Ultima recita
Durante l'autunno del 1956 il panico si diffonde nell'Europa del football. Le scorribande magiare - che sembravano definitivamente scongiurate dopo la battaglia di Berna - sono riprese; non c'è stadio che riesca a reggerne l'urto, da Mosca a Parigi, passando per Belgrado. Oggi sono attesi a Vienna, per il classico, periodico rendez-vous danubiano. L'Ungheria gioca ora in modo diverso - logico: non è più guidata da Sebes; sta più chiusa, cerca più spesso la profondità. E' dunque molto più pericolosa (casomai ce ne fosse bisogno), perché lascia terreno agli avversari e li colpisce negli spazi. Il Prater è espugnato: due a zero. Tuttavia, la storia e il destino hanno altri programmi. Quel meraviglioso XI conclude oggi la sua corsa, proprio quando sembrava fosse tornata inarrestabile. Alcuni dei giocatori più forti - Puskás, Kocsis, Czibor - abbandoneranno di lì a poco il loro club, e nel loro paese (infestato di carri armati sovietici) non torneranno a giocare. A Vienna sono scesi in campo, insieme, per l'ultima volta.
Nella foto, l'Aranycsapat schierata per l'ultima volta con tutti i suoi assi. Da sinistra: Kocsis, Berendi, Czibor, Bozsik, Börzsei, Hidegkuti, Sándor, Kárpáti, Kotász, Grosics, Puskás
Un'opportunità sprecata
Al Vetch Field di Swansea i Dragoni hanno un'opportunità. Potrebbero, vincendo contro i modesti islandesi, restare in corsa per un posto al mundial di Spagna. Certo, i sovietici avranno comunque il vantaggio di ospitarli per il match decisivo. Di quelli con la maglia del Galles, metà giocano nel club di casa, gli altri in varie squadre inglesi. Uno solo nel Liverpool, ma la sua carriera è agli inizi, entrerà solo verso la fine e non inciderà sul risultato: Ian Rush.