Olympiastadion
Eccolo, lo stadio costruito a München per le Olimpiadi del 1972 è pronto. Qui si giocherà anche la finale della Coppa del mondo, tra due anni. E sarà questa la casa del Bayern, che si appresta a diventare uno dei più grandi club europei. Si inaugura oggi, con un Fußballspiel. E' un'amichevole, ma è Germania Ovest-Unione Sovietica. L'evento ha dunque molteplici valenze politico-simboliche. Ed è anche (ma ancora non si sa) anticipazione della finale che le due nazionali giocheranno tra meno di un mese a Bruxelles, e che varrà il titolo europeo. Nella nuova cattedrale del calcio, le omelie di Gerd Müller sono noiosamente ripetitive, ma piacciono ai fedeli. Del resto, a pregare di solito non è lui, ma il portiere che se lo vede sbucare davanti. Nel pomeriggio accade quattro volte, e non c'è nessuna indulgenza per Rudakov.
1989
History Man
History Man
Il ragazzino è nato a Lambeth nel 1967, quartiere londinese del sud-ovest, eppure nel cassetto tiene la sciarpa del Tottenham, club insediato nell'area di North London. Le prime serie pedate al pallone le tira nelle squadre giovanili dell'Arsenal (e, naturalmente, al debutto fra i 'grandi' si vedrà di fronte le maglie degli Spurs); ma poi, a ben vedere, gli anni della sua maturata carriera (quasi tutti i '90) scorrono ad Anfield, dove si vivono stagioni non indimenticabili. Non si sta parlando di un fuoriclasse. Lui è stato qualcosa di diverso: the History Man. Chissà quanti rivivono devotamente ogni giorno quella sequenza, racchiusa - come autentica reliquia - in un compact disk o in un DVD, diffusa in mille file-video su YouTube, o semplicemente custodita nella memoria di quell'emozione incancellabile. Lui, Michael Thomas, riceve palla da Alan Smith, che l'ha avuta da Lee Dixon - un preciso lancio di quaranta metri, a superare la metà campo. Thomas vince fortunosamente un rimpallo, entra in area. E' solo, incredibilmente. Indugia, forse per trovare coordinazione ed equilibrio, ma è un istante lungo abbastanza perché Bruce Grobbelar si distenda, credendo a uno shot rapido e basso. E invece un morbido tocco di esterno destro, lento e inesorabile, lo scavalca, e si deposita in rete (foto). Quando riprenderà, il gioco si protrarrà per soli altri quaranta secondi. L'Arsenal espugnava Anfield, raggiungeva il Liverpool in classifica, lo superava per la differenza prodotta da quel solo gol. La First Division di quella stagione 1988-89 non prevedeva altre partite. E lui, Michael Lauriston Thomas, fan dichiarato del Totthenam, regalava il titolo ai fieri rivali dell'Arsenal; poco più tardi, si accaserà a Liverpool, forse per aiutare la Kop a dimenticare le calde lacrime che, quella sera, molti versarono nelle fredde acque del Mersey.
Le jour de gloire
L'Olympiastadion di München è il teatro scelto per la prima finale della rinnovata Champions League. Ci arrivano una neofita (l'Olympique di Marseille) e una abituée (il Milan). Tra i due club ci sono precedenti non simpatici, ma il Milan ha dominato il torneo in lungo e in largo: dieci partite, dieci vittorie, ventitré gol fatti, uno solo subito. Anche i francesi arrivano in fondo imbattuti, ma con maggiore fatica. Favoriti - noblesse oblige - i rossoneri. Naturalmente, trionfano i francesi con fortuna non pari al merito e - forse - grazie a iniezioni 'vitaminiche' confessate e impunite. Da quella sera, nessuna squadra di Francia riuscirà più nell'impresa - inutile aggiungere che mai ci era riuscita prima. Imperscrutabili, come sempre, la volontà e i disegni di Eupalla.
L'irresistibile fascino del Fußball
Si disputano la coppa dalle grandi orecchie, a Camp Nou, due giganti del football europeo: United e Bayern. I tedeschi dominano in lungo e in largo. Segnano subito, poi sprecano tutto ciò che è calcisticamente possibile sprecare. Ma è possibile anche vincere con un solo gol, se si riesce a scansare la nemesi. Il che, a dire il vero, accade di rado. Collina dice: tre minuti, godiamoci ancora qualche istante di questa bella serata. "Yes Sir, grazie, noi abbiamo appena iniziato a divertirci", sospirano Teddy Sheringham e Ole Gunnar Solskjaer. In effetti erano rimasti per quasi tutta la partita ai margini, in castigo. Ferguson a un certo punto ha ritenuto che, forse, anche loro avevano il diritto di giocare un po' a pallone, in una festa così, su quel magnifico prato. Tre minuti, due palloni nell'area teutonica, due gol - uno di Sheringham e uno di Solskjaer -, e quelli del Bayern vorrebbero sprofondare nella voragine dell'oblio, ritornare bambini e poter decidere di ignorare l'irresistibile fascino del Fußball.
- Vedi anche le partite del 26 maggio in Cineteca