1985
Stade du Heysel, Brussels
Giorno verrà - non è affatto lontano - che il calcio perderà i suoi satanici sapori di transfert dalla degradazione e dalla miseria. Allora tornerà ad essere per molti quello che è sempre stato: il gioco forse più bello di tutti. Parola di un povero fra i tantissimi poveri di questo mondo
Gianni Brera (La Repubblica, 31 maggio 1985)
Vedi anche Eupallog In primo piano
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Giorno verrà - non è affatto lontano - che il calcio perderà i suoi satanici sapori di transfert dalla degradazione e dalla miseria. Allora tornerà ad essere per molti quello che è sempre stato: il gioco forse più bello di tutti. Parola di un povero fra i tantissimi poveri di questo mondo
Gianni Brera (La Repubblica, 31 maggio 1985)
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1968
Alla memoria dei ragazzi perduti a Monaco
Qualcuno dalle parti di Lisbona comincia a prendere sul serio la profezia di Guttmann. Maledizione. Il Benfica ha raggiunto la quinta finale del decennio. Ha vinto le prime due, poi sono arrivate le milanesi e la storia è girata. Non c'è due senza tre? Vedremo. Quest'anno tocca agli inglesi, e il dannato capellone incute un certo qual timore. Per non dire dello spelacchiato, già: Bobby Charlton, Sir Bobby Charlton. Come non bastasse, si gioca a Wembley; e c'è da aggiungere che si giocò a Wembley anche la finale del 1963. A Londra contro lo United, e l'ultima volta a Milano contro l'Inter. Sempre in trasferta, hai un bel dire. I portoghesi fanno quello che possono. A dieci minuti dal ghigno di Guttmann per fortuna Jaime da Silva Graça (non è uno della vecchia guardia, forse non ha mai sentito parlare dell'ungherese e delle sue ciance) rimette la partita in sesto. Si va ai supplementari. Ma il Benfica è stanco, lo United dilaga. Quattro a uno, tutto da dedicare alla memoria dei ragazzi perduti a Monaco, dieci anni prima.
Cineteca
1974
Inutile scampagnata a Leipzig
Il Zentralstadion di Leipzig è un enorme catino, interamente scoperto. Cemento su cemento, gradoni bassi, la struttura si estende in ampiezza e non in altezza. Spesso, la Fussballmannschaft della Germania socialista viene qui per provare a spennare ospiti di rilievo. Oggi, per esempio, c'è l'Inghilterra. Essendo depressi, gli inglesi buscheranno, è sicuro, vagheggiano i novantacinquemila che affollano l'arena. Di fatto, il pensiero che all'imminente mondiale tedesco ci vadano due Germanie e loro no - e che per giunta un biglietto d'ingresso l'abbiano invece sgraffignato gli scozzesi - dev'essere intollerabile. Perciò devono far vedere di che pasta sono fatti. Pasta molle, ma sufficiente a strappare un pareggio. Un inutile, noiosissimo pareggio. I tedeschi d'oltremuro si accontentano, dev'essere gente di bocca buona. In fondo, hanno un chiodo fisso: la sfida con i fratelli ricchi dell'Ovest, in calendario il prossimo 22 giugno, ad Amburgo.
Io mi fermo qui
Finita la partita, Dino non ha una bella faccia. Ne ha incassati due. E' andata come al solito: gli azzurri, a fine campionato e negli anni dispari, vanno al nord, dove c'è sempre qualche rognosa partita di qualche rognoso girone di qualificazione per qualche dannato campionato d'Europa o del mondo, da giocare contro freschi e muscolosi atleti di qualche paese scandinavo. Sempre no. Quasi sempre. Stavolta è toccato andare in Svezia. Bello l'Ullevi, e anche Göteborg non è male. Non lo è neppure l'undici in maglia gialla. Due a zero, addio kermesse di Francia. I campeones do mundo sostanzialmente abdicano, è stata una grande, lunga e bella avventura. Finisce così. Dino non ha una bella faccia. Si toglie i guantoni, guarda il Vécio, suo amicone e compagno di briscola, e gli dice "basta, io mi fermo qui". Centododici volte si è piazzato tra i pali, per difendere la verginità dell'Italia. Ora tocca a qualcun altro, anche se un erede alla sua altezza ancora non c'è.
Tabellino e highlights
Gli irlandesi danno la birra ai tedeschi
Parata della Nationalmannschaft ad Hannover. L'armata dei campioni del mondo, guidata dal veterano Berti Vogts, sta per andare dall'altra parte del globo a difendere il titolo. Si punta dritti alla quarta finale consecutiva. Ci si allena per questo, e per questo c'è qui la piccola nazionale d'Irlanda, per un bel galoppo di preparazione condito da tanti gol. I pedatori teutonici sono agghindati e appesantiti dalle loro medaglie. Un po', probabilmente, anche dagli anni. Matthäus. Völler. Klinsmann. Häßler. Buchwald, Berthold, Möller. Illgner, il portiere. Ah già: Kohler. E Sammer. E Riedle. Questi undici, insieme, hanno sommato quasi settecento partite internazionali. E gli altri? Mica sono dei pivellini, gli irlandesi. Non è gente che vivacchia nel Shelbourne, nei Shamrock, nel Cork o nel Bohemians - con tutto il rispetto. E' gente di bel mondo. Irwin, McGrath, Phelan, Houghton, Whelan, Roy Keane, e Cascarino il globe-trotter. In panca, John 'Jack' Charlton (nella foto, quattro chiacchiere con McGrath). Dicono qualcosa, i nomi? Forse, ai tedeschi, poco. Infatti gli rifilano un gol per tempo, e mesta è la partenza dei Panzer per l'America.