16 luglio

1950
La stretta e ferrea logica del football

Sì, è stata forse la più famosa partita di quel secolo. Esattamente a metà del secolo, quasi a marcare una linea. Prima e dopo. Ma certo, non è che il calcio sia cambiato quel giorno. E' cambiato il Brasile, sì. Il Brasile: perse al Maracanã una partita che gli sarebbe bastato pareggiare, per vincere la Coppa del mondo. Sembra impossibile, vero? Non è così. Quella vittoria in rimonta della Celeste appartiene alla più stretta e ferrea logica del football. I brasiliani avevano  di fronte rivali non inediti, «che conoscevano a meraviglia le finte prodigiose di Ademir, i funambolismi di Jair, il dribbling ubriacante di Zizinho, le serpentine velocissime di Bauer» (L. Boccali): nelle maglie difensive dell’Uruguay si incagliò il temuto e dinamitardo quintetto avanzato del Brasile. La Seleçao attaccò sgangheratamente, innervosendosi col trascorrere dei minuti, sempre più annebbiata dall'ossessione di non riuscire a far sua la partita, schiacciata dagli umori mutevoli di una folla immensa: l'incredulità, l'isteria collettiva, la disperazione, la fine di un sogno, la sconfitta imprevista. La sconfitta impossibile. Il silenzio. «Nel momento in cui i giocatori avrebbero avuto maggiormente bisogno del Maracanã, il Maracanã rimase in silenzio. Non si può affidare se stessi ad uno stadio di calcio» (Francisco Buarque de Hollanda)".
Cineteca


1952
La potenza calcistica sovietica

Finalmente l'Unione Sovietica misura la propria potenza calcistica con quella di altre potenze in una competizione ufficiale.
D'accordo, è solo il torneo olimpico, il calcio alle Olimpiadi (ora che riprende con cadenza normale la Coppa del mondo) viene giocato solo dai dilettanti, ma non tutti i paesi che vanno (calcisticamente parlando) per la maggiore hanno club di pedatori professionisti. L'Ungheria, per esempio. La Jugoslavia, per esempio. Si può dire a Puskás: "sei un dilettante"? Se lui pensa che ci sia un doppio senso, si innervosisce e ti fa otto gol in mezzo minuto.
A ogni modo, baffone decide che a Helsinki ci deve andare anche una squadra di calcio, ed è ovvio che questa squadra di calcio abbia l'obbligo - politico e morale - di vincere il torneo. Per mostrare al mondo cosa sia la civiltà socialista e per propagandarne la superiorità.
L'occidente trema dalla paura. I bulgari no - si parla dei bulgari perché al primo turno il sorteggio fu abilmente pilotato; che le squadre d'oltrecortina inizino a scannarsi tra di loro, poi si vedrà.
I bulgari trascinano lo squadrone rosso ai supplementari, e vanno addirittura in vantaggio. Poi si fanno rimontare, e nessuno può affermare con sicurezza che fu solo una banale vicenda agonistica.

[Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]

1966
À la guerre comme à la guerre

Insomma, è chiaro che - a parte il Brasile e il Cile, per diversi motivi - le sudamericane non sono venute in Inghilterra per distribuire fiori e aranciate agli squadroni europei.
L'Argentina, per dire, le ha studiate tutte pur di insabbiare i panzer teutonici sul prato di Villa Park, costringendo Schön a spostare Schnellinger nella posizione di Beckenbauer - e si indovinerà facilmente l'esito della mossa e il suo indice di genialità. Del resto, Juan Carlos Lorenzo è uno che ha girato il mondo, da pedatore e da allenatore, e ne sa una più del demonio. Sa anche che, in certi casi, non conviene (come vorrebbe l'etica) dare il buon esempio; se c'è una rissa, può essere conveniente renderla ancora più aspra.
Il match finisce zero a zero, e non è stato uno spettacolo. L'unica vera emozione si vive quando, giustamente, l'arbitro decide di cacciare Rafael Albrecht (foto), roccioso difensore del San Lorenzo de Almagro. L'energumeno ha mollato una castagna a Wolfgang Weber, e la palla era abbastanza lontana. Nulla da dire.
Solo che lui (Albrecht) non ne vuol sapere di uscire, si sta divertendo un mondo, non capita tutti i giorni di far baraonda a quel modo. Ecco: Juan Carlos Lorenzo ha capito che non è proprio il momento di calmare gli animi. Anzi. Esorta il suo giocatore a restare in campo. Questo sì, è vero fair-play.
"Ho agito in quel modo per incoraggiare i miei ragazzi a tenere duro, a resistere fino in fondo. Mancavano 25' ed i tedeschi assomigliavano a paracadutisti in azione nell'ultima guerra", dirà.
Ah beh, se è così, allora à la guerre comme à la guerre.
Cineteca
[Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]