Attenti a quei due
Dopo il festoso ritorno del pallone del 19 e del 20 agosto, l'Ungheria è di nuovo in campo. Sono cresciuti parecchi talenti nel paese, durante la guerra. E ora vengono messi alla prova. Oggi, all'Üllői út, si presenta la Romania, un avversario certamente non irresistibile. Fra le altre cose, c'è da vedere come se la cava quell'attaccante di un club minore (lo Zuglói Herminamező di Budapest), e come se la intende con il mancino diciottenne del Kispesti, quello che ha già esordito in agosto. Hidegkuti e Puskás giocano insieme oggi per la prima volta, e la loro storia sarà molto lunga. Senza storia è invece questa partita: finisce sette a due, e loro ne segnano un paio a testa. Nella penombra del dopoguerra sta nascendo un XI meraviglioso, composto di pedatori formidabili. Presto metterà a ferro e fuoco l'Europa intera.
Tabellino
La prima volta del Barça a San Siro
I catalani vengono a Milano per difendere il roboante quattro a zero di Camp Nou (siamo ai quarti di Coppa delle fiere), Helenio Herrera e Luisito Suarez hanno l'occasione di dare un'occhiata a quello che nelle prossime stagioni sarà il loro palcoscenico. San Siro non è strapieno, ma certamente è curioso. La partita è sostanzialmente amichevole e divertente. Ma come giocava il Barça? "La caratteristica del Barcellona è stata la grande vivacità del ritmo, durato ininterrottamente per 90 minuti. Non combinazioni di grande rilievo, ma un'azione minuta, insistente, a passaggi corti e spostamenti minimi. Raramente veniva effettuato un allungo su un attaccante libero, tutti gli uomini restavano costantemente legati a una azione uniforme, di fitta trama. In tutti gli uomini una sicurezza assoluta nel controllo della palla. Non è mai accaduto di vedere il pallone, anche nei passaggi più forti, staccarsi più d'una spanna dal piede, e il tocco che ne seguiva trovava sempre un compagno piazzato pronto a riceverlo. Fallito l'attacco tutti retrocedevano per tornare quindi ad avanzare compatti, legati sempre a quel filo ideale che fa muovere sincronicamente i giocatori che si capiscono" (Ettore Berra, 'La Stampa', 1° ottobre 1959). Ma allora il tiqui-taca l'aveva già inventato Helenio!
Tabellino
1970
La partita dell'amicizia
Il grande Brasile torna il campo. Dev'essere festeggiato il terzo titolo mondiale, la Coppa Rimet ormai è loro per sempre, e dunque: tutti al Maracanã. La solita folla immensa: centocinquantacinquemila spettatori paganti (si suppone). E' definita la partita del ringraziamento, e la nazionale del Messico è l'ospite prescelto. Già: i brasiliani ringraziano così i mangiatortillas, che li hanno sostenuti e incoraggiati nelle (non) difficili sfide di giugno, del resto per fortuna loro (dei messicani) le due rappresentative non si sono incrociate durante la manifestazione, né sarebbe stato possibile se non per la finale. Certo, in tal caso la musica sugli spalti sarebbe stata molto diversa. A ogni modo la Seleçao scende in campo nella stessa, medesima formazione che aveva sbaragliato gli Azzurri. Manca l'acuto di Pelé: pazienza. Del resto un paio di assist li ha cavati dal suo repertorio, insieme a svariati altri virtuosismi. Finisce solo due a uno. Giusto così. Gli ospiti non vanno mai umiliati, specie se li si invita per ringraziarli di qualcosa.
CinetecaLa partita dell'amicizia
Il grande Brasile torna il campo. Dev'essere festeggiato il terzo titolo mondiale, la Coppa Rimet ormai è loro per sempre, e dunque: tutti al Maracanã. La solita folla immensa: centocinquantacinquemila spettatori paganti (si suppone). E' definita la partita del ringraziamento, e la nazionale del Messico è l'ospite prescelto. Già: i brasiliani ringraziano così i mangiatortillas, che li hanno sostenuti e incoraggiati nelle (non) difficili sfide di giugno, del resto per fortuna loro (dei messicani) le due rappresentative non si sono incrociate durante la manifestazione, né sarebbe stato possibile se non per la finale. Certo, in tal caso la musica sugli spalti sarebbe stata molto diversa. A ogni modo la Seleçao scende in campo nella stessa, medesima formazione che aveva sbaragliato gli Azzurri. Manca l'acuto di Pelé: pazienza. Del resto un paio di assist li ha cavati dal suo repertorio, insieme a svariati altri virtuosismi. Finisce solo due a uno. Giusto così. Gli ospiti non vanno mai umiliati, specie se li si invita per ringraziarli di qualcosa.