Football Club Torino
"È costituita in Torino, sotto il nome di Football Club Torino, una società avente per iscopo la pratica di tutti gli sport e segnatamente quello del Football o gioco del calcio (fondazione 3 dicembre 1906). È espressamente esclusa ogni questione politica o religiosa. I colori sociali sono: granata e bianco. L'anno sociale ha principio col primo settembre di ogni anno".
Torino pullulava di squadre, ma la vita nei club non doveva essere caratterizzata dalla concordia tra i soci. Di qui scioglimenti e fusioni, di qui magagne, fuorusciti e dissidenti. Tra quelli che fondarono il Toro, qualcuno arrivava dalla Juve.
Con buona pace degli uni e degli altri, poiché le radici di ciascuna storia sono in fondo quelle di tutte le storie. Amen.
La memoria 'ufficiale'
Gli omonimi
Quando c'è uno spareggio, una 'bella' da giocare tra club o nazionali europee, per uscire da un'impasse o per conquistare il diritto di iscriversi a qualche torneo, chissà perché, si va sempre (o quasi sempre) in Francia. Ah beh, certo, è l'unico modo per consentire ai francesi di vedere dal vivo 'veri' giocatori di football, dicono i maligni.
Sia come sia, al Vélodrome ci sono due antiche compagini, maglie che hanno scritto la storia del gioco in Europa nella prima metà del Novecento e anche oltre. Cecoslovacchia e Ungheria. Chi vince, andrà in Messico.
Favoriti dal pronostico, i magiari a mezz'ora dalla fine sono vicini all'asfissia. Jozef Marko, coach ungherese, sostituisce due uomini. Annuncio dell'altoparlante, e c'è gente che sobbalza. Lo speaker ha pronunciato i loro nomi. Al capitano, János Göröcs, subentra Kocsis. Al posto del deludente János Farkas va in campo Puskás.
Ma come, non avevano smesso, chiede uno, piuttosto attemapato.
Non erano in volontario esilio, dice un altro, politicamente informato.
Non sono un po' stagionati, si domanda la maggior parte del pubblico.
Tranquilli, sono solo omonimi dei due grandi assi (nella foto). Lajos Puskás e Lajos Kocsis. Nessuna parentela, di nessun genere. Però Kocsis un pallone lo infila, al novantesimo e dal dischetto. Ma è giusto il gol dell'ammainata bandiera: i cechi ne hanno segnati già quattro.
Sia come sia, al Vélodrome ci sono due antiche compagini, maglie che hanno scritto la storia del gioco in Europa nella prima metà del Novecento e anche oltre. Cecoslovacchia e Ungheria. Chi vince, andrà in Messico.
Favoriti dal pronostico, i magiari a mezz'ora dalla fine sono vicini all'asfissia. Jozef Marko, coach ungherese, sostituisce due uomini. Annuncio dell'altoparlante, e c'è gente che sobbalza. Lo speaker ha pronunciato i loro nomi. Al capitano, János Göröcs, subentra Kocsis. Al posto del deludente János Farkas va in campo Puskás.
Ma come, non avevano smesso, chiede uno, piuttosto attemapato.
Non erano in volontario esilio, dice un altro, politicamente informato.
Non sono un po' stagionati, si domanda la maggior parte del pubblico.
Tranquilli, sono solo omonimi dei due grandi assi (nella foto). Lajos Puskás e Lajos Kocsis. Nessuna parentela, di nessun genere. Però Kocsis un pallone lo infila, al novantesimo e dal dischetto. Ma è giusto il gol dell'ammainata bandiera: i cechi ne hanno segnati già quattro.
[Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]