Volevano fare uno show
E' una selezione giovane, quella inglese che affronta per la prima volta nella storia il Brasile. Naturalmente a Wembley. I più esperti sono senz'altro Matthews e Wright (nella foto, con Nilton Santos); ci sono le giovani stelle di Busby, i poveri Duncan Edwards e Tommy Taylor. C'è anche, all'esordio, Colin Grainger, inside left dello Sheffield United, appena sprofondato nella serie inferiore grazie a un disastroso finale di stagione. I brasileri hanno Gilmar e i due Santos e Didi, gli unici che ritroveremo al Råsunda tra due anni, nella finale della Coppa Rimet. Illusoria, dunque, la maramalda vittoria albionica: quattro a due, e doppietta proprio di Grainger. Quanto a presunzione, tuttavia, i brasiliani non sono mai stati inferiori a nessuno: "Qualche giorno prima avevamo perso con l'Italia, e quindi volevamo fare uno show", disse uno di loro. Infatti.
Cineteca
Nel maggio del Sessantotto ...
Nel maggio del Sessantotto la Juventus disputò per la prima volta nella sua storia le semifinali della Coppa dei campioni. Si potrebbe ironicamente dire (vista la simbolica coincidenza cronologica) che fu un evento rivoluzionario, ma la Juve di quegli anni era definita "operaia", non aveva icone beat da far strappare i capelli alle ragazze e la guidava uno che soprannominavano "ginnasiarca" o "sergente di ferro". Un'edizione pur sempre 'istituzionale' ma lontana anni luce dal profilo elegante e nobile (dallo 'stile') del club potente e dedito al potere di altre stagioni. Una semifinale, però, è roba seria. L'avversario è temibile, perché è il Benfica, bacheca già ricca e abitudine a partite come questa, diverse stelle fra cui ovviamente quella lucentissima di Eusébio. Chi lo marca? In prima battuta, pare Del Sol. Un po' lui se ne preoccupa, perché è alto la metà (dicono: che esagerazione!), e soprattutto quando giocava nel Real ci ha già perso contro una finale. Ma lo spagnolo non è tipo da tirarsi indietro, ha vasta esperienza, dicono sia vecchio (che malignità) ma ha ancora fiato ed energie da vendere. E se non lui? Beh, pare che Heriberto abbia allertato Bercellino. Dicono però (altre malignità?) che quando gli ha prospettato l'ipotesi lui sia sbiancato, vittima di un lieve ma autentico choc. Alla vigilia i giornalisti stuzzicano un po' il difensore, e lui non ha difficoltà ad ammettere di essere preoccupato - e chi non lo sarebbe -, dunque si limita a promettere che (eventualmente) francobollerà Eusébio sportivamente e accuratamente, senza infierire su quel ginocchio sinistro del mozambicano che un po' male da tempo gli fa. Dal canto suo Mário Esteves Coluna, capitano del Benfica, diffonde la scaletta preparata in vista del concerto all'Estádio da Luz: "Per andare tranquilli a Torino, dobbiamo vincere con due gol di scarto qui a Lisbona e io sono convinto che riusciremo a raggiungere questo traguardo". Sapeva il fatto suo, Coluna. Quando, a venti minuti dalla fine, Eusébio aggancia un pallone in area, controllandolo lo sposta sul sinistro (che gesto: leggerezza e classe infinita), e poi di esterno destro trafigge Anzolin, la partita (e la semifinale) si compie. Dai turni di notte, gli operai smontano sempre con un senso di stanca tristezza, con il sospetto d'essere forse più poveri di quel che in fondo e in realtà essi sono.
Orgoglio corso
Lo Sporting Club di Bastia non era mai stato (né mai sarà, da allora in poi) ai vertici del football nazionale e internazionale. A spiegarne la fiammata europea della stagione 1977-78 sono però sufficienti due nomi di pedatori non indigeni; due affermate stelle che decisero di trascorrere sul mare della Corsica uno spezzone di carriera: ormai al tramonto quella di Dragan Džajić, già castigamatti della Stella Rossa e della Yugoslavia di fine anni '60, che militò nel Bastia fra il 1975 e il 1977, trascinando la squadra al 3° posto della Ligue 1 1976-77 e dunque alla qualificazione per la Coppa Uefa della stagione successiva; in pieno spolvero quella di Johnny Rep (nella foto, a destra ...), centravanti della nazionale Orange e pochi anni addietro spietato finalizzatore nell'Ajax dell'era Cruijff. Certo l'epilogo fu mesto, e (apparentemente) abbastanza scontato. Il sogno di essere la prima compagine di Francia ad alzare una coppa si infranse nel piccolo (ma ai tempi ultra-moderno) stadio di Eindhoven, e a suonare la sveglia fu il rampante PSV. Giornate memorabili, in ogni caso. Johnny se ne andrà nel 1979, e lo Sporting Club tornò rapidamente nella penombra della Division 1.
Paradiso blucerchiato
Abbonata da due stagioni alla Coppa Italia, la Samp frequenta il salotto buono d'Europa, e ha già sfiorato l'impresa giusto un anno prima, quando fu però seccamente sconfitta in finale di Coppa delle coppe dal Barça. Alla vigilia dell'anniversario, è di nuovo arrivata in fondo al torneo. Trova un avversario teoricamente più malleabile, anche se di lunga militanza nelle competizioni continentali: l'Anderlecht di Bruxelles. Si gioca al fresco del nord, nel modernissimo Ullevi di Göteborg. Non è una passeggiata tra i boschi: i belgi si arroccano e resistono, ma la superiorità doriana è evidente. Sblocca e decide Gianluca Vialli (foto), nell'extra-time. "Se non vincevo questa Coppa, mi buttavo giù dall'aereo", assicura Roberto Mancini nel dopo-partita.
- Vedi anche le partite del 9 maggio in Cineteca