Vampiro e capeta
Certo: gli stadi scelti per la seconda Confederations Cup fanno venire i brividi, al solo menzionarli. L'Azteca. Il Jalisco di Guadalajara. Sono le arene in cui vennero giocate, nel 1970, alcune tra le partite più evocate nella storia della Coppa del mondo. L'esordio, all'Azteca, è la finale che non ci fu allora. Al posto dell'Italia, la Germania. Nel catino immenso e senza ombra del mezzogiorno in altura, il Brasile è ispirato. Quattro gol, come quel giorno ormai lontano. Anche senza Ronaldo. Ma - questo è il punto - c'è un altro potenziale campione. Un altro presunto campione. Un centrocampista che ha ingolosito l'Inter. Si chiama Marcos André Batista dos Santos, gioca nel Corinthians, ma è già stato in Europa, a Eindhoven. Passa da una squadra all'altra, sempre in prestito. Chissà perché, Luxemburgo ha iniziato a convocarlo in nazionale. Non solo lui, sia chiaro. Ci sono altri pedatori che - chissà perché - fanno parte della Seleçao. Per esempio, Odvan Gomes Silva. Qualcuno se lo ricorda? Eppure lo conoscono dappertutto, non c'è club brasiliano in cui non abbia militato durante la sua lunga carriera. In Europa non ha mai messo piede; in compenso, è stato una stagione a Washington, dove ha vestito la maglia del glorioso D.C. United: l'hanno cacciato subito, a quanto pare. Ma torniamo a Marcos André Batista dos Santos. In realtà, è meglio adoperare il soprannome: Vampeta. Sì, era via di mezzo tra un diavolo e un vampiro. Più un vampiro, diremmo, vista la sua capacità di succhiare ingaggi a destra e a manca. Giocò, come si diceva, una stagione nell'Inter. Anzi, meno. Arrivato nell'agosto del 2000 - in fondo, era un amicone di Ronaldo -, non fece in tempo ad assaggiare il panettone. Anzi, in campionato giocò solo una partita. "Non è possibile che in Brasile ci siano 175 milioni di stupidi che mi apprezzano e qui solo gente che mi disprezza". Qualche motivo ci sarà stato, Marcos André.
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