Estadio Centenario, Montevideo
Insomma, se la sono presa comoda. Hanno studiato tutto per bene. D'altra parte, si gioca a casa loro, no? Quindi hanno aspettato che arrivasse il 18 luglio. Oggi qui è festa. Il centenario dell'indipendenza. E hanno battezzato così anche questo nuovo, magnifico stadio. Il 'Centenario'. Si inaugura oggi, è meraviglioso. Naturalmente, hanno scelto anche un avversario comodo. Già, il Perù. Ma: un momento! Hanno appena annunciato le formazioni. Scarone non gioca. Non gioca Héctor Pedro Scarone, el Mago. Qualcuno dice che è troppo vecchio. Qualcun altro che ha paura. Poi finalmente inizia la partita e si smette di chiacchierare. Ma la Celeste non ingrana. Lo vedi? Sono nervosi. E vorrei vedere te, mica è facile in questa bolgia. Certo, ma se ci fosse Scarone. Ma non c'è. Dopo un'ora di inutile assedio, finalmente quello che ha sostituito el Mago scioglie i nodi che serravano migliaia di gole. Si chiama Héctor Castro, lo chiamano el Manco perché gli è rimasta solo una mano. El Manco segna il primo gol dell'Uruguay al Centenario e nella Coppa del mondo, e nessuno più si lamenta per l'assenza di Scarone.
Cineteca
In diretta dal Maracanã
Serata di una domenica d'estate. Si cenava, con la televisione accesa. Improvvisamente arrivarono immagini da Rio. Per essere più precisi, dal Maracanã. La cosa mi eccitò parecchio: "c'è una partita!", dissi. Mio padre sorrideva. "Che partita è?", gli chiesi. "Dev'essere l'ultima partita di Pelé nel Brasile. Lo festeggiano e gli dicono addio".
Naturalmente, sapevo benissimo chi fosse Pelé, anche se occasioni per vederlo giocare non è che capitassero di frequente. Sì, mi aveva colpito l'anno precedente, per colpa sua avevamo perso la coppa del mondo. Comunque preferivo altri giocatori, quelli di tutte le domeniche, quelli di cui sentivo parlare e si parlava più spesso. Pelé era una stella molto lontana, nel mio cielo non la si riusciva a vedere. E nei campetti nessuno aveva la sua maglia.
Guardai la partita, Brasile e Jugoslavia, molto bella, tante azioni. Ma lui, Pelé, fece pochissimo. Sbagliò uno o due gol 'facili'.
Giocò solo il primo tempo. L'intervallo fu lunghissimo. Pelé fece il giro del campo, c'erano molti bambini, ciascuno con la maglia di una squadra (chissà quali squadre, non si capiva), prese molti applausi anche se aveva giocato male. Non mi emozionai particolarmente, nemmeno quando a un certo punto mi accorsi che stava piangendo.
Certo, avevo ancora un'età in cui è difficile credere che possa davvero esserci un'ultima partita; pensavo ancora che i campioni non sarebbero mai invecchiati.
[Da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]
Naturalmente, sapevo benissimo chi fosse Pelé, anche se occasioni per vederlo giocare non è che capitassero di frequente. Sì, mi aveva colpito l'anno precedente, per colpa sua avevamo perso la coppa del mondo. Comunque preferivo altri giocatori, quelli di tutte le domeniche, quelli di cui sentivo parlare e si parlava più spesso. Pelé era una stella molto lontana, nel mio cielo non la si riusciva a vedere. E nei campetti nessuno aveva la sua maglia.
Guardai la partita, Brasile e Jugoslavia, molto bella, tante azioni. Ma lui, Pelé, fece pochissimo. Sbagliò uno o due gol 'facili'.
Giocò solo il primo tempo. L'intervallo fu lunghissimo. Pelé fece il giro del campo, c'erano molti bambini, ciascuno con la maglia di una squadra (chissà quali squadre, non si capiva), prese molti applausi anche se aveva giocato male. Non mi emozionai particolarmente, nemmeno quando a un certo punto mi accorsi che stava piangendo.
Certo, avevo ancora un'età in cui è difficile credere che possa davvero esserci un'ultima partita; pensavo ancora che i campioni non sarebbero mai invecchiati.
[Da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera]
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