El Monumental
Il River Plate è la più forte squadra d'Argentina. Ha vinto la Priméra División nel 1936 e nel 1937. Il suo stadio, costruito nel Barrio de Palermo, è ormai troppo piccolo. Ma oggi si inaugura quello nuovo, una cancha per 70.000 persone. Il Peñarol di Montevideo è l'ospite d'onore scelto per l'apertura del Monumental.
La Bombonera
Il vecchio Estadio Brandsen y Del Crucero è piccolo e non porta più fortuna, visto che negli ultimi anni i titoli finiscono spesso nella bacheca del River. Così anche il Boca si costruisce uno stadio nuovo. Si inaugura oggi, con un'amichevole tra i Xeneizes e il San Lorenzo de Almagro, La Bombonera.
Amari calici per le grandi italiane
Lisbona
The Bhoys fecero il 'triplete'. Anzi di più. Scottish League, Scottish Cup, League Cup ('triplete' domestico), completato dalla coppa più importante, quella che ancora si chiamava 'dei Campioni d'Europa'. Impresa leggendaria. Anzi, di più. A Lisbona avevano di fronte la temuta, cinica e detestata macchina da guerra costruita da HablaHabla. L'Internazionale, dopo un triennio di dominio pressoché totale, improvvisamente crollò. In un caldo pomeriggio di primavera avanzata, le gambe e i muscoli dei nerazzurri tennero per una decina di minuti, forse venti; la velocità e il ritmo del Celtic, alla lunga, travolsero un meccanismo difensivo collaudato da anni e reputato insuperabile. "Il 'catenaccio' non moriva con la Grande Inter, ma il mito della sua invincibilità certamente sì. Il Celtic aveva dimostrato che un modo di giocare votato all'attacco aveva un futuro" (Jonathan Wilson).
Atene
I top-players del momento - tolti Zico e Maradona, pur essendo el Pibe ancora lontano dalla sua definitiva e divina dimensione - giocano tutti nella Juventus. Ci sono svariati campioni del mondo - la colonna vertebrale dell'XI di Bearzot, in sostanza -, e in più due acclamate stelle del football europeo, Platini e Boniek (due tipi, peraltro, che sembravano nati per giocare insieme). Ad Atene, la finale con l'Amburgo sembra meno di una formalità. Ma la squadra non ingrana. Non è concentrata; o lo è eccessivamente. Batte in testa. Prende un gol - un gol che sarà evocato milioni di volte da coloro che tengono in antipatia la vecchia signora -, ha il nome di Felix Magath. Nonostante la partita fosse a quel punto ancora lunga, i bianconeri non risalgono più la corrente, incupiti dalla prospettiva di una sconfitta rumorosa e inattesa. Sarà per un'altra volta. La coppa - la prima - arriverà presto, ma - quando sarà - non sarà un giorno di gloria. Anzi.
Istanbul
Alla fine del primo tempo, c'è chi decide di anticipare il corso degli eventi. Prende sciarpe, bandiere e trombette, sale in macchina e comincia a scorrazzare allegramente e chiassosamente lungo i viali di Milano. Ci sono in giro solo atei e interisti. Vanno compresi: un primo tempo sontuoso, il Liverpool è sotto di tre, che si gioca a fare il secondo? Si gioca, è obbligatorio per regolamento, ma stare davanti alla tivù è tempo perso. Anche i giocatori del Milan hanno già festeggiato. Soprattutto Sheva: dev'essersi scolato qualche litro di vodka, perché non ne azzecca più una. Sembra veda doppio, fallisce ogni traiettoria, anche la più semplice. I Reds invece riemergono dagli spogliatoi gonfi di rabbia e determinazione. Quando, quarantinque minuti dopo, inizia la sarabanda dei penalties, nessuno scommetterebbe un solo centesimo sul Milan.