La figuraccia di Bratislava
Gli azzurri, reduci da un mondiale che poteva finire meglio, non dovranno disputare partite ufficiali per un paio d'anni, perché la fase conclusiva dell'europeo (per la prima volta con otto squadre e due gironi) si giocherà proprio nel Belpaese. E quindi vanno a Bratislava per saggiare la consistenza della Cecoslovacchia, che si fregia ancora del sorprendente titolo di campione continentale conseguito ai danni dei tudésc nel '76, ma che in Argentina non c'era, lasciando che i biglietti aerei se li accaparrasse la Scozia. "Gli azzurri non possono tradirmi", dichiara il Vécio (foto, durante la partita). Schiera la formazione tipo, compreso il malridotto Pablito. Poiché conta solo il prestigio e non ci sono punti in palio, i nostri eroi hanno da pensare al campionato, si lasciano strapazzare dagli avversari e dal freddo, e così intirizziti e stizziti, travolti e stravolti dal ritmo dei cechi escono dallo stadio dello Slovan tra le risate di scherno del pubblico e con tre pesanti e indigesti palloni stampati sul tabellino. Si torna coi piedi per terra, ed è un bene.