20 maggio

1966
Las Galinas

Quando il 29 maggio del 1966 il River Plate andò in trasferta a Banfield (un tiro di schioppo a sud di Baires) per un ordinario partido di Priméra division, fu accolto con una certa derisione dalla cancha locale. Per quale motivo? Semplice. Perché aveva pochi giorni prima - il 20 maggio - inopinatamente consegnato la Copa Libertadores de América (nello spareggio, disputato a Santiago del Chile) al Peñarol di Montevideo, sprecando un doppio, rassicurante vantaggio conseguito nel primo tempo. Da 2:0 a 2:4, nell'extra-time. Certo, il Peñarol di quel decennio era un club dominante nel continente sudamericano (sei finali fra il 1960 e il 1970), alla pari del Santos e dell'Estudiantes; ma, secondo alcuni, quelli del River non avevano esibito il carattere e il coraggio adeguati alla circostanza. La notte di Santiago, in sostanza, significò per loro una caduta di prestigio, simbolicamente rappresentata dalla gallina che i tifosi del Banfield liberarono al campo prima della partita. Un gesto di scherno che piacque subito alla torcìda del Boca, che non si limitò ad apprezzare, facendo propria l'idea: e "Los Millionarios" divennero per sempre "Las Galinas".

1973
Fatal Verona

Non poteva scegliere un giorno più memorabile, il vecchio José ora bianconero, per insaccare il suo duecentesimo pallone in Serie A. Lì per lì, è il pallone che può valere uno spareggio: siamo infatti all'ultima di campionato, e il Milan sta letteralmente affondando al Bentegodi. Tra Milan e Juve, in classifica, c'è solo un punto di differenza. A dire il vero, anche la Lazio si trova nelle condizioni della vecchia signora. Il Milan dunque si inabissa, trascinato nel gorgo dalla propria stanchezza, e tutto torna in discussione. Lo scudetto, la stella, il senso della vita. A tre minuti dal 90°, ci sono tre squadre alla pari. Un pasticcio enorme. A tre minuti dalla fine, una botta di Cuccureddu dal limite completa la rimonta sulla Roma avviata da Altafini, antico simbolo rossonero. E la Lazio? Decide di togliersi di mezzo, incassando per non avere rimpianti, un banale gol di Damiani a un sospiro dalla fine. Fatal Verona. E' storia. Anzi: è la dura legge del calcio.
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1998
La séptima

Non male, giocare tre finali di Champions in tre anni. Ci sono riusciti in pochi: il favoloso Real dei '50, poi il Benfica, l'Ajax e il Bayern nei '70. Nemmeno il Milan di Sacchi. Nemmeno l'Inter di HablaHabla. Nemmeno il grande Liverpool. La Juventus è dunque alla terza consecutiva: una vinta e una persa, finora. Ma si trova di fronte la squadra cui il trofeo manca da un'eternità, e che nonostante ciò ne detiene più di ogni altra. E' fermo a sei, il Real. Non sembra un XI epocale, e universalmente si pensa che non valga la Juve: ma è inferocito dal lungo digiuno, e la tradizione bianconera in coppa non è molto solida. Così, a fatica e tra le polemiche, con un gol (in fuorigioco?) di Predrag Mijatović (foto) alla metà del secondo tempo, il Real si prese la settima e aprì un suo  piccolo ciclo moderno.
Cineteca

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