La mesta vittoria
L'Italia distribuisce fiori e regali ed esce dal Nacional di Santiago tra gli applausi. Forse anche perché ieri pomeriggio, prima del match del Cile contro i tedeschi, con una cerimonia pubblica i potentati della comitiva azzurra hanno donato ai dirigenti cileni una lupa bronzea, "chiedendo perdono di aver ricevuto pugni in faccia". Forse e anzi soprattutto perché la partita con gli elevetici non contava nulla - entrambe eliminate erano e tali resteranno, ciò che per quanto riguarda la Suiza a nessuno parve una sorpresa. Vai a sapere. L'Italia vince con uno scampanellante tre a zero, per la prima volta giocano Bulgarelli e Sormani (foto), ma è un risultato che davvero non interessa a nessuno. Infatti la notizia del giorno è un'altra: Amarildo sta per firmare un contratto con la Juventus. Già. Colpaccio? No, perché l'uomo che aveva rimpiazzato Pelé cambierà idea, e si accaserà al Milan. Monsù Poss è costretto a parlare ancora di calcio, il suo resoconto da Santiago è stracco, ma il finale è di spessore letterario: "Alcuni nostri giocatori, esclusi gli oriundi e quelli del Milan che resteranno in Sudamerica per aggregarsi ai rossoneri in tournée, partono sabato per l'Italia. Arriveranno domenica mattina a Malpensa".
Italia-Svizzera: cineteca | La Stampa (8 giugno 1962, Cronache dello sport)
Sotto le tre torri torna il tricolor
Dopo aver disperso nel Praterstadion le ceneri del grande Real Madrid, resta per l'Inter da archiviare la pratica domestica. Lo scudetto è conteso, la conferma del titolo incerta, il Bologna uno squadrone improvvisamente memore del proprio blasone. Ma c'è una storia di doping, di partite scritte sul campo e riscritte a tavolino, ciascuno ha il suo fidato giudice a Berlino; il cuore di Dall'Ara, presidente dei rossoblu, cede di schianto. Alla fine, la conta dei punti produce una sensazionale parità: per la prima volta, dall'istituzione del girone unico, si arriva allo spareggio. Spareggio, ordalia, iuditium Dei. In un pomeriggio di grande calura, le energie dell'Inter dissolvono. "Si sono visti i suoi resti, all'Olimpico: una sorta di labile ectoplasma di quella che era stata la squadra più grintosa e gagliarda del campionato" (Brera). Sotto le tre torri tornava il tricolor, un'attesa durata lunghissimi decenni. "Lo Bello fischiò la fine e mi assalì una strana sensazione. Eravamo campioni d'Italia, ma stentavo a crederlo", disse Giacomino Bulgarelli (nella foto, insieme a Pascutti). Dall'Ara, ombra tra le ombre, attinge gloria postuma; della sua squadra si diceva: "così si gioca solo in Paradiso". Ce la porterà in tournée.
1992
Delirio
Dice qualcosa il nome di Pier Luigi Cherubino? E quello di Juan Enrique Estebaranz López? Forse qualcosa di più, se si aggiunge il soprannome: "Quique". Ne manca uno, ed è il più famoso dei tre, avendo disputato una quarantina di partite con la maglia do Brasil: Ricardo Roberto Barreto da Rocha. Tutti e tre erano in campo, il 7 giugno del 1992, all'Heliodoro Rodríguez López di Tenerife. E tutti e tre sono registrati nel tabellino dei marcatori di giornata. Rocha era un difensore centrale e, purtroppo, il pallone l'ha messo nella porta sbagliata. Quella del Real Madrid, cioè la propria. Anche gli altri due l'hanno piazzato lì, ma giocavano nel Tenerife. La storia ha un suo fascino: il Madrid vinceva facile (due a zero), era l'ultima jornada della Liga. Ribaltamento della partita (due a tre) e sorpasso del Barça. Delirio in Catalogna, e sorrisone beffardo stampato sul volto di Johan Cruijff. La storia ha un fascino doppio. Perché trascorre un anno, e i Blancos volano ancora a Tenerife per l'ultima partita. Forse ci vanno già rassegnati. Altro sorpasso catalano, e il sorrisone sul volto di Johann Cruijff non è più beffardo: è sarcastico.
Lo spirito dell'aria
Francia. E poi Argentina: ecco le squadre favorite - insieme a Italia e Brasile - della Coppa del mondo. D'accordo, la Francia praticamente ha già abdicato. Ma l'Argentina è una macchina poderosa, e soprattutto ha un giocatore fantastico: Ariel Ortega, il nuovo Maradona. Un Maradona nuovo di zecca. Anzi: un Maradona decisamente migliore di Maradona. Quando Ariel appenderà le scarpe al chiodo gli argentini sostituiranno la sua alla santa leggenda del Pibe, ma intanto c'è da giocare con l'Inghilterra, e si sa come Dios non ami particolarmente gli inglesi. Come al solito, vincerà l'Albiceleste. I ronzini di Albione inciucchiranno nel tentativo di vanificare le veroniche di Ortega, i suoi funambolici dribbling, le sue mirabolanti invenzioni, le traiettorie impossibili che sa imprimere e imprimerà alla sfera, sicché i musi gialli finalmente sapranno qual è la vera arte del calcio. Ma ecco che la sagoma bionda di una rock-star si staglia a undici metri da Pablo Caballero, siamo verso la fine del primo tempo. David Beckham: non crederà per caso di essere a Wembley, la mano de Dios fermerà la sua corsa e lui inciamperà comicamente in un filo d'erba, e la pelota tornerà tra i piedi di Ariel Ortega, il quale, come vero spirito dell'aria, invisibile la condurrà rapidamente dall'altro lato del campo, in una fuga che è certo destinata a concludersi tra canti gloriosi, e inutile sarà il sacrificio dell'uomo del mare, David Seaman, baffuto portiere e dunque risibile baluardo di quel che resta dell'Impero britannico. Tragedia. Beckham scuote la rete con un tiraccio (foto), e nella pampa il sole che sorge porta delusione e tristezza. «Avevamo dei piani, non ci è mai riuscito di metterli in pratica», dice Marcelo Bielsa. E Ortega? Ortega è Ortega: forma senza sostanza.
- Vedi anche le partite del 7 giugno in Cineteca