L'ultima recita del Cabezón
"Un giocatore con tanti anni di esperienza - come me - dovrebbe saper controllare i propri impulsi", dichiara negli spogliatoi, subito dopo la doccia. "Sono stato ingenuo a cadere nel tranello tesomi da Heriberto Herrera per farmi innervosire", precisa il giorno dopo, in attesa di sapere a quante giornate di squalifica ammonterà la sua condanna. Heriberto, già: lo detestava. E l'antipatia era reciproca. Ancora negli anni della maturità, Omar Sivori non sfuggiva al proprio cliché; nelle zone infuocate del campo, a palla vicina o lontana, qualcosa di troppo a qualcuno diceva (o faceva), o qualcosa di troppo rispondeva. Non si saprà mai se era più spesso il provocato o il provocatore. Le sue lune, d'altra parte, erano sempre in copione, tema integrante dello spettacolo. La partita, quella volta, non era una partita qualsiasi. Napoli-Juventus, in un San Paolo ribollente e cattivo come non mai. Vinse il Ciuccio, due a uno, Sivori fu espulso, sei giornate di squalifica. Troppe. Decise di smettere, e quella contro la Juve restò dunque la sua ultima recita.
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