Il re piange, ma è ugualmente samba al Maracanã
La comitiva rossonera sbarca a Rio - per il ritorno della Coppa intercontinentale si gioca al Maracanã, i cui esosi posti sono andati esauriti o quasi -, raccoglie applausi all'aeroporto, e soprattutto riceve una buona notizia: Pelé non gioca. Almeno un pareggio, dunque, non dovrebbe essere fuori portata. Nell'erba alta i brasiliani randellano senza costrutto; dopo quarantacinque minuti, il Milan è avanti di due gol, e qualcuno sta già immaginando il portellone dell'aereo che si apre a Malpensa, e là sotto la folla i canti e le bandiere. In tribuna, dicono che Pelé pianga, mentre il pubblico invoca - è la massa dei fedeli delusi - il suo nome. Ma poi la scena cambia. E cambia la musica. A ritmo di samba, i santistas (aiutati un po' dall'arbitro - argentino, mah! - e molto da Ghezzi) ne fanno quattro in venti minuti; anche se contasse, a questo punto differenza reti non c'è. Si deve ricominciare daccapo. Partido de desempate, sempre qui, tra due giorni. E il diavolo sprofonderà nell'inferno del Sudamerica.
Cineteca
1992
Der Schweiger
Il 18 novembre del 1992, al Frankenstadion di Norimberga si incontrano amichevolmente la Germania e l'Austria. Sulla panchina degli austriaci c'è Dietmar Costantini, e appoggiato accanto a lui un cappello. Era il cappello di Ernst Franz Hermann Happel, scomparso quattro giorni prima a Innsbruck. Il 'Silenzioso' (der Schweiger) se n'era andato, solo qualche mese dopo aver ripreso la guida del primo XI che aveva allenato, nel dopoguerra, per un decennio, un lungo e formativo tirocinio che lo portò in seguito a mietere successi in tanti club, girando in lungo e in largo l'Europa, portando l'ebbrezza del successo là dove ancora nessuno la conosceva. Nella galleria del '900, i capolavori di Happel occupano una delle sale più prestigiose; e il suo nome fu dato, dopo la morte, al santuario del football austriaco: il Praterstadion di Vienna.
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