l'incertezza degli umori celesti, mezzo azzurri mezzo neri" (Michele Serra)

Marzo: il mese matto. La storia dell'Inter è scritta nel momento stesso in cui inziava. L'inizio è tutto sommato non diverso da vari altri inizi di storie: sono alcuni soci del Milan Football and Cricket Club (una quarantina) che - uscendone - fondano la nuova società. Alle origini della fronda una questione sempiterna nel calcio italiano: il reclutamento di stranieri. Chi era a favore, chi era contro. Quelli che avviarono l'Internazionale Football Club erano a favore. Come che sia, la diaspora si rivelò una fortuna. Milano ebbe due grandi squadre, per sempre rivali.
Sito ufficiale | Il verbale della fondazione


1966
L'imprevedibilità degli jugoslavi

Non di rado accadeva, un tempo, che i club dell'Europa orientale facessero un po' di strada in Coppa dei campioni. La prima che riuscì ad arrivare sino in fondo, senza farsi bucare le ruote dagli squadroni britannici o latini, fu il Partizan di Belgrado, che contese (con sfortuna) il trofeo al Real Madrid nell'edizione 1965-66. Nei quarti di finale il sorteggio mise il Partizan di fronte allo Sparta di Praga, club di grande tradizione. L'andata in Cecoslovacchia fu disastrosa: quattro a uno, e ghigno sarcastico di Andrej Kvašňák, centrocampista dal gol facile, visto che ne infilò tre. Ma poi, al JNA Stadion, a Belgrado, quello che suona la carica è un vero campione: Velibor Vasovic (nella foto, svetta a inzuccare). Non a caso, verrà scelto come balia di campo per i giovani olandesi dell'Ajax, di cui accompagnerà l'irresistibile ascesa. Ma eravamo al JNA. Come finisce la partita? Cinque a zero per il Partizan e biglietto soffiato ai boemi per la semifinale, gli jugoslavi sono sempre così: mattoidi, cioè imprevedibili, cioè capaci di qualsiasi impresa, nel bene e nel male.
2005
Il Grande Etienne

Si spegne, a Subotica, István Etienne Nyers. Il giramondo. Non fosse stato una testa matta, avrebbe forse giocato stabilmente nell'Aranycsapat. Ma fece le fortune - e le vittorie - dell'Inter nei primi 1950s. Due scudetti; valanghe di gol. Andava all'allenamento "a bordo di auto americane. Le cambiava spesso, al pari delle fidanzate. Erano gli anni della ricostruzione, non è che ci fossero tanti ricchi in giro e la sua fama di tipo brillante si sparse in fretta nell’universo femminile" Amava donne e poker: "giocava e pagava, pagava e giocava. Anche a biliardo, anche fuori del nostro giro" (Sergio Brighenti).

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