3 agosto

1996
La trappola del fuorigioco

La scena è anche abbastanza comica. Perché scappano tutti in avanti, quei vinci-poco-o-nulla in maglia albiceleste? Dicono sia scattato un allarme. Forse in area di rigore c'è un ordigno, una bomba a orologeria pronta a esplodere, e nessuno vuole lasciarci la pelle. Solo il portiere rimane lì, non l'hanno avvisato del pericolo. E così, mentre gli argentini escono dall'area, entrano i nigeriani. Sembra il cambio della guardia a Buckingham Palace, manca solo la musica - di turisti curiosi, sugli spalti, ce ne sono a bizzeffe. Entrano i nigeriani, dunque. Quanti sono? Due, tre, quattro, cinque. Ah, adesso ho capito. Era un trucco. Sul calcio da fermo, in posizione assai laterale, i furbacchioni hanno creduto di potersela cavare mettendo in fuorigioco tutti gli avversari. Solo che, perché il gioco - anzi, il fuorigioco - riesca, occorre si sia culturalmente abituati a seminare trappole quando gli altri non se l'aspettano. Se gli altri lo sanno già, ti fregano. E gli africani, evidentemente, lo sapevano. Morale: all'ultimo istante di una finale incredibile e disperata, di bellezza inedita a queste latitudini, la Nigeria fece il gol del tre a due, e all'Argentina rimase tra le mani, sul podio di Olimpia, una sola medaglia d'argento. Rimontata due volte, non ebbe più tempo e forza per rimontare. Emmanuel Amuneke, scaraventando quel pallone, al volo, di sinistro, alle spalle di Pablo Caballero, divenne eroe del continente nero, uno degli ultimi eroi del ventesimo secolo.
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