Un uomo di poche parole
Conferenza stampa a Milanello, cioè nel bunker del Milan. Fa capolino Marco Van Basten, uomo di tanti gol ma di poche parole. "La notizia che devo darvi è corta. Semplicemente ho deciso di smettere di fare il calciatore. Grazie a tutti”. Se ne andrebbe subito, ma lo torturano con un sacco di domande scontate. Certo, la caviglia. Mille operazioni tutte inutili, anzi, dopo ciascuna - dice lui - le cose andavano peggio. Tornassi indietro. Certo, che grande centravanti. Il più grande, dicono tutti. "Quando un giocatore smette, diventa sempre migliore. Ma io ho giocato tante brutte partite, ho sbagliato gol clamorosi. Adesso mi dite che sono stato il più grande ma la verità è che ho fatto parte di una squadra imbottita di campioni". Vero, come dargli torto. "Ma ora, scusatemi, devo guardare al futuro. Ho già parlato troppo del passato", conclude. Giusto. Il pallone è finito, ma la vita continua. "Una vita senza calcio è bella lo stesso", dice. Ed è meglio coltivare la nostalgia di pochi istanti indimenticabili per tanti e sicuramente unici, piuttosto che rimpiangere il tempo mancato per offrire la semplice replica di cose già viste.
I numeri di David Benjamin James
Ci dev'essere una ragione per cui, negli scorsi centocinquant'anni, il solo cittadino inglese che meriti di essere considerato un ottimo goalkeeper è Gordon Banks. Ci dev'essere, e prima o poi qualcuno la indagherà e - magari - la scoprirà. Altrove, di solito, in porta giocano quelli che da ragazzini con il pallone tra i piedi non sono dei fenomeni; in Inghilterra, invece, per un posto di lavoro tra i pali reclutano preferibilmente dei clown. Strani personaggi. Per esempio, il 17 agosto 2005, il Parken di Copenaghen fece un buon incasso: oltre quarantamila spettatori paganti perché speranzosi di vedere lo show di David Benjamin James, estremo del Manchester City e della nazionale inglese. Purtroppo, tuttavia, James restò in panchina per tutto il primo tempo, in un gioco privo di gol e di emozioni. Ma il manager albionico, Sven-Göran Eriksson, lo manda sul palco all'inizio del secondo. Lui ha bisogno di un quarto d'ora per scaldarsi, ma poi la sua prestazione è formidabile. Incassa tre palloni in sei minuti (e un quarto pezzo di bravura lo dispensa a tempo ormai scaduto: come un grande cantante che concede il bis), ma veramente memorabile è stato il numero che regalò sul primo. Un'uscita senza senso dall'area di rigore, incontro a Thomas Gravesen, che lo supera con un tunnel ma è poi costretto ad allargarsi per l'arrivo intimidatorio di Ashley Cole. Contrasto vinto dal danese, e intanto passa un bel po' di tempo. James, esaltato dal proprio acuto, desta la rumorosa approvazione del pubblico e lentamente si incammina verso il proprio ufficio, in tempo per vedere Gravesen mettere il pallone comodamente sui piedi di Dennis Rommedahl, che a porta vuota segna ma già si sta rotolando dalle risate. Applausi a scena aperta.