Nella tana del Fortuna
In un mercoledì di fine settembre, il Toro va nella patria dei campioni del mondo. E' ancora precampionato da noi, nella stagione post-mondiale, e la Serie A inizierà addirittura in ottobre. La condizione fisica non è granché. La trasferta a Düsseldorf per il ritorno del primo turno di Coppa Uefa promette poco di buono, non è che vincere uno a zero contro la Sambenedettese sia un viatico particolarmente rassicurante per Fabbri. Fabbri, già. Mondino è alla guida del Toro, sarà il suo ultimo anno in panca a un certo livello. Dopo di lui, i granata decolleranno, all'orizzonte ci sono stagioni memorabili. L'andata è finita pari, uno a uno. Gli avversari, però, sono di nome: sono il Fortuna, ma non hanno un palmarès di rilievo. I tedeschi si avventano, passano, si suicidano, resuscitano, menano, vincono la partita e si qualificano per i sedicesimi di finale. Per il terzo anno consecutivo, il Toro abbandona la tavolata europea senza nemmeno finire l'antipasto. Il vecchio capitano, Giorgio Ferrini (foto), giocherà le sue ultime partite solo su campi italiani.
Tabellino
1993
Il Filosofo
A quei tempi, gli allenatori delle squadre più forti o dai modi più originali avevano tutti un soprannome. Helenio Herrera era 'Il mago' (ma anche 'HablaHabla', oppure 'Accaccone', che lo distingueva da 'Accacchino', cioè Heriberto Herrera), Pesaola 'il Petisso', Rocco 'il Paron'. Diverso da tutti - nell'atteggiamento disincantato, ironico, talora spiazzante - era Manlio Scopigno, 'il Filosofo'. Allenatore fuori dagli schemi, si suol dire. Un friulano, va ricordato. Quel che fece a Cagliari - vincendo lo scudetto, nel 1970 - lo ricordano tutti, e molte sue frasi di quei tempi furono conservate e archiviate (e custodite) come preziose gemme di un'epoca. Era davvero un grande, singolare personaggio, caro a tutti coloro che amavano il calcio. Manlio Scopigno si spense, a Rieti, il 25 settembre 1993.