Senza infamia e senza lode
Così, "in modo semplice, normale, pacifico", i poveri 'studenti' vestiti d'azzurro ammaestrati da Carlino Beretta abbandonano la kermesse calcistica di Olimpia; "senza avere destato entusiasmo per la loro condotta, senza avere suscitato recriminazioni per la loro sconfitta, senza che nessuna obbiezione possa essere elevata al riguardo" (Monsù Poss). Già, e pensare che non perdevamo con l'Ungheria da decenni. Del resto, se da una parte ci sono - con tutto il rispetto - Ventura, Mariani, Gimona, Fontanesi e La Rosa, e dall'altra Puskás, Hidegkuti, Kocsis e Palotás (foto), incassare solo tre gol ha quasi il significato di un'impresa. In verità, Brera è assai più sarcastico: "la poca gente che preferisce il calcio all'atletica si fa un sacco di risate alla faccia nostra. Basterebbe un terzino tosto alle spalle dello stopper per mettere in serio imbarazzo Puskas e Kocsis: il povero Carlino Beretta lascia che il greve Azzini segua Palotas, finto centravanti, perché così vogliono i numeri sulle maglie. Il disastro è sicuro. Sul 3 a 0, per fortuna, gli ungheresi si fermano". Amen.
Cineteca
1991
El Ángel Gabriel
E finalmente l'Argentina tornò a vincere la Copa América. Farà il bis due anni dopo, e resteranno gli unici successi raccolti dall'albiceleste della generazione Batistuta. Diego non c'era, ma il protagonista di quell'edizione fu proprio il grande bomber, passato dal River al Boca e in procinto di attraversare l'oceano per trascorrere gli anni migliori della sua carriera sfondando le reti degli stadi italiani. In quell'edizione del campionato sudamericano El Ángel Gabriel fece sei gol, tutti decisivi. L'ultimo lo tenne in serbo per Higuita, il famoso portiere colombiano; controllo perfetto in corsa, e poi destro terrificante di prima intenzione sul palo più vicino. A Firenze avevano già l'acquolina in bocca.