Gioanin
Non è forse un caso che abbia aspettato il 1982 per andarsene. Verso la fine dell'anno in cui ritrovava fasti mondiali, il calcio italiano perdeva uno dei suoi santi pedatori: Giovanni Ferrari, una delle nostre più grandi mezzali - a detta di molti la più grande. "Ferrari era stato un grande coordinatore, sui campi, del gioco altrui. Meazza, Orsi e Colaussi, nella Nazionale e nelle squadre di club, hanno tratto il massimo dalle sue geometrie, dal suo calcio euclideo, hanno risolto problemi che lui, con un tocco, rendeva facili. Dove andava Ferrari c'era il gioco e c'erano i risultati: per questo nessuno fuorché Rosetta ha vinto tanti scudetti come lui, otto, cioè cinque nella Juventus, due all'Inter, anzi nell'Ambrosiana, uno nel Bologna". Poi, come allenatore, non ebbe fortuna - neppure in azzurro. "Ma lui, 'Gioanin' Ferrari, era perfettamente contento di servire il calcio insegnandolo ai giovani. Era un maestro, non ha mai accettato di diventare un docente, un cattedratico. Insegnava calcio, non tecniche raffinate a calciatori viziati. Fallì come commissario azzurro, e anche senza volerlo portò il fallimento, nel calcio d'allora, quello dei confusi Anni Sessanta, come un flore all'occhiello" (Gian Paolo Ormezzano).
Pentavalida