La paradinha
E così i brasiliani da Marsiglia dovettero tornare a Bordeaux e non salire verso Parigi: ci tornarono a giocare per il terzo posto sul podio mondiale. Avevano già prenotato l'aereo (per Parigi, va da sé), e la smargiassata diede a Pozzo un buon argomento per caricare i suoi: "bauscioni de l'ostia", avrebbe reagito Peppino. Un'altra smargiassata tipicamente brazileira fu la decisione di risparmiare Leonidas (considerato un fenomeno, o spacciato per tale) e Trim (altro presunto fuoriclasse) in vista della finale (ma la circostanza è dubbia: nei quarti "i cechi li hanno pestati per il meglio", ricorda Brera). Una "sacrosanta legnata" (così Monsù Poss) di Colaussi portò in vantaggio gli azzurri. Poi ci fu il famoso episodio del rigore calciato da Peppino in coordinazione virtualmente precaria e con doppia esitazione, per via dell'elastico che, ceduto, lo costrinse a impegnare l'arto sinistro scongiurando la caduta delle brache. Senza volerlo, Meazza brevettò la paradinha, che coincise peraltro con il suo ultimo gol in nazionale; gli restava la finale, e poi ancora qualche amichevole (famosa quella concessa agli inglesi nel '39, a Milano). Poi arrivò la guerra. Poco più di cinquanta partite, trentatré gol; numero perfetto, per un divino pedatore. Quanto ai sudamericani, si lamentarono per il rigore subito e per un rigore non avuto; indispettiti dal cambio di programma, si tennero i biglietti dell'aereo per Parigi, costringendo i nostri a un vagabondaggio last minute lungo tutta la Francia, in treno, di notte.
Cineteca
Il giallo di Zagabria
Volete rivedere la partita? Bastano quindici secondi per capire l'antifona. Anche meno. Siamo a Zagabria, piove a dirotto sulla prima semifinale del Campionato d'Europa. Al centro del cerchio di centrocampo ci sono Johan Cruijff, Anton Ondruš e Clive Thomas, arbitro gallese, e uno dei due guardalinee che ripara il Grande Olandese con l'ombrello (foto). Convenevoli, ancora qualche palleggio e si parte. Gli arancioni sviluppano la prima azione sull'out destro, poi il pallone finisce tra i piedi di Johan. Duro ma regolare contrasto di spalla portato da Jozef Čapkovič, difensore centrale della Cecoslovacchia; Cruijff finisce a terra, e la sfera in fallo laterale, assegnata alla Cecoslovacchia. Battuta rapida, ma il gioco è fermo. Quel che sta accadendo, purtroppo, sfugge alla telecamera. Il Grande Olandese capitano dei suoi e padrone della palla, della partita, dello stadio e del Campionato, sta protestando. Non sappiamo per cosa. Per il rude contrasto? Perché ritiene sia stato un imperdonabile errore l'assegnazione della rimessa ai suoi avversari? Il referee forse non aspettava altro, o forse ha deciso correttamente: cartellino giallo. Dunque l'Olandese, capitano dei suoi, padrone della palla e della partita eccetera eccetera, sa già che, al ballo della finale, lui non sarà invitato. Ed è perciò che si rifiuta di giocare anche la semifinale, appena cominciata. Protesta dal primo all'ultimo minuto, come un bambino arrabbiato; altri (Neeskens e Van Hanegem) si comportano da bulli e si fanno addirittura espellere. Risultato finale: tre a uno per la Cecoslovacchia, ma solo dopo i tempi supplementari. Ai quali conduce una doppietta ecumenica (rete e autorete) del titanico Ondruš.
1982
En una Copa del Mundo nunca, nunca hay un enemigo pequeño
Per due consecutive temporadas, nella primavera del 1980 e del 1981, la Real Sociedad fu campione di Spagna. In quella che portava al mundial, tuttavia, fece pochissima strada in Coppa dei campioni: fuori al primo turno, due partite e nemmeno un gol al CSKA di Sofia. Bene. La Roja è costruita da Santamaria sul blocco dell'undici basco, con innesti variamente distribuiti. Basterà per esordire a Valencia senza tragedie, prendendo i due punti, contro l'Honduras? "En una Copa del Mundo nunca, nunca hay un enemigo pequeño" (la critica spagnola è all'erta, ricorda bene il dispetto coreano del '66 all'Italia, e si è ulteriormente spaventata quando nel pomeriggio, a Gijon, l'Algeria ha beffato i tedeschi). Quindi, attenzione: "en el convencimiento de la enorme diferencia que existe entre ambos conjuntos, podría estar el único gran peligro qué le vemos al partido. España debe salir a jugar como si jugase contra la selección que cuenta con más posibilidades para hacerse con el título". Il problema principale - sia consentito dire ex-post - non è quello di sottovalutare la Bicolor, bensì di ritenere competitiva la compagine di casa. La quale infatti, mentre ancora l'eco degli inni nazionali non si è spenta al Mestalla, ha già preso uno sberlone in contropiede. Nubi nere solcavano il cielo, prima della partita, e non per caso. Ci vorrà un rigore a venti minuti dalla fine per evitare alla Spagna l'onta di una bruciante sconfitta, ma di applausi ne prenderanno solo i simpatici centro-americani. Il loro santone, Chelato Uclès (ma all'anagrafe José de la Paz Herrera), è raggiante (foto): "mai visto niente di più bello in vita mia: vorrei portarmi una coperta e dormire sul campo". Sogni d'oro.
Cineteca
La resa dei conti di Puebla
Beh, può darsi che gli argentini attendessero questo giorno dall'ormai lontanissimo 30 luglio del 1930. Da allora, l'Albiceleste e la Celeste hanno giocato tantissime partite, mai tuttavia in una fase finale di Coppa del mondo. Certo, oggi non scendono in campo per contendersi il trofeo, ma per non essere cacciate dal torneo. Siamo solo agli ottavi di finale. L'appuntamento è fissato a Puebla de Zaragoza, oltre ventimila leghe sul livello del mare; praticamente in cielo. L'arena è intitolata a Cuauhtémoc, ultimo sovrano azteco. Ispiratissimo, Diego regna sulla partita. Pali e traverse, gol annullati, l'Argentina non riesce a blindare il risultato (schiodato da Pasculli: foto) e rischia fino all'ultimo istante. Gli uruguayani fanno quello che possono, cioè poco o nulla; ma sono sempre in agguato, com'è loro tradizione. Il Pibe, che ha disputato una gara fantastica e disperata, sorride solo quando l'arbitro sequestra il pallone e manda tutti a riprendere fiato; ancora tre partite, solo tre partite. Poi i conti torneranno alla pari sulle due sponde del Río de la Plata, tra Baires e Montevideo.